AGI - “Parlare di genocidio, nel contesto della guerra Ucraina - come alcuni esperti o capi di governo hanno fatto - è piuttosto azzardato, al momento, dal punto di vista giuridico, nonché pericoloso sul piano politico, contribuendo ad esacerbare il conflitto.” A parlare è Pasquale De Sena, professore ordinario di Diritto Internazionale presso l’Università degli Studi di Palermo e presidente della Società italiana di Diritto internazionale e di Diritto dell’Unione europea, chiamato a commentare per l’AGI i risvolti di diritto internazionale delle recenti notizie dal fronte.
“Con questo non voglio dire che non vi sia, o non vi sarà, in effetti un genocidio nel contesto del conflitto ucraino. Ma il genocidio per il diritto internazionale è una fattispecie ben ‘codificata’, con caratteristiche specifiche che vanno provate e che al momento, non appaiono ricorrere, per quel che ci è dato di sapere.”
“Il crimine di genocidio – continua De Sena – si connota per l’intenzione di distruggere, in tutto o in parte, un gruppo nazionale, etnico, razziale o religioso. Se da un lato alcune fonti russe (RIANovosti) tendono ad accomunare gran parte della popolazione ucraina sotto l’ombrello del ‘nazismo’, lasciando così intendere che la guerra e i massacri effettivamente sarebbero condotti contro tutto il popolo ucraino, Putin ha invece rivendicato una supposta identità di popolo tra ucraini e russi e ciò che sembrerebbe deporre in senso contrario”.
Più fondate appaiono, allo stato attuale, le accuse di crimini di guerra: “Il diritto internazionale conosce un catalogo di crimini particolarmente efferati che, commessi in un contesto bellico, tanto più se in modo sistematico o come espressione di un piano, vanno considerati ‘crimini di guerra’ (se non anche crimini contro l'umanità). Alcune delle informazioni che ci sono arrivate dall’Ucraina, l’orrore dei massacri recentemente scoperti, danno sicuramente adito a forti sospetti che si tratti proprio di questa fattispecie. Ciò, detto la civiltà giuridica impone che i fatti alla base delle accuse vengano accertati mediante un’inchiesta indipendente, e che le accuse vangano sottoposte al contraddittorio.”
Ammesso che un processo si terrà effettivamente: “Anche se venisse istruito un processo dalla Corte penale internazionale a carico di alcune figure apicali, per esempio dello stato russo, non solo è evidente che la Russia non collaborerebbe in alcun modo - visto che essa non è parte dello Statuto della Corte - ma quelle stesse figure continuerebbero a godere, per la durata della loro carica, delle immunità personali previste dal diritto internazionale generale, visto che la Russia, come ho detto, non è parte dello Statuto di Roma. Il che renderebbe se non altro complicata una loro traduzione forzosa davanti alla Corte penale internazionale”.
Per quel che riguarda invece le recenti critiche, anche da parte del presidente Zelensky ad una delle istituzioni cardine del sistema di diritto internazionale, vale a dire l’ONU, De Sena è decisamente più netto: “Il sistema di sicurezza collettiva delle Nazioni Unite è strutturato sul potere di veto dei cinque membri permanenti (USA, Cina, Regno Unito, Francia e Russia). Non si tratta, insomma solo del veto della Russia in questa circostanza, ma della disponibilità di tale potere da parte degli Stati che ne sono titolari. Purtroppo, però, salva l’improbabile volontà di detti Stati, di rinunciare a un simile potere, una riforma ‘interna’ del sistema – fondata, cioè, su una modifica formale, o in via di prassi, della Carta - è difficilmente immaginabile. Tanto più in un momento come questo, di riconfigurazione degli equilibri della comunità internazionale.”