AGI - Il presidente turco Recep Tayyip Erdogan insiste per mediare e cercare una soluzione politica alla crisi Ucraina.
L'insistenza di Erdogan mira a far sedere allo stesso tavolo il presidente russo Vladimir Putin e il presidente ucraino Volodimir Zelensky, faccia a faccia ancora lontano dal divenire realtà, a causa dell'intransigenza del Cremlino.
Sebbene la strategia di Erdogan non abbia portato i leader dei due Paesi in guerra uno difronte all'altro il presidente turco ha guadagnato un ruolo centrale sia all'interno della Nato che nel panorama internazionale, come l'unico che può vantare un canale di dialogo sia con Mosca che con Kiev.
Una ribalta ottenuta grazie al riscontro che la mediazione turca ha avuto da parte del Cremlino e Kiev, che ha portato i ministri degli Esteri di Russia e Ucraina a incontrarsi ad Antalya lo scorso 10 marzo e che è riuscita a spostare il negoziato in corso dall'inizio del conflitto tra le delegazioni dei dei due Paesi da una sconosciuta localita' della non neutrale Bielorussia a Istanbul.
I tentativi di Erdogan di porre in essere una mediazione vanno avanti da ben prima dell'invasione russa e trovano origine anche nella crisi economica che affligge la Turchia, la peggiore negli ultimi 20 anni.
Il presidente turco ha più volte ribadito che la Turchia "non può permettersi di perdere nè la Russia nè l'Ucraina".
I due Paesi, oltre ad essere al primo e al terzo posto per presenze di turisti in Turchia, la cui economia conta moltissimo sul settore, hanno infatti in piedi importanti accordi commerciali, energetici e nell'industria della Difesa.
Secondo la Confindustria turca le sole prime due settimane di conflitto sono costate circa 50 miliardi di dollari ad Ankara.
Un motivo che ha spinto Erdogan a non prendere neanche in considerazione la possibilità di sanzionare Mosca.
Una mossa che Ankara semplicemente non può permettersi, considerando anche i dati relativi l'inflazione del mese scorso, al 61.1%, record degli ultimi 20 (in pratica l'era Erdogan), +6.6% rispetto a Febbraio.
Numeri che hanno causato un aumento dei prezzi pari al 5,5% all'acquisto e al 9,2% alla produzione nel solo mese di Marzo.
Una caduta su cui la guerra ha inflitto un nuovo durissimo colpo, manifestandosi sull'aumento dei prezzi del carburante, saliti a cadenza quasi quotidiana, che ha portato il costo del diesel a un +32% nel solo mese di Marzo.
Altro riflesso della guerra è stato l'aumento dei prezzi dei generi alimentari del 4.7% solo a Marzo, dovuto alla crisi legata all'olio di girasole che proviene dall'Ucraina e avvenuto nonostante i controlli che Erdogan ha voluto presso i punti vendita per contrastare aumenti indiscriminati e speculazioni.
L'inflazione si era attestata al 36% alla fine del 2021 anche a causa dell'insistenza del presidente turco a porre in essere una strategia basata sul taglio dei tassi di interesse, mirata a garantire la crescita economica, ma disastrosa per l'inflazione e per il cambio della lira turca, che nel 2021 ha perso il 40% del proprio valore rispetto a dollaro ed euro.
Problemi che la Turchia si trova a fronteggiare da sola eppure comuni a molti, considerato che l'inflazione ha fatto registrare il record degli ultimi 40 anni negli Usa, degli ultimi 30 in Gran Bretagna e il record nella storia dell'Ue. Risultato della crisi derivata dalla pandemia, ma su cui la guerra in Ucraina ha inciso duramente, alla luce della recente invasione russa dell'Ucraina, che ha fatto schizzare alle stelle il prezzo del gas e del petrolio.
Per una economia che punta molto sulle importazioni come quella turca, già fragile di per se e con una moneta instabile, la crisi globale ha causato un nuovo amento dei prezzi e un'accelerazione dell'inflazione Ankara d'altra parte non possiede giacimenti energetici propri e l'aumento dl prezzo degli idrocarburi e' destinato a colpire ulteriormente l'economia turca.
La lira turca, stabile da gennaio, è tornata a vedere il proprio valore corrodersi negli stessi giorni in cui i carri armati russi hanno iniziato a colpire l'Ucraina.
Il salto che l'inflazione ha compiuto a Marzo è l'ultima brutta notizia per Erdogan, un ulteriore impulso ad accelerare gli sforzi per una mediazione che sembrava vicinissima solo pochi giorni fa a portare Putin e Zelensky allo stesso tavolo, ma è ora di nuovo impantanata sullo scambio di accuse per la strage di Bucha.
Il presidente turco sa bene di aver guadagnato consensi tra gli elettori rilanciando l'immagine della Turchia sul piano internazionale, ma sa altrettanto bene che ogni giorno in più di conflitto pesa tantissimo sull'economia turca.
Con le elezioni previste nel 2023 Erdogan è chiamato a trovare soluzioni per un appuntamento con le urne che per lui sarà l'ultimo, occasione irripetibile per allungare la sua era che ha segnato indelebilmente la storia della Turchia.