AGI - Una scoperta di grande valore storico, religioso e culturale che conferma - una volta di più - il legame dei cristiani con l’Iraq e, più in generale, con la regione mediorientale della quale sono popolo originario e componente integrante sin dai primi secoli.
Nei giorni scorsi, riferisce Asia News, sono emerse una decina fra reliquie e pergamene antiche appartenenti ad alcuni santi rivenute all’interno di una chiesa devastata dall'Isis, oggi oggetto di un’opera di restauro.
Teatro del rinvenimento la chiesa siro-ortodossa di mar Thomas a Mosul, un tempo capitale economica e commerciale del nord e nel recente passato roccaforte del “califfato” islamico instaurato dall’Isis.
Ritrovati al suo interno sei contenitori in pietra, recanti iscrizioni aramaiche dei santi e diversi manoscritti in lingua siriaca e aramaica.
Fra le reliquie emerse un contenitore in pietra con iscrizione relativa a san Teodoro, soldato romano nato nella provincia di Corum, in Turchia, nel III secolo e decapitato per essersi convertito.
A conclusione degli scavi sono stati raccolti altri cinque reliquiari: di san Simone “lo Zelota”, apostolo del primo secolo; le reliquie di Mor Gabriel vescovo di Tur Abdin (593-668); le reliquie di San Simeone il Saggio (I secolo), anziano che accoglie Gesù bambino nel Tempio di Gerusalemme; reliquie di san Giovanni, (Yohanan Shliha) apostolo di Cristo; reliquie di san Gregorio Bar Hebraeus (1226-1286) Maphrien (primate regionale) della Chiesa siro-ortodossa dal 1264 al 1286.
Quest’ultimo è stato un eminente scrittore che ha redatto varie opere nei campi della teologia cristiana, filosofia, storia, linguistica oltre a essere poeta e letterato. Per i suoi contributi allo sviluppo della letteratura siriana, è stato acclamato come uno degli scrittori più sapienti e versatili tra i siro-ortodossi.
Fra le rovine della chiesa sono state scoperte anche pergamene scritte in siriaco, armeno e arabo avvolte e protette in bottiglie di vetro.
In parallelo a questa importante scoperta per la comunità cristiana e per tutto l’Iraq, nella regione torna di stringente attualità il tema del furto e contrabbando di antichità. Di recente è emersa infatti una rete dedita al commercio illegale di antichità con epicentro nel Medio oriente che ha visto coinvolto anche Jean-Luc Martinez, ex alto dirigente del Louvre.
L’inchiesta ha scoperchiato un traffico clandestino e illegale, che si è andato allargando all’ombra dei moti della Primavera araba nello scorso decennio e ha alimentato sul piano finanziario anche le violenze dello Stato islamico.
Il racket comprende reperti saccheggiati da siti archeologici (anche tombe di grande valore) trasformati in “supermercati all’aperto” o in nazioni teatro di guerra o di rivolte politiche e sociali come Siria, Iraq ed Egitto che si prestano allo spoglio.
Dai Paesi di origine (che toccano anche Africa e Sud America) si passa alle aree di transito nel Golfo, in Israele e Libano per poi arrivare a destinazione in Europa, in Russia, in Giappone e Cina e, da qualche tempo, pure nelle nazioni più ricche del Golfo.
Allo scandalo che ha coinvolto l’ex dirigente del Louvre si lega la condanna a 15 anni comminata da un tribunale di Baghdad a un britannico per tentato contrabbando di antichità. Il volume di affari è nell’ordine delle centinaia di milioni di euro, con un commercio che alimenta il piccolo malvivente e la criminalità organizzata internazionale, con legami appurati coi trafficanti di droga e armi, oltre a gruppi terroristi che usano internet per alimentare canali e contatti.