AGI - C'erano tanti studenti tra le 30 vittime e oltre 60 feriti nell'esplosione di un'autobomba a Pul-i-Alam, capoluogo della provincia afghana di Logar, a Est di Kabul.
Un attentato sanguinoso avvenuto alla vigilia del ritiro ufficiale delle truppe Usa dal Paese. Il presidente afghano Ashraf Ghani ha accusato i talebani di essere responsabili della carneficina.
L'esplosione è avvenuta vicino a una foresteria: un tempo residenza del capo del consiglio provinciale di Logar, Abdul Wali Wakil, l'edificio attualmente era utilizzato da quanti, arrivati nel distretto, lo sceglievano al posto degli alberghi.
Al momento ospitava diversi studenti delle scuole superiori, arrivati in città per sostenere la prossima settimana l'esame di ammissione all'università.
L'edificio è crollato e tanti sono rimasti sepolti dai detriti. Ad esplodere è stato un camion che si è avvicinato all'area: l'autista, secondo Tolo News, aveva detto di trasportare aiuti per la popolazione da parte di una ong. Nell'attentato sono stati danneggiati anche un ospedale e una casa privata.
Il presidente degli Stati Uniti Joe Biden ha annunciato ad inizio di aprile che tutte le truppe americane lasceranno l'Afghanistan entro il 20esimo anniversario degli attacchi dell'11 settembre 2001; una decisione che non è piaciuta ai talebani che avevano firmato un accordo con il precedente presidente, Donald Trump, concordando che tutte le truppe avrebbero lasciato il Paese entro il primo maggio.
E man mano che si avvicina la data del ritiro dei 2.500 soldati statunitensi, il livello della violenza aumenta. D'altra parte, i tentativi diplomatici di arrivare a un accordo di pace sono miseramente falliti; e così gli scontri tra i talebani e le forze di sicurezza sono continui.
Tra l'altro proprio oggi decine di afghani che hanno lavorato in questi anni come interpreti per le forze armate statunitensi si erano riuniti, in un quartiere di Kabul: hanno paura di finire nel mirino dei talebani non appena i soldati Usa se ne andranno e chiedono a Washington di non lasciarli indietro.
"Quello che chiediamo è che ci portino negli Stati Uniti. E questo è quello che ci hanno promesso", ha spiegato Mohamad Shoaib Walizada, un interprete afghano che ha lavorato per le forze armate statunitensi tra il 2009 e il 2013.