In Virginia vince il repubblicano Glenn Youngkin
AGI - Quando nella costa est è mezzanotte e mezza la Cnn dà la notizia che Joe Biden non voleva sentire: in Virginia ha vinto il candidato repubblicano alla carica di governatore, sconfiggendo quello che, fino a tre mesi fa, era il grande favorito. In un anno l’effetto Biden in Virginia è evaporato: dopo aver conquistato lo Stato con dieci punti di vantaggio su Donald Trump, i democratici hanno perso la corsa a nuovo governatore, dodici anni dopo l’ultima volta.
Chi è il nuovo governatore della Virginia
Il repubblicano Glenn Youngkin, 54 anni, master ad Harvard, il manager milionario politicamente scorretto, quello capace di infrangere ogni tabù democratico, ha vinto nella notte con circa tre punti di vantaggio sul democratico Terry McAuliffe e con il 95 per cento dei voti scrutinati. Youngkin ha condotto fin dal primo spoglio dei voti, quando è andato subito avanti. Molti analisti si erano affrettati a ricordare che in Virginia le cose erano andate così anche un anno fa: Trump era partito forte, per poi cedere nella notte a Biden. E quindi in tanti erano convinti che McAuliffe avrebbe recuperato, soprattutto confidando nel voto della contea di Fairfax, una delle più grandi, di anima democratica, l’ultima a essere conteggiata. Ma non è andata così.
Gli elettori conservatori sono stati più motivati, sono andati in massa a votare. C’è stata un’affluenza straordinaria, che ha superato i tre milioni di votanti, più di mezzo milione rispetto al 2017. Se Biden aveva pensato di spaventare l’elettorato, avvertendo che “ogni voto a Youngkin” sarebbe stato “uno dato a Trump”, ha sortito l’effetto opposto: il referendum tra lui e Trump è stato vinto dall’ex presidente.
Anche i conservatori più tiepidi si sono vestiti e sono andati ai seggi a votare. Anche McAuliffe aveva martellato sull’equazione Youngkin uguale Trump. Altra benzina sul fuoco della rabbia dei trumpiani, che non aspettavano altro per prendersi una rivincita.
Non solo un voto di rivalsa
Ma pensare solo a un voto di rivalsa sarebbe un errore. Dagli exit poll era uscito un dato che aveva spaventato i democratici: a votare per il repubblicano sono stati molti indipendenti, né di destra né di sinistra. Non solo nelle zone rurali della Virginia ma in quelle ad alta densità scolastica. Youngkin, che ha liquidato le questioni transgender e promesso di mettere da parte i programmi didattici di critica alla teoria delle razze, ha intercettato la rabbia dei genitori degli studenti, perplessi sull’obbligo vaccinale. Il candidato repubblicano si è schierato a favore del vaccino, ma contro l’obbligo per i dipendenti pubblici. Ha utilizzato un linguaggio meno violento rispetto a quello trumpiano, ma non ha mai preso le distanze dall’ex presidente.
Di fatto, Youngkin ha indicato ai conservatori una terza via: trumpiano ma non troppo. Arrabbiato, ma non con le vene gonfie al collo. Il resto lo hanno fatto i democratici, apparsi poco eccitanti da motivare gli elettori a riversarsi ai seggi come un anno fa per le presidenziali. Alle dieci e mezzo di sera McAuliffe due ore prima della sconfitta, era uscito per ringraziare gli elettori e la famiglia, regalando battute e sorrisi, e un accenno di danza festosa, in un contesto surreale, visto che i dati nei sottopancia televisivi mostravano il vantaggio di Youngkin di oltre quattro punti, e 130mila voti, con l’87 per cento dello spoglio delle schede. Uscire con il sorriso, ma convinti che il presidente Biden non sarà molto contento.
La parola Virginia non evoca belle sensazioni alla Casa Bianca: se dalla West Virginia arriva il senatore centrista Joe Manchin, che ha messo a rischio l’agenda Biden su Welfare e clima, dalla Virginia è arrivato il segnale negativo che tutti temevano. E che darà spinta a Trump verso il suo grande obiettivo: ricandidarsi per le presidenziali 2024, consapevole di non aver perso il contatto con la sua base.
A New York secondo sindaco nero
Negli stessi minuti del verdetto in Virginia, la battaglia per il governatore del New Jersey era molto più equilibrata, ma anche qui tendente a destra, con un testa a testa tra il democratico Phil Murphy e il repubblicano Jack Ciattarelli che, con il 75% dei voti scrutinato, era avanti di oltre un punto. Nessuna sorpresa, invece, a New York: può succedere qualsiasi cosa nel Paese, ma i newyorkesi restano progressisti. L’ex tenente di polizia Eric Adams ha vinto nettamente la sfida con il fondatore dei Guardian Angels, Curtis Sliwa. Il successo di Adams è stato dichiarato appena dieci minuti dopo la chiusura dei seggi. È il secondo sindaco afroamericao della storia di New York, più di trent’anni dopo la vittoria di David Dinkins. A Boston, invece, è stata eletta per la prima volta una donna, Michelle Wu, 36 anni, primo sindaco americano di origine asiatico, figlia di immigrati di Taiwan.