AGI - Il voto di sfiducia contro Boris Johnson è la notizia che trova spazio su quasi tutte le prime pagine internazionali: tanto i quotidiani americani quanto quelli europei concordano nel ritenere che il premier britannico ne esca molto indebolito, anche se ha superato la prova. Con poche eccezioni, l’Ucraina è assente dai titoli del giorno, e i quotidiani valorizzano notizie diverse, tra le quale va segnalata, sul Washington Post, la costruzione di una base militare cinese in Cambogia, dove sarà allocata la flotta del Pacifico.
Washington post
La Cina sta costruendo segretamente una base navale in Cambogia: la notizia è in evidenza sulla prima pagina del Washington Post, che cita non meglio identificati “funzionari occidentali”. La Cambogia, attraverso la sua ambasciata a Washington, ha smentito, mentre la Cina non ha fatto commenti. La base, il cui cantiere dovrebbe aprirsi in settimana, occuperà una porzione della già esistente base di Ream della Marina cambogiana, affacciata sul Golfo di Thailandia.
Sarebbe la seconda basa navale cinese all’Estero, dopo quella nel piccolo Paese africano di Gibuti, e dalle fonti del Post viene considerata un segno della volontà di Pechino di affermarsi come superpotenza globale, accrescendo la sua influenza nella regione dell’Asia-Pacifico con questa importante struttura militare capace di ospitare unità di grosso tonnellaggio che avrebbero così immediato accesso a tutte le principali rotte marittime di quel quadrante.
Ancora in primo piano il tema delle armi da fuoco, con un servizio che racconta come spesso a Washington quando la polizia sequestra armi detenute illegalmente i giudici non procedano penalmente e quindi il sequestro si risolve in un nulla di fatto.
Tra gli altri temi (assente l’Ucraina), la campagna per l’elezione del nuovo procuratore distrettuale di San Francisco, una delle grandi città americane dove si voterà per rinnovare questi incarichi, e un approfondimento sulla rottura tra Joe Biden e il senatore Joe Manchin, “il democratico più conservatore”, sulla politica economica.
New York Times
Continua a riservare ampio spazio all’Ucraina il New York Times, che oggi titola sul problema costituito dalla mancanza di competenze delle forze ucraine nell’uso delle armi più sofisticate fornite dagli Usa e dalla Gran Bretagna: “E’ come se avessimo un iPhone 13 ma fossimo capaci di usarlo solo per telefonare”, sintetizza il sergente Dmytro Pysanka, all’inviato del Nyt. Non si tratta solo dei lanciarazzi multipli o dei sistemi radar, spiega il giornale, ma anche di equipaggiamenti individuali, come i binocoli di puntamento a tecnologia laser che potrebbero consentire all’artiglieria di colpire con più precisione i bersagli russi, ma che nessuno sa come utilizzare.
Sempre dall’Ucraina, un reportage racconta la vita nel monastero ortodosso di Sviatohirsk, nel Donetsk, sotto le bombe russe. In risalto anche il voto di sfiducia contro Boris Johnson, che per quanto sia fallito lascia il premier in una scomoda posizione perché, scrive il Nyt, “la storia mostra, tuttavia, che i primi ministri conservatori che sono stati sottoposti a tale voto - anche se lo hanno vinto - di solito sono stati cacciati dall'incarico, se non immediatamente, nel giro di pochi mesi”.
Tra gli altri temi, restano in evidenza le armi da fuoco: la Corte Suprema si pronuncerà a breve su una legge dello Stato di New York che pone limiti severi al porto di pistole, e secondo il giornale la annullerà.
Wall Street Journal
Elon Musk minaccia di annullare l’acquisto di Twitter se la società non gli comunicherà i dati sugli account falsi o gestiti da bot, e il titolo accusa un colpo in Borsa: il braccio di ferro tra l’imprenditore e il social network torna in risalto sul Wall Street Journal.
La possibilità di un recesso in caso di mancata condivisione delle informazioni viene esplicitata in una lettera formale inviata dal legale di Musk a Twitter, che ha replicato di essere pronta a collaborare e di voler finalizzare l’operazione iniziata in aprile con l’accettazione dell’offerta di 44 miliardi di dollari avanzata dal padrone di Tesla. L’abbandono dell’accordo da parte di Musk, osserva il Wsj, potrebbe sfociare potenzialmente in “una lunga battaglia legale tra le due parti”, che si sono impegnate a versare una penale da 1 miliardo di dollari in caso di rottura. Twitter, inoltre, “potrebbe anche fare causa per costringere il signor Musk a portare a termine la transazione”.
Molta visibilità al voto di sfiducia che Boris Johnson ha superato ma che, secondo il Wsj, ne ha comunque indebolito la leadership rivelando quanto sia ampia tra i Tory l’opposizione al premier.
