AGI - Gli orrori di Bucha e l'opposizione alle sanzioni alla Russia acuiscono il divario tra la Cina e l'Occidente nella crisi in Ucraina. Pechino non ha condannato le atrocità e punta il dito contro gli Stati Uniti che, dalle pagine del suo giornale più importante il Quotidiano del Popolo, accusa di "terrorismo finanziario" per le sanzioni imposte alla Russia dopo l'invasione dell'Ucraina.
La Cina, ha detto il portavoce del ministero degli Esteri, Zhao Lijian, chiede che si scoprano "la verità e l'origine" sugli orrori di Bucha, che definisce "profondamente inquietanti", ma avverte che "le questioni umanitarie non dovrebbero essere politicizzate e qualsiasi accusa deve essere basata sui fatti".
Fino alla conclusione dell'indagine, Pechino invita tutti a esercitare moderazione ed "evitare accuse infondate". La Cina ha anche ribadito la propria contrarietà alle sanzioni che "non possono portare pace e sicurezza" e peggioreranno la situazione economica mondiale.
"Se gli Stati Uniti vogliono davvero promuovere l'attenuazione della situazione in Ucraina", ha scandito Zhao, "devono smettere di gettare benzina sul fuoco, di brandire il bastone delle sanzioni, fermare le parole e le azioni coercitive e incoraggiare la pace e i colloqui".
Ancora più chiaro contro le sanzioni è il Quotidiano del Popolo, organo di stampa ufficiale del Partito Comunista Cinese, che in un durissimo editoriale accusa gli Stati Uniti di avere "armato l'economia" e di essersi "impegnati nell'egemonia economica e nel terrorismo finanziario" contro la Russia.
Non manca, nelle parole del portavoce del ministero degli Esteri, neppure un riferimento all'Unione Europea, all'indomani delle critiche ai leader cinesi del capo della diplomazia Ue, Josep Borrell. L'alto diplomatico europeo ha definito il summit Ue-Cina di settimana scorsa "un dialogo tra sordi", e ha accusato i leader cinesi (il presidente Xi Jinping, e il primo ministro Li Keqiang) di non volere parlare di Ucraina, e di altri temi scomodi per Pechino, come i diritti umani.
Per Pechino, quelle di Borrell sono "dichiarazioni irresponsabili" e "incoerenti con i fatti". A irritare Pechino, poi, è il fronte orientale, in particolare la questione di Taiwan, all'indomani del via libera degli Stati Uniti alla vendita del sistema di Difesa aerea Patriot e di servizi correlati all'isola per un valore complessivo di 95 milioni di dollari, il terzo round di vendita di armi all'isola dall'insediamento di Joe Biden alla Casa Bianca.
"La Cina prenderà misure risolute ed energiche per salvaguardare fermamente i propri interessi di sovranità e sicurezza", ha minacciato il portavoce del ministero degli Esteri cinese, Zhao Lijian. La vendita di armi a Taiwan, ha aggiunto il portavoce, "minaccia seriamente le relazioni tra Cina e Stati Uniti e la pace e la stabilità nello Stretto di Taiwan".
Toni duri anche per l'espansione della partnership tra Gran Bretagna, Stati Uniti e Australia, riguardo allo sviluppo di armi ipersoniche in grado di trasportare testate nucleari, dopo l'utilizzo di missili ipersonici usati dalla Russia, il mese scorso, nei bombardamenti in Ucraina.
Per la Cina, gli Stati Uniti vogliono creare "una Nato nell'Asia-Pacifico" al servizio dell'egemonismo americano. La partnership tra i tre Paesi annunciata a settembre scorso, è "una piccola cerchia anglosassone che non può cambiare la mentalità da Guerra Fredda", ha detto Zhao, e "non può sfuggire alla vecchia routine di provocare scontri militari e gettare benzina sul fuoco".