AGI - Mentre uno invoca la Tregua di Dio, almeno per la Pasqua, e così rende modernissimo un concetto che ai Papi è caro da esattamente mille anni, l'altro benedice i jet in decollo ed esorta il popolo a mostrarsi unito nel conflitto.
Ci può essere margine di dialogo tra Bergoglio e Kirill, tra l'uomo che critica anche solo l'idea di spendere per la difesa e il patriarca che inneggia alla guerra contro l'Occidente schiavo delle lobby gay? Venerdì, alla Via Crucis al Colosseo, Francesco farà portare la croce a due famiglie, l'una russa l'altra cattolica.
A Mosca la domenica dagli altari si chiede ai fedeli di unirsi al Capo che lotta per la salvezza della Nazione. E, al tempo stesso, si ribadisce che l'incontro con il Papa di Roma avrà luogo in Medioriente, chissà dove chissà quando.
Chissà come. Insomma, così vicini così lontani. Ma se la Tregua di Dio è istituto millenario, escogitato per por freno alla violenza endemica dell'XI secolo degli Ottoni e dei Normanni conquistatori, il motivo di fondo che spiega l'attuale discrasia nell'atteggiamento vaticano e quello del Monastero Danilov va cercato in un precedente centenario, come cent'anni sono da che è passato il Gran Macello dell'Europa, perchè tanto quello che accade in Ucraina ce lo ricorda.
La guerra in Ucraina, infatti, più passa il tempo più somiglia ad una guerra mondiale focalizzata su un solo punto. Non guerra per procura, ma guerra di misura, nel senso che attori e interessi sono davvero globali, ma il fuoco è concentrato in un'area tutto sommato piccola del Pianeta.
Alla Prima Guerra Mondiale si guardi, allora, per capire come la Pax Dei ha spesso come peggior nemico - fa quasi paura a scriverlo - il Popolo di Dio.
Ipsa res loquitur, accade anche questa volta. Cadde nel vuoto, cent'anni fa, la condanna della guerra come inutile strage, pronunciata da Benedetto XV nell'agosto 1917, terzo anno della Grande Guerra. Quando esplose il conflitto, sul trono di Pietro vi era Pio X, che il 2 agosto 1914 aveva esortato i fedeli a volgersi a Cristo "mediatore potentissimo degli uomini presso Dio".
Poveretto, lo ignorarono tutti. In Italia, ad esempio, già si preparavano le radiose giornate di maggio. Si dice che Papa Sarto ne morì di dolore il 20 di quello stesso mese.
Se così, perchè stupirsene? Il pacifismo cattolico e quello socialista si sciolsero in pochi mesi come neve al sole. Le gerarchie cattoliche, ma anche le chiese protestanti e le chiese ortodosse non ressero alla prova: i più giustificarono la guerra del loro Stato come una "guerra giusta", una "guerra santa", "una crociata" per combattere un nemico identificato, benché cristiano, con l'Anticristo o il Principe delle tenebre.
Al momento di iniziare la guerra per vendicare Francesco Ferdinando, Francesco Giuseppe aveva proclamato ai popoli dell'impero: "Ho preso consapevolmente le mie decisioni confidando nella giustizia di Dio".
Il primo ministro serbo ribattè: "La nostra è una causa giusta. Dio verrà in nostro aiuto". E lo zar di Russia si rivolse ai suoi sudditi invocando "sulla santa Russia e sulle nostre truppe valorose la benedizione divina, con fede profonda nella bonta' della nostra causa e con umile fiducia nella Provvidenza onnipotente".
Che poi sono parole che somigliano a quelle urlate da Putin negli stadi. Chiarissimo e categorico fu, allo scoccare dell'ultimatum, il Kaiser rivolto alla folla di Berlino: "Ordino a tutti voi di recarvi in chiesa, di inginocchiarvi davanti a Dio per pregarlo di venire in aiuto del nostro valoroso esercito".
Il popolo rispose con un ruggito. Passarono pochi mesi e l'Asburgo, tra le colonne di Santo Stefano che sembrano una foresta, consacrò la sua intera stirpe al Sacro Cuore di Gesù, quasi forzandolo ad una "una santa alleanza contro tutti i nostri nemici visibili e invisibili", formula che ricorda, al tempo stesso, Mata Hari e il Credo di Nicea.
Il clero cattolico di Germania non volle essere da meno, e all'inizio dell'anno successivo officio' la consacrazione della nazione tedesca al Sacro Cuore. Altrettanto fecero i francesi nel giugno successivo, e rivendico' in aggiunta che la rivelazione del Sacro Cuore era stata fatta ad una suora transalpina due secoli addietro. Quindi non cercassero di occupare lo scranno della Figlia prediletta della Chiesa.
E in più persino la Terza Repubblica, che pure avrebbe passato leggi laicissime se non laiciste, la prima cosa che aveva fatto dopo Sedan era pronunciare un voto solenne: quello di costruire sulla collina di Montmartre la basilica del Sacro Cuore. I lavori andarono laicamente a rilento e la chiesa potè essere consacrata solo nel 1914, guarda caso. In questo modo il cerchio si chiuse, ed ogni Nazione poteva riconoscere a se stessa senza ombra di dubbio il ruolo di Nazione Eletta, privilegiata e protetta da Dio.
E le prediche dei cappellani, dei parroci, dei curati di campagna divennero lo strumento attraverso il quale l'identificazione tra guerra e crociata raggiunse il livello più alto. Adesso di fronte alle cappelle dei più remoti paesini di montagna si trovano i monumenti dei caduti, allora al loro interno - con le dovute eccezioni - si sentiva predicare la necessità di mandare quei ragazzi a combattere.
Era forse, più che convincimento, immaturità politica (la maturità sarebbe giunta solo nel 1919, con la fondazione del Ppi); fatto sta che i rapporti tesi tra Chiese nazionali e governi nazionalisti registrò in quei frangenti - questa sì - una vera e propria tregua. Fu il preludio, in Italia, della chiusura della Questione Romana e in Germania la fine dell'antagonismo che aveva generato a suo tempo il Kulturkampf.
Si dirà con ragione che si successo effimero si trattò, dal momento che tra le due guerre ebbero il sopravvento regimi neopagani o apertamente antireligiosi. Intanto però tutto questo aiuta a spiegare come mai Kirill benedica i jet e chiami alla lotta intrisa di messianismo.
Ma anche perché Francesco tutto ciò rifiuti. Perché non c'è niente di più lontano dalla guerra di un messaggio universale, e niente di più vicino di una chiesa nazionale. Così come non c'è niente di più moderno di una vecchia idea medievale, e niente di più medievale di un'idea novecentesca.