AGI - Nel Nord-Ovest dell'Afghanistan infuria la battaglia, alla luce del ritiro delle truppe internazionali e dell'avanzata dei talebani che stanno guadagnando terreno e mettono a dura prova le forze di sicurezza locali.
Decine di distretti sono già caduti nelle mani dei miliziani, mentre ci sono timori che nel giro di sei mesi possa arrivare a cadere la stessa capitale.
Il presidente Ashraf Ghani ha sostenuto che le forze governative hanno la capacità di gestire la situazione ma ha riconosciuto che si tratta di "una delle fasi più complicate della transizione".
Le forze armate hanno inviato centinaia di uomini a Qala-i-Naw, centro principale della provincia nord-occidentale di Badghis, sotto attacco da parte dei talebani, per evitare che cada: sarebbe il primo capoluogo a essere conquistato. La città di 65 mila abitanti è nel caos e c'è anche stata una fuga di massa dalla prigione. "Oltre 200 detenuti hanno forzato il cancello e sono scappati", ha riferito il responsabile del consiglio provinciale, Abdul Aziz Bek.
I miliziani hanno fatto conquiste sostanziali, soprattutto nel Nord del Paese, dopo che la settimana scorsa la missione Nato si è di fatto conclusa e le truppe straniere hanno abbandonato la base di Bagram, fuori Kabul.
L'addio nottetempo dal complesso militare, senza che le forze afghane ne fossero a conoscenza, ha creato malumore ma il Pentagono si è difeso, citando ragioni di segretezza. "Non è una dichiarazione di stima o meno rispetto ai nostri partner afghani", ha assicurato il portavoce della Difesa Usa.
Dopo Washington, che ha annunciato il completamento del ritiro oltre il 90%, anche il premier britannico Boris Johnson ha confermato oggi che quasi tutte le truppe di Sua Maestà hanno lasciato il Paese.
Il capo di Downing Street, parlando ai Comuni, ha riconosciuto di essere "in ansia" per il futuro dell'Afghanistan ma ha sottolineato che "la minaccia" che ha condotto la comunità internazionale a impegnarsi sul terreno "è diminuita notevolmente" e ha esortato i talebani di mantenere gli impegni ricordando che "non esiste una via militare alla vittoria".
L'addio della Nato apre spazi per l'intervento di altri protagonisti, a cominciare dall'Iran: il ministro degli Esteri, Mohammad Javad Zarif, ha accolto a Teheran delegazioni delle due parti, dicendosi pronto a guidare i negoziati in precedenza mediati dagli Usa in Qatar.
Washington "ha fallito" e ora spettano all'Afghanistan "decisioni difficili per il futuro del Paese".
Da parte sua, il Tagikistan ha fatto appello al blocco militare dei Paesi ex-sovietici a guida russa (Collective Security Treaty Organisation) per essere aiutato a gestire l'instabilità al confine con l'Afghanistan.
Da Mosca, il ministro degli Esteri, Serghei Lavrov, ha assicurato che la Federazione è pronta a usare la sua base militare nel Paese centro-asiatico per assicurare la sicurezza dei suoi alleati.