AGI – Si potrebbe chiamare “sindrome Annalena”. Ossia quel fenomeno per cui l’annuncio, poco più di una settimana fa, della corsa verso la cancelleria di Annalena Baerbock, la leader dei Verdi, sembra aver scombinato gli equilibri politici tedeschi, con esiti a oggi imprevedibili per il futuro della Germania, e di conseguenza per le dinamiche d’Europa.
I sondaggi
Non solo copertine luccicanti sui settimanali e una sfilza di interviste in televisione e sui giornali: il fenomeno Baerbock in questa prima fase ha un impatto formidabile sui sondaggi, che vengono analizzati e dissezionati con grandissima attenzione e nervosismo nelle centrali degli altri partiti tedeschi, i cristiano-democratici di Angela Merkel in testa, ma certamente anche nelle altre capitali.
Uno dopo l’altro gli istituti demoscopici sembrano confermare la solidità del boom dei Verdi: dopo il primo rilevamento-shock dell’Istituto Forsa che segnava un loro fulmineo balzo al 28%, con ciò sorpassando di colpo la Cdu/Csu in crollo verticale, i sondaggi successivi rivelano lo stesso movimento tellurico nell’elettorato tedesco, a cominciare dall’ultimo, pubblicato dalla Bild, secondo il quale i “Gruenen” comunque stanno a pari merito al 23% con il partito che fu di Adenauer e di Kohl: storicamente un abisso per quest’ultimo, a maggior ragione se si pensa che alle elezioni del 2017 i Verdi si dovettero accontentare dell’8,9% e l’unione conservatrice si attestava al 32,9%.
Il voto del 26 settembre
La questione è tutt’altro che banale: la via per le elezioni federali del 26 settembre è ancora lunga, ma con gli attuali numeri sembra sempre più plausibile un governo che faccia del tutto a meno della Cdu/Csu, ossia formata da Verdi, Spd e liberali dell’Fpd. Un cambio di scenario completo, dopo 16 anni di impero merkeliano.
Con lo sguardo di oggi, la possibilità che sarà la quarantenne Baerbock a sedere sulla poltrona oggi occupata dall’ex ‘ragazza dell’est’ non è più soltanto una fantasia.
Una prospettiva che di sicuro scatena l’entusiasmo della base (i Verdi hanno segnato la settimana scorsa un boom delle iscrizioni senza precedenti), ma ovviamente apre anche interrogativi a non finire: sulla mancanza di esperienza di governo della leader verde (circostanza però controbilanciata dal fatto che i ‘Gruenen’ già stanno governando in 11 Laender su 16), ma anche e soprattutto sui programmi e le proposte politiche degli ambientalisti tedeschi in tutti i campi, ben oltre il tema della difesa del clima. Programmi e idee attualmente sottoposte a scrutinio non solo a Berlino, ma anche a Bruxelles.
Dal pacifismo all'esercito Ue
E qui arrivano le prime sorprese dai Verdi in salsa ‘governativa’: in un’ampia intervista rilasciata al domenicale della Frankfurter Allgemeine, Baerbock afferma che dovranno essere fatti “passi avanti” nella costruzione di un esercito europeo, dato che “le spese militari dell’Ue sono molto alte ma le capacità limitate, inefficienti: trovo sensato se l’unione per la sicurezza e la difesa europee vengono ulteriormente sviluppate”.
Gli analisti hanno preso subito nota, ricordando le tante marce pacifiste e per il disarmo nucleare fatte dai Verdi tedeschi nel corso dei decenni. Appunto.
Gli altri punti salienti riguardano le “speranze nei confronti dell’America”, un cambiamento di prospettiva sulla permanenza delle atomiche Usa sul suolo tedesco, ed in generale un posizionamento chiaro in quanto ad equilibri atlantici, dove non mancano toni molto netti nei confronti di Pechino e di Mosca.
Per esempio: a proposito del riacuirsi della crisi ucraina, Baerbock precisa che per quanto riguarda il progetto della pipeline volta a raddoppiare il flusso di gas naturale dalla Russia alla Germania, “io da tempo avrei eliminato il sostegno a Nord Stream 2”, con ciò intendendo che la politica energetica deve essere usata anche come strumento di pressione politica sul Cremlino. In generale, alla leader verde preme sottolineare che “la questione di come trattare i regimi autorità sarà per me una questione cruciale in un futuro governo, sia dal punto di vista della nostra sicurezza che dei nostri valori. Stiamo in mezzo ad una competizione tra sistema: forze autoritarie contro democrazie liberali”.
