AGI - Nicolaus Fest, eurodeputato dell'Afd, la formazione di estrema destra tedesca, ha esultato in una chat interna del partito per la scomparsa del presidente del Parlamento europeo, David Sassoli. "Finalmente questo bastardo se n'è andato", ha scritto in un gruppo WhatsApp secondo quanto riporta un emittente tedesca che sostiene di avere lo screenshot del messaggio. Fest ha definito Sassoli "un antidemocratico, una vergogna per qualsiasi idea parlamentare".
Il leader del partito, Jorg Meuthen, ha preso le distanze dalle dichiarazioni di Fest. "Una tale affermazione su un collega che è appena morto dopo una grave malattia è inquietante, profondamente ripugnante e imperdonabile", ha detto Meuthen ad Ard.
Chi è Nicolaus Fest
Tra gli auspici di morte per Angela Merkel e la definizione dell’Islam come “movimento totalitario”, non è certo nuovo alle cronache politiche tedesche il nome di Nicolaus Fest, l’eurodeputato che ha esultato per la scomparsa di David Sassoli (“finalmente questo sporco maiale se n’è andato”, ha scritto su una chat interna al partito dell’ultradestra).
Tanto più perché l’esponente dell’Afd è il figlio di uno dei maggiori storici della Germania del dopoguerra, quel Joachim Fest noto in tutto il mondo come autore di quella che per decenni è stata la principale biografia di Adolf Hitler.
Oggi gli stessi vertici della formazione nazional-populista prendono le distanze dalle affermazioni di Fest jr (“Una tale affermazione su un collega che è appena morto dopo una grave malattia è inquietante, profondamente ripugnante e imperdonabile”, ha detto il leader Joerg Meuthen all’emittente pubblica Ard), ma certo non si tratta della prima “esternazione” dell’eurodeputato che abbia scatenato pesanti polemiche: nel 2018, per esempio, in un dialogo tra cittadini organizzato da un’associazione distrettuale dell’Afd, Fest aveva evocato che la cancelliera Merkel venisse “abbattuta”, affermazione definita “pietosa” dal vicepresidente del Bundestag, Wolfgang Kubicki.
Cresciuto ad Amburgo e laureatosi in giurisprudenza all’Università Humboldt di Berlino, il 59enne Fest ha un passato nell’editoria (tra l’altro presso Gruener + Jahr), per diventare nel 2013 caporedattore cultura della Bild Zeitung, il principale tabloid della Germania.
Membro dell’Afd dal 2016, viene candidato senza successo al Bundestag nel 2017, ma riuscirà a farsi eleggere due anni dopo all’Europarlamento. Nel partito dell’ultradestra non è comunque un passante: dal 2020 al 2021 è stato anche membro della segretaria commissariale dell’Afd.
Tra le polemiche per cui è più noto, quella causata da un articolo apparso nel blog nel quale definì “primitivi e maligni” i gruppi di “giovani arabi, turchi o africani”, aggiungendo che la Germania aveva “chiesto lavoratori ospiti ma ha trovato marmaglia”.
Frasi che gli hanno fruttato nel 2017 una denuncia presso la Procura di Berlino, poi archiviata. Fatto sta che l’hashtag sulla “marmaglia” era diventato un trending topic su Twitter. Nel luglio 2014, l’attuale eurodeputato Afd aveva scritto un commento per il domenicale della Bild, nella quale affermò che l’Islam rappresenterebbe “un impedimento all’integrazione”: finanche l’allora direttore del tabloid, Klaus Diekmann, dovette prendere le distanze.
Uno dei bersagli preferiti dell'esponente di AFD è stata Angela Merkel: in un articolo per la Junge Freiheit – un foglio della cosiddetta ‘nuova destra’ – Fest aveva tracciato paralleli tra lo stile di governo della cancelliera e la presa di potere dei nazisti nel 1933, motivo per cui i tedeschi dovrebbero “svegliarsi e prendere la politica nelle proprie mani”.
L’uscita sull’Islam come realtà “totalitaria” è invece del 2016: nell’occasione chiese anche l’immediata chiusura di tutte le moschee in Germania. Fin troppo facile in queste ore ricordare che Nicolaus Fest è figlio dello storico Joachim Fest, per anni anche presente nel board editoriale della Frankfurter Allgemeine Zeitung, celeberrimo per la sua monumentale biografia di Hitler, pubblicata per la prima volta nel 1973.
Considerato uno delle opere di riferimento sulla vita del Fuehrer, il volume ha ricevuto anche delle dure critiche negli anni: in particolare per non aver affrontato in modo esaustivo i pogrom nazisti del 1938, aver del tutto tagliato fuori il tema delle leggi sulla razza e per aver relegato in poche pagine la questione dell’Olocausto.