AGI - Terza luce verde al semaforo: l’ultimo ostacolo è caduto, a giorni partiranno le trattative formali tra i socialdemocratici (Spd), i Verdi e liberali (Fdp) per formare il primo governo dopo i sedici lunghissimi anni di ‘regno’ merkeliano.
Dopo i vertici dell’Spd ed il ‘piccolo congresso’ del partito ambientalista, anche l’Fdp di Christian Lindner ha approvato il via libera al governo ‘semaforo’, che potrebbe portare la Germania alla più significativa svolta politica da vari decenni a questa parte.
“Ora ci avviamo sulla strada dell’assunzione di responsabilità per la Germania”, scandisce Lindner dopo che il vertice ed il gruppo parlamentare dell’Fdp hanno votato (peraltro all’unanimità) a favore della sua raccomandazione di partecipare ai negoziati ufficiali con l’Spd di Olaf Scholz e i Verdi di Annalena Baerbock e Robert Habeck.
“Vediamo le opportunità ma anche le sfide”, aggiunge il leader dei liberali, spiegando che se da una parte “è chiaro che ci sono grandi differenze nei contenuti”, è altrettanto vero che “la Germania ha bisogno di un governo stabile”.
Alla luce dei diversi approcci, sui quali “non ci devono essere illusioni”, è però necessario che da tutte le parti si sia “pronti a pensare in modo nuovo”, insiste Lindner.
Che ha voluto ribadire che il risultato delle elezioni federali del 26 settembre non implica “nessuno scivolamento a sinistra” della Germania, e che l’alleanza ‘semaforo’ (il nome deriva dai colori caratterizzanti i tre partiti) dovrà essere “un governo di centro”.
Certo non mancheranno gli ostacoli sulla strada verso il futuro esecutivo tedesco: nel documento comune che i leader dei ‘coalizzandi’ hanno sottoscritto insieme venerdì scorso sono delineati diversi obiettivi condivisi, ma sono rimasti irrisolti alcuni potenziali conflitti.
Tra i punti sui quali si è trovato un pre-accordo, l’impegno a non aumentare le tasse ai redditi più alti e alle imprese, come richiesto dai liberali, così come a non toccare il ‘freno al debito’.
Tra i punti ‘incassati’ invece dai socialdemocratici, l’aumento del salario minimo a 12 euro, mentre i Verdi hanno portato a casa una maggiore celerità nello sviluppo delle energie rinnovabili, un pacchetto di investimenti immediati per la lotta ai cambiamenti climatici ed una più rapida uscita dal carbone (nel caso “ideale”, così si afferma nel testo, al 2030).
Uno degli esponenti più in vista dell’Fdp, Alexander Graf Lambsdorff, ha parlato a proposito del documento varato giorni fa “di un nuovo inizio”, in cui si trovano “molti elementi liberali”, anche se il segretario generale dei liberali, Volker Wissing, ha ammesso che “devono essere chiarite molte questioni”.
Tanto per cominciare, comincia a delinearsi un braccio di ferro su uno dei posti chiave del futuro governo: in particolare, i liberali e i Verdi stanno contendendosi il ministero alle Finanze, dicastero attualmente guidato da Scholz (il quale si trasferirà ovviamente alla cancelleria se i negoziati saranno coronati da successo).
Proprio Lindner ha più volte detto chiaramente di voler essere lui ad intestarsi le Finanze, da anni il ministero più centrale del governo tedesco almeno dai tempi dell’eurocrisi, quando quella poltrona era occupata dal ‘falco’ Wolfgang Schaeuble.
Ma anche i Verdi puntano alle Finanze, e non sembrano disposti a cedere tanto facilmente: sia perché gli ambientalisti vogliono vedere alle Finanze il loro co-leader Robert Habeck, sia perché come seconda forza per numero di voti ottenuti alle urne la prima scelta spetterebbe ai Verdi.
Un tempo era il ministero degli Esteri quello più ambito, e non a caso quando nel 2009 Angela Merkel si coalizzò con l’Fdp, gli Affari esteri andò all’allora capo dei liberali, Guido Westerwelle.
Si tratta di un tema non indifferente anche dal punto di vista europeo: Lindner è considerato un rigorista sui temi del debito, del Patto di stabilità, degli investimenti, i Verdi già in tempi non sospetti si erano dichiarati favorevoli alla condivisione del debito e ad una maggiore solidarietà nei confronti. Oltretutto, si tratta di un ministero cruciale per il mantenimento di alcune delle più rilevanti promesse elettorali.
Ora hanno cominciato a posizionarsi alcuni esponenti più in vista: tra i liberali, il vice dell’Fdp Wolfgang Kubicki e Marco Buschmann fanno sapere che dovrebbe essere Lindner ad ottenere il punto, mentre tra i Verdi hanno cominciato a far fronte per Habeck si sono mossi l’eurodeputato Sven Giegold e Danayal Bayanz, che si occupa di Finanze nel Land del Baden Wuerttemberg.
Il co-leader degli ambientalisti per ora mostra cautela: “C’è concorrenza, su questo non c’è dubbio. Ma ora sarebbe opportuno non lanciarsi in speculazioni”. Anche il leader dell’Spd, Norbert Walter-Borjans, ha cercato di gettare acqua sul fuoco: “Mi aspetto che tutti si attengano a quanto abbiamo deciso insieme: parlare prima dei contenuti, poi delle persone”.
Tra le altre possibili novità di un futuro esecutivo post-Merkel, quella di un ministero per il clima, ipotizzato proprio da Lindner: a Berlino non manca chi ipotizza che possa essere questa la moneta di scambio immaginata dai liberali in cambio delle Finanze.