AGI - Dal giorno in cui uccisero a scuola sua figlia di 14 anni, Jaime, Fred Guttenberg continua a “sentire i proiettili" che colpirono la figlia e da allora non passa giorno che non faccia sentire la sua voce perché si mettano al bando le armi d'assalto, quelle usate nella strage alla Stoneman Douglas High School di Parkland, Florida, il 14 febbraio 2018.
Quel giorno un ragazzo di 19 anni, Nikolas Cruz, armato di Ar-15 aprì il fuoco su studenti e insegnanti, uccidendo diciassette persone e ferendone altrettante. Oggi, nel giorno in cui negli Stati Uniti si celebra la festa del papà, Guttenberg ha scritto un lungo e doloroso post su Twitter, diventato virale, in cui ha chiesto a tutti i papà d’America di appoggiare la sua battaglia per ridurre la violenza delle armi.
“Oggi - si legge nel testo - è il quinto ‘Giorno del papà’ da quando la violenza delle armi ha spezzato mia famiglia, il 14 febbraio 2018. Quel giorno mi figlia Jaime venne uccisa. Mio figlio Jesse mi chiamò al telefono per dirmi cosa stava succedendo a scuola e mentre ero al telefono con lui abbiamo sentito insieme i proiettili che uccisero sua sorella. Mia moglie e io abbiamo trascorso questi anni a resistere e a tenere unita la famiglia, sebbene la realtà di ciò che è successo non svanisce.
"Di fatto, nella mia testa rivivo i suoni di quei proiettili ogni secondo di ogni giorno. Ogni nuova storia di violenze con le armi, quelle che voi sentite tipo a Buffalo e Uvalde e anche quelle di cui non sapete niente, che accadono ogni ora di ogni giorno, esplodono nella mia testa come il suono di quei proiettili. Io faccio ciò che penso e continuerò a farlo. Vorrei dirvi del senso di colpa con cui vivo ogni giorno perché la mia voce non ha fatto parte di quelle che invocavano la riduzione delle armi fino a che non è stata uccisa mia figlia. Vorrei dirvi perché non smetterò di combattere per i vostri figli e per coloro che amate, persino quelli di voi che contrastano ogni mio passo per il semplice motivo che voglio ridurre la violenza delle armi in America.
"La verità è che a causa dei nostri fallimenti nell’affrontare in modo significativo la violenza delle armi, troppi di voi proveranno tristemente quel trauma con cui la mia famiglia vive. Non conta se sostenete o no le iniziative per ridurre la violenza delle armi, è inevitabile che succederà. Invece di fare i passi per prevenire la violenza delle armi, il solo mancare di fare persino il minimo indispensabile renderà certo che la violenza colpirà altre famiglie, è un cosa che posso garantirvi.
"Quattro mesi prima della sparatoria di Parkland, nell’ottobre 2017, mio fratello, il dottor Michael Guttenberg, è morto di cancro, come conseguenza di ciò che fece l’11 Settembre al World Trade Center. Mio fratello era un vero eroe americano, che si trovava sotto il World Trade quando venne giù. Si salvò e spese i successivi sedici giorni a ‘ground zero’ curando i pazienti. Io vado avanti ogni giorno con al fianco mio fratello e mia figlia, con la speranza di salvare vite di persone che non conoscerò mai e sperando di non incontrare famiglie che non voglio conoscere. Ho visto come questo Paese ha agito in modo deciso per assicurare che non avremmo vissuto un altro atto di terrorismo straniero sul suolo americano, e ce l’abbiamo fatta. Ma come Paese abbiamo dovuto accettare limitazioni alla libertà che non esistevano prima dell’11 Settembre.
"So che noi come Paese possiamo e dobbiamo trovare un modo per assicurarci di fare di più per difenderci da chi intende fare male a se stesso o agli altri, ma allo stesso dobbiamo rispettre anche i diritti dei possessori di armi.
"A coloro che sostengono me e la mia missione, dico grazie con riconoscenza. Anche a coloro che non hanno sostenuto quello che faccio e che mi hanno attaccato attraverso i social, a volte in modo feroce, dico di essere grato. La verità è che i riscontri che arrivano da entrambi le parti su questo tema mi danno quella chiarezza necessaria a farmi andare avanti e a non arrendermi.
"Molti pensano su queste piattaforme che io non sono a posto, spesso lo dicono come un insulto. Avete ragione. Io vivo con la colpa di essere stato in silenzio fino a che mia figlia non è stata uccisa. Io vivo con in testa il suono degli ultimi secondi di mia figlia Jaime. Quello è il vero trauma, devo essere onesto. Comunque, il mio trauma impallidisce in confronto a quello che mio fratello provò al World Trade Center e a quello che mia figlia ha provato nei secondi finali in cui scappa nel corridoio del suo liceo, con alle spalle uno sparatore armato di AR 15. Io non smetterò di combattere per voi, non importa da quale parte stiate, perché voi e le vite di coloro che amate per me valgono. Non voglio che altre persone, che le conosca o no, debbano vivere il trauma che la mia famiglia e io vivremo per il resto delle nostre vite.
E per quanto riguarda voi papà, so che molti di voi hanno le armi. Va bene avere un’arma e odiare la violenza delle armi. Io difendo voi e il vostro diritto ad averne una. Io odio semplicemente la violenza delle armi. Vi prego, unitevi a me nel garantire che i vostri figli e le vostre famiglie vivano e vadano avanti in un Paese dove potersi preoccupare meno di questo. Il mio augurio a tutti i papà è che oggi vi prendiate il tempo di guardare i vostri figli negli occhi e dire loro che gli volete bene. Allora immaginate fosse l’ultima volta. Tristemente per molti papà in tutta l’America, è così davvero. Non aspettate che lo diventi anche per voi. Sostenere le misure per ridurre la violenza delle armi è un gran posto da cui partire. Buona festa del papà”.