AGI - Il Digital Markets Act (Dma) non danneggia solo Google, ma anche “i piccoli business”, mettendo “a rischio la ripresa” post pandemia. Matt Brittin, presidente Emea Business & Operations di Google commenta in modo netto il quadro legislativo che l'Ue sta discutendo per limitare il potere delle grandi compagnie digitali.
La normativa si basa sul concetto di “gatekeeper”, cioè di alcune grandi piattaforme che controllano l'accesso al mercato digitale. Il Dma “punta a garantire un comportamento corretto”, limitando alcune vincoli, vietando ad esempio di riserva trattamenti favorevoli ai propri prodotti. La critica di Brittin – intervenuto in un incontro con la stampa italiana - insiste soprattutto su tre punti. Il primo: limitare alcune funzionalità (come integrare servizi di ricerca e mappe) rischia di rallentare lo sviluppo digitale delle Pmi.
La normativa, ha spiegato, “si focalizza su cinque grandi compagnie”, senza considerare le ricadute sulle più piccole. Senza integrazione tra ricerca e Maps, ad esempio, potrebbe diminuire la visibilità online di Pmi e negozi. Utenti e clienti europei rischierebbero quindi di avere “un'esperienza Internet di serie B”.
Il secondo tema riguarda la sicurezza. Brittin ha sottolineato che “Google permette di trovare quello che cerchi in modo sicuro”. In altre parole: se si limita l'efficacia dei servizi di Mountain View, c'è il rischio che gli utenti ne utilizzino altri, meno presidiati, sia per scaricare applicazioni sia per cercare informazioni online.
La terza critica riguarda la “openness”. Il Digital Markets Act mancherebbe del tutto il suo obiettivo principale, ossia “rendere il mondo digitale più competitivo”. Un traguardo che dovrebbe essere raggiunto, secondo Google, non vietando ma sostenendo sistemi aperti (come Android). “Avere più scelta è una buona cosa. Ed è ragionevole che le aziende siano controllate e abbiano certezza del diritto. Ma dovrebbe valere per tutte, indipendentemente dalle dimensioni”, ha sottolineato Brittin. Non sorprende che Google difenda sé stessa e il suo sistema operativo. Ma il manager ne fa anche una questione di approccio: con il Dma, “l'Ue sta perdendo l'opportunità di darsi norme in grado di influenzare il resto del mondo, come ha fatto con il Gdpr”.
“Il Dma – ha aggiunto Bartlomiej Telejko, Public policy manager Ue – si limita a dire che Google non può aggregare i propri prodotti, senza tenere conto degli interessi degli utenti. Questo potrebbe avere conseguenze impreviste, come servizi meno efficaci e maggiori rischi per la privacy”.
Brittin riconosce la necessità di tracciare nuove regole: quelle attuali “sono state scritte vent'anni fa, quando gli strumenti che usiamo oggi non erano neppure stati previsti”. Il presidente Emea Business & Operations apre anche a una revisione degli algoritmi basata sugli output ma non a una maggiore trasparenza del codice. Sa che “non tutte le richieste di Google potranno essere accolte”, ma chiede una mediazione: Mountain View vuole assicurare “regole giuste” che “incoraggino l'innovazione” e “supportino la ripresa economica”. Il Dma non sarebbe invece “il giusto punto di equilibrio”. E se venisse approvato così com'è, cosa farebbe Google? Su questo, per ora, no comment.