AGI - Al primo turno delle presidenziali il 42% dei giovani tra 18 e 24 anni non è andato a votare, segnando un astensionismo record rispetto al tasso globale del 25,2. Il giorno dopo in Francia media ed analisti esprimono preoccupazione per l'astensionismo giovanile salito alle stelle - nel 2017 era del 27,8% - sintomatico del crescente disinteresse per la politica, che, tuttavia, viene compensato da altre forme di impegno sociale.
Inoltre, se i giovani francesi fossero stati l'unico gruppo di popolazione ad andare a votare ieri, al ballottaggio sarebbero andati Jean-Luc Mèlenchon e Marine Le Pen, invece del duello tra Le Pen ed Emmanuel Macron. Un voto quindi più orientato verso gli estremi, sintomatico della protesta che monta in questa fascia di età.
Secondo l'istituto di sondaggio Ispos, i 18-24 anni hanno dato il 31% delle preferenze al leader della France Insoumise (sinistra radicale), circa 9 punti in più rispetto al risultato finale del 22%. In seconda posizione il 26% di loro avrebbe votato per la leader del Rassemblement national (RN) mentre Macron, scelto solo dal 20% dell'elettorato più giovane, sarebbe stato eliminato del secondo turno.
"Le Pen se la cava bene poichè è riuscita a mettere avanti le sue misure sul potere d'acquisto, il tema che più preoccupa i giovani" ha spiegato Mathieu Gallard, direttore di ricerca di Ipsos. Per gli analisti e sondaggisti francesi, l'astensionismo record dei ragazzi non è una sorpresa - alle regionali del 2021 l'87% di loro si era astenuto - ma il risultato indica da una parte la perdita di significato del voto e dall'altra il fatto che entrano nella vita politica in un'atmosfera generale di scredito verso i suoi protagonisti.
Secondo un'indagine Ifop, solo un terzo dei 18-25 anni considera i partiti politici come un buon mezzo per far cambiare le cose, mentre gli altri due terzi preferiscono impegnarsi nell'associazionismo. La metà di loro vedono nelle manifestazioni uno strumento migliore per far sentire la propria voce. "Tra i giovani osserviamo un movimento piuttosto forte di disaffiliazione politica. L'astensionismo sistematico è in aumento e più di un terzo pensa che votare non serve a molto" ha fatto notare Olivier Galland, sociologo, direttore di ricerca del Cnrs.
Nel contempo a crescere è la domanda di democrazia diretta o partecipativa, motivo per cui i giovani vanno a votare di più quando hanno un interesse da difendere, che per loro ha la stessa valenza della manifestazione di piazza o la firma di una petizione.
"Il livello di istruzione progredisce e hanno molte più chiavi per capire il mondo politico, quindi giudicare i candidati. Hanno uno sguardo più critico, motivo per cui anche cambiano più spesso idea su chi votare" ha aggiunto Galland. La perdita di senso del voto riscontrata tra i giovani rappresenta un motivo di preoccupazione, in quanto per gli analisti sul medio-lungo termine colpirà il sistema democratico stesso.
Un rischio già emerso da uno studio dell'Istituto Montaigne: per il 51% degli intervistati, avere un governo democratico "non è poi così importante". Un risultato che sembra indicare un "preoccupante calo dell'attaccamento alla democrazia" ha avvertito Galland. In compenso, anche se hanno voltato le spalle al sistema politico, questi giovani continuano a nutrire un certo interesse per le questioni di società, con l'ambiente al primo posto. "E' un divario, una spaccatura paradossale, segno che l'offerta politica non funziona più. L'esempio più eclatante è che il forte impegno per l'ambiente tra i giovani non si è tradotto in un voto a sostegno di Yannick Jadot nè in una maggiore prossimità al partito EELV, a riprova dello scredito diffuso del mondo della politica" ha concluso lo studioso del Cnrs.