AGI - Il teso faccia a faccia di lunedì a Mosca tra Putin e il cancelliere austriaco Nehammer, primo capo di governo occidentale a incontrare il leader del Cremlino dall’inizio della guerra, trova sulla stampa americana maggiore rilievo che non su quella europea, in larga parte concentrata oggi più sulle elezioni francesi che sull’Ucraina.
Fa eccezione la Frankfurter Allgemeine Zeitung, che alla missione di Nehammer dà risalto per la sua ricaduta sulla politica interna tedesca, una polemica in seno alla maggioranza che sostiene il governo Scholz. Le altre testate continentali guardano invece, con analisi e commenti, alla complicata sfida di Macron nel ballottaggio del 24 aprile con Marine Le Pen. Il britannico Times si distingue con la notizia del primo lancio di uno dei missili forniti da Londra all’Ucraina.
Washington POST
Molte indicazioni rilevate dall’intelligence militare americana in Ucraina segnalano che è ormai imminente una massiccia offensiva russa contro il Donbass, e a questi sviluppi sul campo il Washington Post dedica la sua apertura. Mentre “il Pentagono afferma che ci sono segnali che il Cremlino ha iniziato a rafforzare e rifornire le sue forze nella regione orientale del Donbass”, Mosca fa sapere che “non ci sarà nessuna interruzione delle ostilità prima del prossimo round di colloqui di pace”, e la stessa impressione ha avuto direttamente da Putin il cancelliere austriaco Karl Nehammer nel suo “colloquio non amichevole di ieri” con il capo del Cremlino. Dunque, non c’è da aspettarsi altro che un attacco brutale, con “la rinnovata preoccupazione del possibile uso di armi chimiche”. Ne ha riparlato il presidente ucraino Zelensky, ma il portavoce del Pentagono, John Kirby, ha detto di non essere in grado di confermare l’attendibilità di queste affermazioni pur sottolineando che “se vere, sono profondamente preoccupanti”. Kirby ha invece confermato che “l'intelligence statunitense ha osservato un massiccio convoglio militare russo dirigersi a sud verso Izyum, una città strategicamente importante nel nord-est dell'Ucraina che la Russia ha catturato all'inizio di questo mese e potrebbe utilizzare ora come punto di sosta per effettuare assalti alle città più grandi del sud”. L’aspettativa del Pentagono è che "le stesse tattiche brutali, lo stesso disprezzo per la vita e le infrastrutture civili, probabilmente continueranno".
New York Times
L’inconcludente e “non amichevole” colloquio del cancelliere austriaco Karl Nehammer con Vladimir Putin a Mosca “accresce i timori di attacchi più duri” delle truppe russe in Ucraina, afferma il New York Times nel suo titolo di apertura. Nehammer, evidenzia il giornale, ha descritto Putin come “sprezzante sulle atrocità in Ucraina”, e ha detto che “è chiaro che le forze armate russe si stanno mobilitando per un assalto su larga scala nella regione del Donbass in Ucraina orientale”. Dalla missione del cancelliere austriaco, secondo il Nyt, emerge che “Putin, nonostante gli errori militari della Russia durante la guerra, e nonostante tutti gli sforzi occidentali per emarginarlo, sembra ancora avere il controllo della crisi. Ha represso severamente qualsiasi dissenso e beneficia di un ampio sostegno interno, dei continui ricavi dalle vendite di petrolio e gas all'Europa, dell'implicito sostegno della Cina e del rifiuto di gran parte del mondo di aderire alle sanzioni contro la Russia”. Il giornale dedica anche un approfondimento all’ipotesi che gli Usa “possano o debbano aiutare un'indagine sulle atrocità russe in Ucraina da parte della Corte penale internazionale”. Secondo il Nyt, “l'amministrazione Biden sta discutendo vigorosamente” l’idea, che si scontra con un ostacolo giuridico e politicamente contraddittorio: le leggi del 1999 e del 2002, “emanate da un Congresso diffidente sul fatto che la corte potesse indagare sugli americani, limitano la capacità del governo di fornire supporto. E gli Stati Uniti si oppongono da tempo a qualsiasi esercizio di giurisdizione da parte del tribunale sui cittadini di Paesi che non fanno parte del trattato che lo ha creato, come gli Stati Uniti, ma anche la Russia”.