Un approfondimento è dedicato alla società di investimenti Tiger Global Management, che più di ogni altra aveva puntato sui titoli tecnologici e i cui profitti di anni si sono “vaporizzati” in pochi mesi a causa del pesante cedimento dei titoli del settore. Tra gli altri titoli, il giornale segnala che in settimana la Sec, autorità americana di vigilanza sulla Borsa, annuncerà le sue proposte per una riforma delle regole che presiedono al funzionamento del mercato azionario.
Financial Times
Boris Johnson è sopravvissuto al voto di sfiducia, ma ne esce “ferito” data l’ampiezza del fronte ribelle dei Tory: il 41% dei parlamentari si sono espressi contro il premier, e per Downing Street, che non si aspettava un’opposizione tanto estesa, è stato “uno shock”. Così il Financial Times tratteggia, nel suo servizio di apertura, la situazione politica a Londra. Secondo il giornale, i fedelissimi del leader per tutto il giorno hanno cercato di conquistare voti, promettendo ai deputati indecisi incarichi ministeriali in un rimpasto da perfezionare entro l’estate, e nel quale chi si è mostrato più tiepido nel sostenere Johnson, come il ministro Penny Mordaunt, sarà silurato.
La manovra è riuscita e Johnson si è salvato ma, sottolinea Ft, in passato altri premier conservatori, come Margareth Thatcher, John Major e Theresa May, non sono durati a lungo dopo aver superato voti di sfiducia promossi da avversari interni.
Tanto più che il premier potrebbe finire nuovamente sotto attacco se i Tory perderanno, come indicano i sondaggi, i seggi di Wakefield e Tiverton nelle elezioni suppletive del vicinissimo 23 giugno. Un titolo nella parte bassa della prima pagina informa che negli ultimi tre mesi Deutsche Bank ha lentamente trasferito dalla Russia a Berlino centinaia di suoi dipendenti, addetti in particolare alla programmazione di software.
The Times
E’ tutta per Boris Johnson la prima pagina del Times che titola sulla “vittoria ferita” del premier nel voto di sfiducia, anche se forse piuttosto che la traduzione letterale in italiano rende meglio il senso l’espressione vittoria di Pirro.
Infatti, scrive il Times, il primo ministro ha perso il sostegno di più del 40% dei parlamentari e questi stessi numeri nel 1990 furono sufficienti per abbattere nientemeno che Margareth Thatcher, la lady di ferro costretta a farsi da parte sette mesi dopo essere scampata alla sfiducia. Il risultato di Johnson, scrive il Times, è stato peggiore di quello che i capigruppo parlamentari avevano previsto, calcolando che i no a Johnson sarebbero stati un centinaio mentre sono stati 148.
Il che non solo “mette a nudo una profonda divisione tra i conservatori, ma resta una minaccia per l’autorità di Johnson nel guidare il partito verso le prossime elezioni”. Alla cronaca si accompagna un commento, scritto con l’inchiostro sferzante dell’ironia, che definisce non solo il premier, ma anche il suo partito e la nazione, “pienamente liberi di zoppicare” dopo la votazione che ha lasciato Johnson su un’assai instabile sella.
Le Monde
L’edizione cartacea di Le Monde non è uscita oggi, dunque facciamo riferimento al sito web del quotidiano francese per leggerne la valutazione del voto di sfiducia cui è scampato Boris Johnson. Il premier britannico “ha superato il rischio di una morte politica improvvisa, ma è gravemente indebolito e forse anche ferito a morte”, scrive il giornale, che sottolineando che la vittoria di Johnson “è stata molto più risicata di quanto previsto dal suo entourage”.
Le Figaro
La Nupes, la coalizione della sinistra guidata da Jean-Luc Melenchon, cresce nei sondaggi per le elezioni legislative di domenica prossima, e “all’Eliseo cresce la preoccupazione”, titola Le Figaro, che sottolinea come il rischio di una sconfitta abbia spinto Macron a “rompere il silenzio” per mobilitare il suo elettorato attaccando Melenchon sui programmi. “La strategia di fare pochissima campagna elettorale aveva funzionato per le elezioni presidenziali.
Questa volta, ha avuto qualche scossone e singhiozzo”, nota il giornale, perché “il governo di Elisabeth Borne non ha suscitato molto entusiasmo” e due dei suoi ministri sono finiti nella polemica, quello della solidarietà sociale, Damien Abad, per le accuse di violenza sessuale, e quello dell’Interno, Gerald Darmanin, per la disastrosa gestione della sicurezza alla finale di Champions League.
Dunque, Macron, che “sicuramente anche per calcolo” aveva deciso di impegnarsi il meno possibile nella campagna elettorale, si è trovato a dover fare i conti “con la sua mancata assunzione di responsabilità, che sottolinea negativamente l’incapacità presidenziale di fare una scelta di attenervisi”. In risalto sulla prima pagina anche un reportage da Kharkiv, con l’inviato del giornale al seguito delle forze speciali ucraine, e la notizia che Samsung investirà nei semi conduttori 365 miliardi di dollari nei prossimi cinque anni.
