AGI - Quattro nazioni in 23 ore di viaggio. E’ quanto separa l’Italia dalla guerra. A misurare il percorso è stato il pullman della missione organizzata dal gruppo di cittadini genovesi riunioni sotto il nome di “Movimento spontaneo delle persone per le persone” che ha portato aiuti umanitari a Medyka, al confine tra Ucraina e Polonia, con l’obiettivo di rientrare domani in Italia mettendo in salvo 69 persone fuggite dalle bombe. Confine dove i volontari allertano contro il pericolo di "sciacallaggio" e persino contro il rischio della "tratta di esseri umani" per quanto riguarda i bambini.
Agi sta seguendo il viaggio a bordo del convoglio: partiti alle 8 di ieri da Genova, i mezzi sono arrivati questa mattina alle 6 nella cittadina polacca. Ad accoglierli il sole e una temperatura di 4 gradi sotto zero.
Nel piazzale di fronte al “Centrum Pomocy Humanitarnej”, un deposito in disuso, è stato creato un punto di prima accoglienza che ogni giorno accoglie in media 800 persone, come spiegato da Gianni Marchegiani, presidente dell’Isfo e responsabile del raggruppamento operativo emergenze di Roma, che coordina la missione italiana in quest’area del confine.
“Siamo al quindicesimo giorno: qui c’è un turnover quotidiano. Le persone arrivano e stanno solitamente una notte - racconta - In Italia si riversa un flusso di 4-500 persone al giorno: facciamo partire la media di 6 pullman quotidianamente. Offriamo non solo da mangiare, ma anche un posto letto, dell’intrattenimento e dell’orientamento per coloro che andranno in Italia, in stretto coordinamento con le autorità locali”.
Uno dei passaggi cruciali è coordinare gli aiuti: “Non abbiamo più necessità di vestiti, di generi alimentari: abbiamo i magazzini stracolmi - spiega Marchegiani - Questo porta una criticità. Altro problema è quando sul piazzale si presentano italiani che partono sporadicamente, senza concordare data e orario perché rischiano di ripartire vuoti. Queste sono persone che devono riscrivere la loro vita, scappando dalla guerra: sono molto dignitose e su di loro facciamo un lavoro di orientamento che richiede un po’ di tempo”.
Nella struttura i profughi dormono: quando entriamo, intorno alle 7, troviamo le distese di materassi occupati. Avvolti tra le coperte, appena svegli, o già in piedi da un po’ ci sono donne di ogni età e tantissimi bimbi.
“Qui abbiamo il 40% di minori - sottolinea Marchegiani - E’ capitato e sta capitando che arrivino persone malintenzionate che si avvicinano ai profughi, ma col supporto della polizia vengono individuati. Il rischio è alto non solo verso i minori, ma anche verso le donne che, a causa della situazione di disperazione in cui si trovano, rischiano di essere avvicinate da chi ne vuole favorire la prostituzione”.
Per questo, fuori dal centro e non solo, le decine di volontari presenti, schierati dietro ai banchetti che offrono cibo e bevande calde, consegnano anche un volantino in cui si invitano i rifugiati a seguire alcuni accorgimenti per “non diventare vittime del traffico di esseri umani”, si legge: si consiglia ad esempio di non consegnare il proprio documento o il proprio telefono a nessuno e di non pagare per un aiuto o un posto dove ripararsi appena superato il confine.
Ma anche di rivolgersi esclusivamente ai volontari. Questi ultimi sono spesso scout, giovanissimi, tra di loro Joanna e Sasha: entrambi indossano gilet gialli fosforescenti con su scritte a pennarello le lingue che conoscono. “Quelli che arrivano qui proseguono principalmente per la Germania e l’Italia - spiega Joanna - ma qualcuno chiede in Polonia”.
Sasha invece ci tiene a ringraziare gli aiuti arrivati, “specialmente dall’Italia: questo posto è sommerso dalla vostra generosità”. Intanto la missione genovese ha recuperato i primi 40 rifugiati: a bordo del pullman, già moltissimi minori. Ora si prosegue con una tappa a Cracovia, per recuperare altre persone.