Via della seta politica di potere
Quanto alla Cina, “Il progetto della nuova via della seta con i suoi investimenti diretti in infrastrutture a livello mondiale o nelle reti energetiche non è solo fatto di carinerie”, incalza Baerbock, “è una durissima politica di potere, sulla quale noi come europei non dobbiamo farci illusioni”. E’ dunque “dialogo e fermezza” la parola d’ordine dei Verdi nei confronti di Pechino. Nessun dubbio sul posizionamento europeista della Germania, “che è forte in politica estera solo se agisce nel concerto europeo”,
Anche per questo, spiega la candidata cancelliera dei “Gruenen”, in tutti gli sforzi per il disarmo “la sicurezza e la protezione degli Stati deve rimanere centrale”.
Rinuncia Nato a primo colpo atomico
All'interno di questo percorso secondo Baerbock si dovrebbe discutere anche “della rinuncia della Nato all’opzione del primo colpo nucleare”.
Addirittura, alla domanda sulla permanenza delle atomiche Usa sul suolo tedesco (il cui ritiro per decenni è stato un totem della politica estera dei Verdi) la quarantenne esperta di diritto internazionale risponde: “Un mondo senza armi nucleari è un mondo più sicuro, questo vale anche per l’Europa e la Germania, ma limitarsi a strombazzare visioni non renderà la Germania più sicura: per andare avanti bisogna sapere come e quando”. Pertanto è nell’ambito del nuovo accordo tra Usa e Russia sul disarmo nucleare “che si può costruire e discutere delle atomiche americane in Europa”, il che però è possibile “solo all’interno di un processo Nato”.
Osservata da Bruxelles
Sono prese di posizione che si fanno notare, anche a Bruxelles. E’ lo Spiegel a fare un giro d’opinioni al riguardo: per Guntram Wolff, direttore del think-tank brussellese Bruegel, una “cancelleria verde rappresenterebbe una notevole rottura rispetto all’attuale governo federale”, mentre il politologo Nicolai von Ondarza della Fondazione Swp ritiene che sarebbe “una piccola rivoluzione” se i Verdi governassero il Paese più popoloso e con la maggiore economia dell’Ue.
Questo anche perché sono numerosi i dossier sui quali gli ambientalisti tedeschi vorrebbero far cambiare passo all’Europa. A cominciare, ovviamente, dalla difesa del clima: la decisione dell’Ue, duramente negoziata, di abbassare entro il 2030 le emissioni del 55% rispetto al 1990 non basta ai Verdi, che chiedono di alzare la riduzione al 60% e livello Ue e al 70% in Germania.
Secondo lo Spiegel, questo rischia aprire un fronte conflittuale non solo con l’industria tedesca, “ma anche con i Paesi dell’est come la Polonia, che dipendono ancora molto dal carbone”.
Migrazione e diritti Lgbt
Sempre per quanto riguarda l’Est, le posizioni dei Verdi in materia di migrazione, stato di diritto e diritti Lgbt portano con sé “notevole materia di conflitto” con i partner dell’Europa centrale e orientale, laddove – scrive sempre il settimanale – si possono agevolmente prevedere tensioni con Parigi sulla politica energetica, se non altro perché la Francia fa ancora un utilizzo massiccio di energia atomica, laddove i Verdi sono per “l’inizio dell’uscita definitiva” dal nucleare.
Alleggerire Patto Stabilità
C’è un altro tema sul quale la sensibilità verso una Germania colorata di verde è particolarmente accesa, soprattutto (ma non solo) in Italia: la politica finanziaria. In ogni occasione i Verdi hanno sottolineato la necessità di un deciso “alleggerimento” del patto di stabilità e di crescita rispetto all’era Merkel.
Non solo Baerbock & co hanno sostenuto con forza l’adozione dei "coronabond" sin dalla prima ondata della pandemia, ma si trovano tendenzialmente più vicini alle idee di Emmanuel Macron in quanto a riforma delle regole sul debito e ad una maggiore flessibilità in quanto a investimenti in seno all’Unione europea: cosa, però, tutt’altro che apprezzata sul fronte dei Paesi cosiddetti “frugali” svedesi, finlandesi, danesi, olandesi e austriaci.
Una locomotiva tedesca al centro dell’Europa che si allontana dall’austerità aprirebbe una nuova pagina di storia. “Mancano ancora cinque mesi alle elezioni federali”, si va ripetendo alla Konrad Adenauer Haus, il quartier generale della Cdu. Però anche qui nessuno se la sente di smentire lo slogan scelto dai Verdi per la campagna elettorale più imprevedibile della storia tedesca: “Tutto è possibile”.