AGI - Scontro totale tra i vescovi cattolici americani e Joe Biden. Con una schiacciante maggioranza (168 sì e 55 no) la Conferenza episcopale Usa, l'Usccb, ha approvato un documento formale "sul significato dell'Eucarestia nella vita della Chiesa" che potrebbe impedire al capo della Casa Bianca e agli altri politici cattolici favorevoli al diritto all'aborto di fare la comunione. Sei vescovi si sono astenuti.
Commentando a caldo, il presidente ha detto che "si tratta di una questione privata", ha manifestato "dubbi" sul fatto che il bando possa essere approvato, ma ha rinviato il giudizio, facendo sapere che ne parlerà "lunedì quando avrò letto il documento".
Dura e immediata è stata invece la reazione dei deputati democratici cattolici capeggiati da Alexandria Occasio-Cortez che chiedono ai vescovi di "non usare la comunione come arma politica. In una "dichiarazione di principio" firmata da 60 parlamentari, i dem cattolici citano Papa Francesco, quando all'Angelus del 6 giugno ha sostenuto che "l'Eucarestia non è il premio dei santi ma il pane dei peccatori". Un concetto ribadito dal Vaticano in una lettera inviata al presidente della Usccb, il conservatore José Gomez, alla vigilia dell'assemblea annuale iniziata mercoledì in forma virtuale.
Già in campagna elettorale i vescovi americani avevano fatto capire che il loro cuore batteva per Donald Trump. Gomez si era complimentato con Biden il giorno dell'inaugurazione ma criticando le sue posizioni sull'aborto. Nel mirino dell'ala conservatrice della Chiesa statunitense, con il via libera al documento sulla "coerenza eucaristica", l'idoneità alla comunione di tutti coloro che ricoprono cariche pubbliche e sostengono legislazioni favorevoli all'interruzione di gravidanza, l'eutanasia, le unioni tra persone dello stesso sesso.
"Valuteremo l'intera questione della coerenza eucaristica, se si guarda al diritto canonico, questa è una decisione del vescovo", ha commentato Kevin Rhoades di Fort Wayne-South Bend, Indiana, presidente del Comitato episcopale sulla dottrina, che inizierà a lavorare sul testo in vista dell'assemblea generale dei vescovi statunitensi di novembre che potrebbe votare il documento per negare la comunione a Biden. Occorre una maggioranza dei due terzi, quorum ampiamente superato con il voto odierno. L'ultima parola spetterebbe comunque al Vaticano.
La maggioranza è stata schiacciante ma il dibattito è stato infuocato. L'arcivescovo Mitchell Rozanski di Saint Louis, ha presentato una mozione proponendo di far precedere il voto da un dibattito senza limiti temporali, in modo tale che ogni vescovo potesse far sentire la propria voce.
È caduto nel vuoto l'invito all'unità che, in apertura dei lavori, il 16 giugno scorso, è stato lanciato dal nunzio apostolico negli Stati Uniti, monsignor Christophe Pierre. Portando il saluto e il "sostegno fraterno" di Papa Francesco, nel suo lungo discorso, Pierre ha ripetuto la parola "unità" per più di venti volte esortando a "non impantanarsi in complicati concetti teologici" e sottolineando che la Chiesa americana non ha bisogno di "inventare un nuovo programma perché esso esiste già ed è quello del Vangelo". "Quando il cristianesimo è ridotto a costume, a norme morali, a rituali sociali, allora perde la sua vitalità e il suo interesse esistenziale per gli uomini e le donne del nostro tempo".
Tra i contrari al documento, il cardinale Blaise Cupich di Chicago, vicino a Papa Francesco, che ha denunciato l'"ambiguità" della vicenda, chiedendo tempo per approfondire la questione. L'ultima volta che i vescovi votarono sulla comunione ai politici risale al 2004. Quasi all'unanimità stabilirono che la decisione deve essere lasciata ai singoli vescovi. Il verdetto finale sarà del Vaticano. Come andrà a finire? Lo scopriremo presto. Chissà quante volte nell'attesa della decisione Joe Biden guarderà la foto di Papa Francesco che è esposta nello Studio Ovale.