AGI - “Un risultato sensazionale”, lo definisce Paul Ziemiak, il capo organizzativo della Cdu, a urne ancora calde. In effetti, nel temutissimo voto in Sassonia Anhalt la Germania non si è assistito al sorpasso dell’ultradestra sui cristiano-democratici, come profetizzato dai sondaggi. Anzi, la Cdu è andata ben oltre le aspettative, ottenendo il 35,9% dei voti, staccando di oltre 13 punti l’Afd, che non va oltre il 22,7%.
Niente “spallata” dell’ultradestra, mentre il partito che fu di Adenauer e di Kohl vede aumentare, in barba alle lacerazioni interne, le chances per Armin Laschet, il suo contestato leader, nella corsa alla cancelleria dopo 16 anni di era merkeliana.
Nel dettaglio, stando alle proiezioni Infratest-dimap per il primo canale pubblico Ard, oltre all’Afd – che pure insiste nel dirsi “soddisfatta” del risultato, dato che comunque si conferma seconda forza politica in questo Land dell’ex Ddr – gli altri perdenti della contesa sono certamente l’Spd, che precipita all’8,3%, così come i Verdi, che vedono limitate le proprie ambizioni ad uno striminzito 6,5% dei consensi, sideralmente lontani dal 22% ottenuto nei sondaggi nazionali.
Altro dato importante la performance dei liberali dell’Fdp, che con il 6,4% dei voti supera la soglia del 5% riuscendo così a rientrare nel parlamento regionale, mentre la Linke, il partito della sinistra, ottiene il 10,9%: rappresenta un calo di oltre 5 punti rispetto al 2016, con ciò mettendo a segno il suo risultato storicamente peggiore in Sassonia Anhalt.
Per quanto riguarda l’Afd, è un risultato dal doppio taglio: da una parte la sua forza rimane quasi intatta rispetto all’exploit di cinque anni fa, dall’altra le promesse della vigilia che questo sarebbe stato “un voto shock”, la cui onda lunga si sarebbe sentita fino all’apertura delle urne nazionali di fine settembre, risultano come minimo smorzate.
In sostanza, a soli tre mesi e mezzo dalle elezioni federali, il voto della Sassonia Anhalt viene letto dai vertici della Cdu come “un segnale” per Berlino, allontanando almeno un po’ le ombre legate alle lacerazioni interne e ai dubbi circa la ‘debolezza’ del candidato Laschet. “Certo che ci porta una spinta per Berlino”, corre a dichiarare il capogruppo Cdu/Csu Ralph Brinkhaus, secondo il quale questo voto dimostra che i cristiano-democratici “sono capaci di governare anche con Laschet” alla guida.
Dal punto di vista delle costellazioni di governo, l’esito del voto sembra indicare la continuazione dell’attuale governo in Sassonia Anhalt con la coalizione formata da Cda, Spd e Verdi, anche se in teoria a questo punto sarebbero possibili pure una maggioranza formata da Cdu Verdi e liberali oppure un allargamento dell’attuale alleanza all’Fdp. “Io comunque parlerò con tutti i partiti democratici”, ha annunciato subito il governatore Haseloff.
Tra le fila dei socialdemocratici e dei Verdi la delusione è palpabile. La leader degli ambientalisti, Annalena Baerbock, anche lei in corsa alla cancelleria (peraltro con diverse chances di successo, stando ai sondaggi), non lo nega: “Certo, speravamo che andasse meglio”. Secondo lei, molti elettori hanno preferito concentrarsi sulla Cdu proprio essere certi dell’argine al partito dell’ultradestra, mentre a livello nazionale “la situazione di partenza delle elezioni federali di settembre sarà tutt’un’altra”. Tradotto: le sue speranze rimangono intatte. Similmente, anche il segretario generale dell’Spd, Lars Klingbeil, nega che il voto in Sassonia Anhalt abbia un significato nazionale: “E’ la polarizzazione del voto ad aver spinto Haseloff”, è la sua analisi.
Le grandi manovre in vista della formazione del nuovo governo della Sassonia Anhalt sono già iniziate. “Siamo a disposizione ad intavolare negoziati per un governo dei democratici”, ha detto la candidata di punta socialdemocratica Katja Paehle all’emittente Ard. In termini simili si sono espressi i Verdi: “Siamo pronti a colloqui”, afferma il capo organizzativo del partito ambientalista, Michael Kellner.
Per quanto riguarda l’Afd, di certo non intende vestire i panni della sconfitta. “Possiamo comunque dirci soddisfatti di questo risultato elettorale”, corre a dichiarare pochi minuti dopo la chiusura delle urne il leader del partito dell’ultradestra nel Land centro-orientale tedesco, Martin Reichardt.
Dalla vicina Turingia si è fatto sentire il capo della corrente nazional-populista (messa sotto osservazione dai servizi segreti interni del Verfassungschutz), ossia il controverso Bjorn Hoecke, che parla di un risultato “significativo”. Anche il leader nazionale dell’Afd, Tino Chrupalla, si dice “molto soddisfatto”: non solo l’ultradestra in Sassonia Anhalt oramai ha lo status di “partito di massa”, ma è evidente, così Chrupalla, che gli elettori hanno espresso “un voto fortemente conservatore”. Per lui il messaggio è chiaro: “I cittadini vogliono un governo formato da Cdu e Afd”. Ipotesi ad ora esclusa dai cristiano-democratici. “Questo voto è un argine verso la destra”, ha già detto il governatore Haseloff.
Anche se la “spallata” della Sassonia Anhalt è fallita, rimane tuttavia il tema “delle due Germanie”, ossia il “nuovo muro” che a 31 anni dalla riunificazione tedesca divide il Paese: questa volta con il marchio dell’ultradestra, che nei Laender dell’ex Ddr vanta una forza almeno doppia rispetto all’ovest: secondo partito in Sassonia Anhalt, l’Afd supera ampiamente il 20% dei consensi in Turingia, corre per essere primo partito in Sassonia, supera la Cdu in Brandeburgo ed è con ampio margine terzo partito in Meclemburgo.
Uno scenario opposto a quello nazionale, dove stando ai sondaggi nazionali divisi tra “le due Germanie” dall’istituto Forsa, dove i Verdi sono il primo partito all’Ovest con il 26% dei consensi, inseguiti per un solo punto dalla Cdu/Csu al 25%, mentre i socialdemocratici arrivano al 15% e l’ultradestra rimane schiacciata il 7%. Molto diverso lo scenario nei Laender dell’est, dove l’ultradestra con il 21% dei consensi sta a soli due punti di distanza della Cdu, al 23%. Qui i Verdi non vanno oltre il 12%, stessa percentuale peraltro raggiunta dall’Spd, mentre la Linke li supera ambedue al 13%.
È agli interrogativi di questo nuovo “muro” che le grandi forze politiche cercheranno di trovare una risposta convincente da qui al 26 settembre, quando le urne decideranno la Germania (e l’Europa) del futuro.