AGI - Un "trionfo diplomatico". Con questa espressione il presidente turco, Recep Tayyip Erdogan, ha riassunto il suo vertice Nato nella conferenza stampa al termine del summit di Madrid. Conferenza stampa che ha concluso l'intero evento, addirittura successiva a quella del collega statunitense, Joe Biden. La rottura della tradizione è significativa. Ed è significativa anche la lunga lista di vertici bilaterali (ben dieci) che hanno impegnato il 'sultano', spesso con leader - dal presidente francese Emmanuel Macron allo stesso Biden - che nemmeno troppo tempo fa lo avevano bollato con epiteti poco lusinghieri.
Dopo essere rientrato a pieno titolo nell'arena internazionale col G20 di Roma del 2021, quando la frattura tra Occidente e blocco sino-russo si era già allargata oltre i livelli di guardia, Erdogan ha colto l'occasione della guerra in Ucraina per rendersi indispensabile. Sulla carta partner del Cremlino, ma in realtà suo rivale strategico, Erdogan si è intestato il ruolo di mediatore tra Mosca e Kiev e, dopo il naufragio del tavolo di Istanbul (sul quale il presidente turco aveva investito un ingente capitale politico), è riuscito a rimanere al centro dell'arena grazie alla strategica posizione geografica.
È la Turchia che controlla l'accesso al Mar Nero ed è la Turchia che è in grado di garantire l'uscita dai porti ucraini delle derrate di cereali. Erdogan ha annunciato che una 'road map' per i corridoi del grano verrà stabilita la settimana prossima, dopo nuovi contatti nel weekend con Putin e Zelensky.
Ora il presidente turco può tornare ad Ankara affermando di aver ottenuto tutto quello che voleva. Biden gli ha confermato la sua disponibilità a fornirgli i caccia F-16, pur condizionati al via libera del Congresso. E, soprattutto, sono state accettate tutte le condizioni che aveva posto per dare il via libera alla candidatura di Svezia e Finlandia come membri della Nato. La quadra è stata trovata martedi' 28 giugno, dopo un lungo vertice serale con il segretario generale dell'alleanza, Jens Stoltenberg, il presidente finlandese, Sauli Niinisto, e la premier svedese, Magdalena Andersson.
La firma, dopo oltre tre ore di discussione, di un memorandum che vede recepite tutte le principali richieste di Ankara, ha consentito al vertice di entrare nel vivo senza l'ombra di una controversia che avrebbe messo in secondo piano persino un'agenda importantissima con in cima il nuovo 'Strategic Concept' e il rafforzamento degli aiuti all'Ucraina.
"La Turchia ha ottenuto ciò che voleva", osservano fonti della presidenza turca, "la Turchia ha ottenuto risultati significativi nella lotta contro le organizzazioni terroristiche". Il documento, siglato dai ministri degli Esteri delle tre nazioni, vede Svezia e Finlandia impegnarsi a consegnare alla Turchia i militanti curdi ricercati, a smettere di sostenere l'Ypg e il Pyd, braccio militare e braccio politico dei curdi siriani, e revocare l'embargo alle esportazioni di armi in Turchia che era stato imposto nel 2019 proprio in risposta al blitz turco nel Nord della Siria.
"Il fatto che la definizione di Feto (l'organizzazione del religioso Fetullah Gulen, nemico giurato di Erdogan, nda) come organizzazione terroristica insieme al Pkk/Ypg/Pyd sia stata così chiaramente affermata in un accordo internazionale è un passo molto importante nella dimensione internazionale nella lotta della Turchia sotto la guida del presidente Erdogan", commentano ancora le fonti turche.
"Sono state accettate tutte le linee rosse di Ankara", ha tirato oggi le somme Erdogan, avvertendo che, qualora Stoccolma e Helsinki, non rispettino i loro impegni, il memorandum non verrà ratificato dal Parlamento turco. "La Macedonia del Nord ci ha messo vent'anni a entrare nell'alleanza", ha concluso sibillino il presidente turco, che da solo ha tenuto sulla corda l'alleanza militare più potente del mondo. E ora può tornare in patria con un inequivocabile successo politico, necessario a distrarre i cittadini dalla crisi economica e dalla corsa dell'inflazione che attanagliano il suo Paese.