El Pais
Johnson esce “indebolito” dal voto di sfiducia, pur avendolo superato: la valutazione di El Pais, nel titolo di apertura, non si discosta da quella degli altri principali giornali europei. Il quotidiano spagnolo sottolinea che contro il premier hanno votato il 41% dei parlamentari conservatori, e che quando Theresa May si dimise soccombendo all’offensiva interna guidata allora proprio da Johnson, i no erano stati solo il 37%.
Le altre notizie in prima pagina sono tutte nazionali, a cominciare dal primo dibattito televisivo tra i candidati presidente della Regione in Andalusia, dove si voterà il 19 giugno, per continuare con il richiamo della commissione Ue alla Spagna a tagliare di 7,5 miliardi di euro le previsioni di spesa per il 2023, e con altre rivelazioni sul dossier dei servizi segreti spagnoli che informò il governo della regia del Marocco dietro la crisi migratoria del 2021, orchestrata per spingere Madrid ad appoggiare le sue rivendicazioni sul Sahara.
Frankfurter Allgemeine Zeitung
Quella di Boris Johnson nel voto di sfiducia “è una classica vittoria di Pirro” secondo la Frankfurter Allgemeine Zeitung, che così afferma nel titolo dell’editoriale legato all’apertura sul premier britannico. Con accenti critici, il giornale tedesco nota che i sostenitori di Johnson hanno insistito soprattutto sue due argomenti per contrastare la sfiducia: l’inopportunità di una crisi di governo mentre è in corso la guerra in Ucraina, e i successi ottenuti dal premier alla guida del Paese.
“Naturalmente, menzionare la gestione della pandemia di coronavirus in questo elenco di successi mostra un notevole grado di faccia tosta o una pronunciata perdita di contatto con la realtà”, sottolinea la Faz, ricordando che proprio le feste organizzate a Downing Street durante il lockdown sono state la scintilla della rivolta dei Tory contro il leader. A centro pagina, l’Ucraina con la promessa di Zelensky che tutte le città occupate dai russi saranno liberate, e le iniziative che il governo Scholz sta valutando per attutire l’impatto dell’inflazione sui cittadini.
China Daily
“La Cina ha chiesto agli Stati Uniti di fornire una spiegazione ragionevole sui diplomatici statunitensi che, secondo quanto riferito, hanno riconosciuto che Washington ha esagerato questioni relative alla regione autonoma dello Xinjiang Uygur nel tentativo di contenere la Cina”.
Così scrive il China Daily, che dà spazio a un caso diplomatico piuttosto arzigogolato e basato su indiscrezioni che i media cinesi di regime si sono rimbalzati l’un l’altro. In sintesi: il quotidiano cinese Global Times ha scritto che a una giornalista di Phoenix TV risultano dichiarazioni fatte in privato durante un ricevimento nel 2021 da due funzionari di piccolo calibro del consolato americano di Guangdon, Sheila Carey e Andrex Chira, addetti al dipartimento economico della sede diplomatica, secondo cui nello Xinjiang “non accade nulla di male”.
Queste le notizie che hanno dato lo spunto al ministero degli Esteri cinesi di accusare gli Usa di aver creato strumentalmente le accuse di violazioni dei diritti umani della minoranza musulmani uiguri nello Xinjiang allo scopo di diffamare la Cina. Il ministero, di memoria lunga e vasti archivi, ha in proposito ricordato che nel 2018 un ufficiale in congedo dell'esercito americano, Lawrence Wilkerson, disse che se la Cia volesse destabilizzare la Cina, il modo migliore per farlo sarebbe fomentare disordini utilizzando gli uiguri nello Xinjiang. C’è da dubitare che Washington si prenda la briga di rispondere alle richieste di chiarimento cinesi fondate su questi elementi.
Quotidiano del Popolo
La “diplomazia coercitiva” è “un copyright Usa”: così il ministero cinese degli Esteri ha replicato al segretario di Stato americano, Blinken, che ha usato appunto l’espressione riferendosi a Pechino.
A questa risposta dà un titolo il People’s Daily, edizione in inglese dell’organo ufficiale del Partito comunista cinese, che tra gli esempi della “diplomazia coercitiva” americana cita pratiche citate “la soppressione senza scrupoli della cinese Huawei cinese e di altre società straniere, il costringere i Paesi a schierarsi nel conflitto Russia-Ucraina, minacciando spesso di utilizzare sanzioni unilaterali e giurisdizione a braccio lungo” e le “pressioni sui Paesi insulari del Pacifico meridionale per impedire la normale cooperazione con la Cina. Il giornale dà risalto anche alla pubblicazione, a cura del Pcc, di un volume cha raccoglie i discorsi di Xi Jinping in materia di agricoltura.