Wall Street Journal
L’attenzione di Marine Le Pen per l’inflazione mette sotto pressione Macron”: con questo titolo d’apertura il Wall Street Journal inquadra le elezioni francesi nella prospettiva degli aumenti dei prezzi che hanno accresciuto il malcontento degli elettori e che sono uno dei temi centrali della campagna elettorale della leader dell’estrema destra. “Marine Le Pen vuole sottrarre le forze francesi al comando della Nato e recuperare poteri dall'Unione Europea. Mira anche a modificare la Costituzione per limitare il posto degli immigrati nella società francese. Tuttavia, i piani della Le Pen per ridisegnare la Francia non sono ciò che ha caratterizzato il suo messaggio durante la campagna elettorale”, puntata invece “sulla frustrazione degli elettori per l'aumento del costo della vita, attirando milioni di elettori nella Francia della classe media e operaia che si sentono ignorati dal presidente Emmanuel Macron”. Nella parte alta della prima pagina, un’analisi sulla “decisione a sorpresa” di Elon Musk, di non entrare a far parte del consiglio di amministrazione di Twitter: la società così meno controllo sul suo maggiore azionista, che avrà le mani libere nel giocare da “investitore-attivista” e spingere per i cambiamenti che ha in mente. Ucraina al cnetro con il nuovo appello di Zelensky all’Occidente per più aiuti militari in vista della battaglia decisiva contro le forze russe nelle regioni orientali del Paese.
Financial Times
“Macron combatte sul terreno dell’avversaria”, titola il Financial Times che mette in apertura un’analisi sulle elezioni francesi in cui il ‘kingmaker’ è Jean-Luc Melenchon, leader della sinistra unita, giunto terzo al primo turno con un sorprendente 22% che adesso fa gola tanto a Macron quanto a Marine Le Pen e che è decisivo per vincere al ballottaggio: Gli esperti prevedono un’elezione molto combattuta e con un margine ristretto, con gli elettori dei 20 candidati eliminati domenica tutti da conquistare, e molti di loro attratti dalla Le Pen”. A centro pagina, l’Ucraina che a causa della guerra si trova finanziariamente in ginocchio. Il quotidiano ha intervistato il ministro delle Finanze, Serghei Marchenko, che fa appello per “un’iniezione di decine di miliardi di dollari” di contante per supplire all’ammanco di cassa dovuto all’effetto combinato delle spese belliche e del crollo delle entrate fiscali. In marzo il governo ha speso 2,7 miliardi più di quanto abbia incassato, e calcola che il disavanzo di cassa in aprile peggiorerà fino a raggiungere i 7 miliardi perché il 30% delle aziende ucraine ha dovuto cessare l’attività e il 45% la prosegue a ritmo ridotto, il commercio è al collasso. Come indicatore della crisi, Marchenko segnala il crollo del 55% dei consumi elettrici.
The Times
Piuttosto belligerante il titolo del Times sull’Ucraina: “Missile britannico abbatte drone russo”. Con la consueta dovizia di dettagli tecnici, il quotidiano riferisce del successo del primo utilizzo nel conflitto del vettore di precisione, uno dei pezzi pregiati delle forniture militari britanniche a Kiev. Si tratta del ‘Martlet’, un missile leggero multiruolo a guida laser, in grado di raggiunge la velocità di 1.100 miglia l’ora (1.770 chilometri circa). E’ stato inviato segretamente da Londra in Ucraina, ma il primo lancio, domenica nella regione di Kharkiv, è stato filmato da un soldato del reparto ucraino che l’ha effettuato, la 95esima brigata di assaltatori aviotrasportati. Ha colpito e distrutto, “tra acclamazioni di giubilo” dei militari ucraini un drone russo da ricognizione Orlan-10, del costo di oltre 100.000 euro. L’apertura del giornale è però per tutt’altro argomento: il caos prodotto negli aeroporti britannici dall’irrigidimento dei controlli di sicurezza, che ieri ha costretto le compagnie alla cancellazione di decine di voli in partenza per destinazioni estere, rovinando le vacanze di Pasqua ai loro clienti. Due numeri: solo a Londra, British Airways ha annullato 64 voli da Heathrow e EasyJet 25 da Gatwick.
