AGI - Peggiora di ora in ora la situazione della sicurezza nella capitale afghana Kabul: meno di una settimana dopo la presa di potere dei talebani, la folla continua ad accalcarsi all’aeroporto per cercare di andarsene dal Paese, ma tutti gli osservatori internazionali stimano che le possibilità di fuggire sono sempre meno, e che entro pochi giorni non ci saranno più voli. La sintesi più drammatica è nel titolo di apertura del Daily Mail, che cita fonti vicine al governo britannico: Last flights “on Tuesday”, ovvero martedì ci saranno gli ultimi voli per permettere ai connazionali e ai loro collaboratori di tornare in Gb.
Le fonti in Afghanistan riferiscono di una situazione della sicurezza degenerata, mentre i giornalisti internazionali che restano a presidiare sono sempre meno e anche la presenza dei diplomatici si sta riducendo. Numerosi testimoni sono sicuri che ci siano stati diversi morti nella calca, almeno 3 secondo il reporter di Sky News.
Tra le migliaia di afghani che sfidano calca, spari e frustate dei talebani per fuggire, ci sono le collaboratrici della Fondazione Pangea Onlus, organizzazione milanese che si occupa da 18 anni di emancipazione femminile in Afghanistan, attraverso il microcredito, come ha raccontato all’AGI Silvia Redigolo.
L'ambasciata Usa agli americani, "evitate di andare all'aeroporto"
Vista la situazione particolarmente pericolosa, l’ambasciata Usa ha consigliato agli americani di evitare di andare all’aeroporto, “a meno che non si ricevano istruzioni individuali da un rappresentante del governo” mentre la Svizzera ha deciso di rinviare il decollo di un aereo charter proprio a causa del caos. Gli Stati Uniti hanno reso noto che vi sono "minacce", anche da parte dell'Isis, di attacchi all'aeroporto di Kabul, dove sono impegnati i soldati americani nell'ambito delle operazioni di evacuazione. Il timore, spiegano alcuni media Usa, è che la branca afghana dell'Isis possa approfittare della confusione intorno all'aeroporto per attaccare cittadini americani.
Stime Nato parlano di 12mila persone già partite
Il Pentagono non ha escluso che i soldati americani possano uscire dall’aeroporto per andare a cercare le persone da evacuare. Secondo le stime della Nato, sono circa 12 mila le persone, fra stranieri e collaboratori afghani, che sono già partiti dall’ingresso dei talebani nella capitale. Attraverso i loro portavoce, i talebani ostentano disponibilità per aiutare nell’evacuazione, ma la propaganda degli studenti coranici sui social attacca gli Stati Uniti per l’assenza di un piano efficace di partenze. Il Pentagono ha però confermato che ci sono contatti regolari soprattutto con chi gestisce i checkpoint di Kabul, con l’obiettivo di “fare uscire il maggior numero di persone”.
Intanto, nel nord, le milizie della resistenza locale hanno ripreso, secondo le fonti di stampa afghane, tre distretti della provincia di Baghlan e Ahmed Massoud ha smentito qualsiasi intenzione di resa.
Il cofondatore e numero due dei talebani, Abdul Ghani Baradar, è giunto a Kabul. Il mullah, che dirigeva dal Qatar l’ufficio politico dei talebani, incontrarà “responsabili jihadisti e politici per la creazione di un governo inclusivo”, ha detto un portavoce del movimento. Anche Khalil Haqqani, uno dei terroristi più ricercati dagli Usa, è stato visto a Kabul: ha incontrato, secondo le immagini diffuse sui social pro-talebani, Gulbuddin Hekmatyar, uno dei “signori della guerra”, considerato particolarmente crudele per avere bombardato la capitale durante la guerra civile degli anni ’90 e per questo soprannominato “il macellaio di Kabul”.
Sui social network circola il video in cui un gruppo di combattenti, vestiti con le divise di cui si sono impadroniti con la resa dell’esercito afghano, pianta una bandiera bianca con i versetti coranici, scimmiottando la famosa foto dei marines che piantano una bandiera Usa nell'isola giapponese di Iwo Jima durante la seconda guerra mondiale, e provocando grande indignazione non solo negli Stati Uniti.