AGI - I destini del Mali e della Russia sono sempre più intrecciati. Tutti negano ma poi i fatti dicono il contrario.
Ne è prova il massacro della settimana scorsa durante un’operazione militare nella regione centrale di Mopti, a Moura, dove sarebbero stati uccisi almeno 300 civili, secondo la versione fornita della Ong Human rights watch (Hrw). Versione smentita da Bamako che, invece, parla di un’operazione che si è svolta contro i jihadisti che infestano quella zona.
L’esercito del Mali, sempre secondo le prime ricostruzioni, sarebbe stato coadiuvato, nell’operazione, dai mercenari russi della Compagnia Wagner.
Mosca smentisce, ma ormai è risaputo che nel paese operano queste milizie volute proprio dal governo maliano e che hanno rafforzato la loro presenza nel paese dopo il ritiro dei militari francesi dell’operazione Barkhane e di quella europea Takuba.
Altra polemica, nata sull’onda del massacro, anche quella della fornitura di armi russe al paese. È noto che la Russia è uno dei maggiori fornitori di equipaggiamenti militari dell’Africa, che supera di gran lunga la Cina e gli Stati Uniti nelle esportazioni, solo la Turchia tiene il passo, tanto che è pronta a inviare i suoi droni, richiesti un po’ da tutta l’Africa.
Il ritiro francese dal Mali è piaciuto molto, infatti, anche ad Ankara, tanto che ha subito offerto il suo supporto nella lotta al terrorismo promettendo forniture di armi e in particolare dei droni TB2 Baykar, utilizzati anche nella guerra in Ucraina. “Ovunque vada in Africa, mi chiedono informazioni sui nostri droni”, ha detto Recep Tayyip Erdogan.
Mosca, come era prevedibile, ha respinto le accuse secondo cui mercenari russi del gruppo Wagner sarebbero stati coinvolti nella presunta uccisione di centinaia di civili nella regione centrale di Mopti.
La portavoce del ministero degli Esteri russo, Maria Zakharova, ha detto che a Moura “si è trattato di un’operazione di successo” da parte dell’esercito del Mali, operazione durante la quale sono stati uccisi circa 200 jihadisti: “Vorremmo congratularci con i maliani per questa importante vittoria nella lotta contro la minaccia terroristica” ha detto la portavoce del ministero degli Esteri russo.
Zakharova, inoltre, ha detto che le accuse contro i mercenari russi fanno parte di una campagna di disinformazione contro Mosca legata al conflitto in Ucraina. E manco a dirlo, ha voluto sottolineare che il “successo” dell’esercito maliano nell’operazione contro i jihadisti deve essere letto nel contesto del “ritiro” francese dal Mali.
È noto che la Francia non ha mai nascosto la sua irritazione per la decisione della giunta militare di Bamako di utilizzare i mercenari della compagnia russa Wagner per sostenere la lotta contro i jihadisti, ufficialmente con operazioni di addestramento delle Forze armate maliane. Il Mali, tuttavia, ha sempre smentito la presenza della Compagnia Wagner, mentre osservatori indipendenti lo hanno certificato.
Che vi sia una guerra aperta tra Parigi e Mosca nel Mali lo dimostra anche il voto al Consiglio di Sicurezza su una risoluzione per l’apertura di un’inchiesta indipendente proprio su questo massacro. Russia e Cina hanno espresso voto contrario, sostenendo di non “aver visto la necessità” della richiesta, ritenuta “prematura”. Il testo, proposto dalla Francia, prevedeva “indagini approfondite per accertare i fatti, individuare i responsabili di tali violazioni e abusi e consegnarli alla giustizia”.
Il voto al Consiglio di Sicurezza spiega meglio le parole della Zakharova. Ma non solo, evidenzia che anche in Africa, in particolare nel Sahel, si sta creando un asse Cina-Russia, per molti versi inedito, che contrasta quello occidentale. La Russia ha poco da offrire sul piano commerciale, ma molto su quello militare.
La Cina, invece, fa valere la sua potenza economica. Pechino e Mosca possono stringere un’alleanza anche in Africa, proprio perché non invadono il campo altrui, anzi si completano.
Le forniture militari arrivate dalla Russia a Bamako lo scorso 30 marzo e comprendenti alcuni elicotteri, sistemi radar e di combattimento, sono il frutto di accordi presi dall’ex presidente Ibrahim Boubakar Keita, rimosso dal potere dalla giunta militare attualmente alla guida del Paese. Lo ha rivelato la rivista Africa intelligence, che specifica che gli elicotteri sono due mezzi d’attacco Mil M-35P mentre i sistemi radar mobili sono modello 59n6-Te, progettati dal centro ricerca militare di Nizhny (Nnirt).
L’accordo, di cui ha beneficiato la giunta militare, era stato firmato dal presidente Keita nel 2019. La giunta militare, nell’annunciare la consegna delle forniture militari dalla Russia, ha lodato il rapporto di amicizia sempre più stretto tra Bamako e Mosca, grazie al quale era stato possibile chiudere l’accordo.
Insomma, non ha esitato ad attribuirsi il merito della fornitura di armamenti e mezzi militari, ma questa informazione si è rivelata falsa in quanto l’accordo era precedente al colpo di Stato del 2020 che ha portato Assimi Goita al potere.
Secondo Africa intelligence l’accordo con la Russia per tali forniture era estremamente più conveniente, per il governo di Bamako, rispetto alle offerte ricevute da Airbus.
Se ci fosse ancora qualche dubbio in merito, il Mali ha deciso di mettersi nelle mani della Russia per risolvere i problemi di sicurezza interna. Abbandona la Francia e abbraccia Mosca, con buona pace dell’Occidente.