Le Monde
Tra Macron e Le Pen si gioca “un secondo atto ancora più incerto”, titola Le Monde la sua apertura dedicata a un’analisi del voto che cerca di trarne indicazioni per il ballottaggio del prossimo 24 aprile. “Se lo scontro tra Macron e Le Pen può ricordare il 2017, la situazione è radicalmente cambiata”, rileva il quotidiano, che enumera vari fattori: l’inedita catalizzazione politica che ha convogliato il 75% dei voti su tre soli candidati (Macron, Le Pen e Melenchon), con un’evidente scelta del ‘voto utile’ che ha penalizzato il populista Zemmour ma anche i verdi e i comunisti; il miglio risultato mai raggiunto dall’estrema destra in un’elezione presidenziale; la sbriciolamento dei socialisti, con la debacle della sindaca di Parigi Hidalgo che rimette in discussione il governo della capitale, e dei repubblicani che non hanno nemmeno raggiunto la percentuale minima del 5% fissata dalla legge per ottenere i rimborsi delle spese elettorali e rischiano di pagare con una bancarotta economica la bancarotta politica della loro candidata Valerie Pecresse. In questo quadro, scrive Le Monde nel suo editoriale, “l'elezione di Marine Le Pen a presidente della Repubblica costituirebbe un attacco allo Stato di diritto, una regressione nel tenere conto della catastrofe climatica, una revisione delle nostre alleanze esterne nel momento peggiore”. E “ciò pone il presidente uscente di fronte a una responsabilità storica: riuscire in quindici giorni ad arginare un pericolo che il quinquennio che sta finendo non è stato – per sua stessa ammissione – in grado di invertire. E che la sua breve campagna elettorale, mal condotta, ha contribuito a crescere prima che la drammatizzazione degli ultimi giorni permettesse, in extremis, di arginare le dinamiche segnalate dai sondaggi”. Macron, avverte il giornale, “avrà bisogno di molta più abilità per ricostruire una maggioranza tra le rovine del panorama politico che ha ampiamente contribuito a far esplodere in due elezioni”.
Le Figaro
In vista del ballottaggio del 24 aprile per l’Eliseo, Le Figaro si preoccupa di capire “come Macron e Le Pen voglio allargare la loro base elettorale”: così dice il titolo di apertura, un approfondimento dedicato alle linee su cui i due sfidanti imposteranno la volata finale delle loro campagne. “Per conquistarsi i ceti popolari e l’elettorato di Melenchon” entrambi, secondo il giornale, saranno costretti a riposizionamenti anche “a rischio di preoccupare i loro elettori tradizionali”. In un altro articolo, il politologo Jerome Jaffré ragiona sul “paesaggio politico devastato” che esce dal primo turno, con un voto di protesta che “scuote le fondamenta del sistema politico”. Su questo s’incentra l’editoriale, “La tenaglia della collera”, in cui il quotidiano osserva che se “il macronismo va bene” e il presidente ha raccolto 900.000 voti in più rispetto a cinque anni, esso si rivolge soltanto alla Francia “ancora prospera (pensionati”, innovativa (classi dominanti urbane), moderata (la provincia tranquilla, da Biarritz a Trouville). Ma “la frustrazione che nasce dalla sensazione che un’alternativa sia impossibile rischia di inasprire ancora di più la tensione che attraversa il Paese”, e accrescerà “la tentazione di risvegliare ‘la lotta di una classe contro una classe, di chi non ha niente contro chi ha”, prevede il giornale citando Tocqueville.
El Pais
Il partito popolare ha compiuto un altro passo per rafforzare la sua alleanza con i neofranchisti di Vox, e questo fatto di politica interna apre El Pais. La notizia è che il neo presidente della regione di Castiglia e Leon, il popolare Manueco, ha avuto il via libera dall’assemblea regionale con i voti dell’estrema destra su un programma che ne recepisce varie richieste in tema di famiglia e di memoria condivisa del franchismo. Nel contempo, la direzione nazionale del partito popolare ha fatto sapere che il patto con Vox potrebbe essere riproposto anche in chiave nazionale alle elezioni politiche. Il titolo sull’Ucraina, nella parte bassa della prima pagina, è in chiave Ue: “L'embargo sul petrolio russo minaccia di rompere il fronte europeo contro Putin”. Il servizio è dedicato ai contrasti tra i 27 con l'Ungheria di Orban che guida i sostenitori del mantenimento delle importazioni. Più in alto le presidenziali in Francia, dove “Macron fa campagna elettorale nei feudi di Le Pen”, dopo il primo turno in cui “il voto antisistema ha accelerato la fine dei partiti tradizionali”.
Frankfurter Allgemeine Zeitung
Acque agitate nella maggioranza di governo in Germania per l’atteggiamento del cancelliere Scholz sulla guerra in Ucraina: il partito liberaldemocratico Fdp lo ha criticato per non essersi finora recato a Kiev a manifestare solidarietà, e lo sollecita a farlo. La polemica è in apertura sulla Frankfurter Allgemeine Zeitung. "Personalmente, sarei felice se il Cancelliere si fosse recato a Kiev", ha detto iIl segretario generale dell'Fdp, Bijan Djir-Sarai, e il giornale ricorda che di recente il premier britannico Boris Johnson e il cancelliere austriaco Karl Nehammer sono stati in visita a Kiev. Ma la portavoce del vice governo Christiane Hoffmann ha chiarito che un viaggio di Scholz non è in programma: "Lo annuncerei se ci fosse un piano concreto", ha affermato la portavoce, e ha aggiunto che il cancelliere ha “sostenuto la visita di Nehammer al presidente russo Vladimir Putin a Mosca”. Restano in evidenza le elezioni francesi, con gli occhi puntati sul difficile ballottaggio che Macron affronterà il 24 aprile contro Marine Le Pen. In un editoriale, dal titolo “La Francia non è ancora perduta”, il quotidiano tedesco rileva che se al primo turno “gli elettori hanno risposto agli allarmi di Cassandra con un voto netto in favore di Macron”, è “troppo preso per cantare vittoria”: adesso il presidente “non più nascondersi dietro le mura del palazzo dell’Eliseo. Deve finalmente lottare per le sue idee e non rifuggire dal confronto” come ha fatto finora, presentandosi come “un distante statista” impegnato nella soluzione della crisi ucraina, su cui non ha saputo sensibilizzare i francesi.
China Daily
Non è piaciuta molto a Pechino un’analisi del giornale politico americano The Hill, secondo cui la Cina è rimasta a fianco della Russia dopo l’attacco contro l’Ucraina perché coltiva il “disegno a lungo termine” che Mosca le ceda gran parte dell’estremo oriente russo. Il ministero degli Esteri cinese ha reagito con asprezza, e il China Daily dà ampio spazio alla replica. “L’articolo riproduce la 'teoria della minaccia cinese', che in sostanza mira a inserire un cuneo tra Cina e Russia", ha affermato il portavoce Zhao Lijian, e ha ribadito che “semplicemente non è possibile creare discordia” tra i due Paesi, la cui amicizia “può resistere alla prova dei cambiamenti del panorama internazionale”. Secondo Zhao, i grandi Paesi occidentali "aggiungono benzina sul fuoco, alimentando costantemente nuove divergenze”, e allo stesso tempo “collegano la crisi ucraina con le relazioni sino-russe nel tentativo di raggiungere i loro ulteriori obiettivi strategici". Al che la Cina “si oppone fermamente”.
Quotidiano Del Popolo
Con la guerra in Ucraina l’economia mondiale perde ma quella americana guadagna. E’ il concetto veicolato dal People’s Daily, edizione in inglese dell’organo del Partito comunista cinese, che valorizza da un lato le previsioni diffuse ieri dall’Organizzazione mondiale del commercio (Wto) secondo cui a causa del conflitto ucraino la crescita del commercio globale quest’anno sarà dimezzata passando dal 4,7% previsto lo scorso ottobre a un valore compreso tra il 2,4% e il 3%, mentre dall’altro fa i conti in tasca all’industria militare statunitense, citando un rapporto pubblicato di recente dallo Stockholm International Peace Research Institute (Sipri). Il giornale sottolinea che tra il 24 febbraio, giorno dell’invasione russa, e il 28 marzo, il valore delle azioni di Lockheed Martin, il principale produttore di armi al mondo, è aumentato di oltre il 13%, le azioni di Northrop Grumman, una multinazionale americana di tecnologia aerospaziale e di difesa, hanno guadagnato oltre il 13,4% e quelle di General Dynamics di oltre il 10. Conclusione: gli Usa scatenano guerre di cui tutti pagano un prezzo tranne il complesso militare-industriale statunitense, “che ha raccolto enormi profitti facendo precipitare persone in altri Paesi in un abisso di miseria”.