AGI - Joe Biden chiama e il mondo risponde. Il presidente americano prende il timone della lotta ai cambiamenti climatici, impegnandosi a dimezzare le emissioni degli Stati Uniti entro il 2030. I leader del mondo lo seguono. Durante il summit (virtuale) con 40 leader del globo organizzato dalla Casa Bianca, il primo ministro britannico Boris Johnson annuncia un target altrettanto ambizioso: tagliare le emissioni del Regno Unito del 78% (contro il 68% precedentemente indicato) entro il 2035 rispetto ai livelli del 1990.
Tokyo promette una sforbiciata ai gas serra del 46% (dal 26%) rispetto al 2013 mentre l'Unione europea - al termine della riunione fiume di ieri - si è impegnata a far scendere le emissioni del 55% entro il 2030 rispetto ai livelli del 1990. Il presidente cinese Xi Jinping conferma la neutralita' carbonica entro il 2060, il primo ministro indiano Narenda Modi promette 450 gigawatt di energia pulite entro il 2030 e Jair Bolsonaro mette al bando la deforestazione illegale.
Merkel e il tirorno degli Usa
"Il contributo nazionale degli Stati Uniti per il 2030 è la chiara dimostrazione delle vostre ambizioni ed è un messaggio diretto e importante alla comunità internazionale", osserva la cancelliera Angela Merkel. "Sono felice di vedere che gli Stati Uniti siano tornati, pronti a lavorare con noi sulle politiche per il clima perché non c'è dubbio che il mondo abbia bisogno di voi per centrare questi ambiziosi gol", sottolinea Merkel, marcando la virata del presidente democratico rispetto al predecessore Donald Trump che tirò fuori gli Usa dagli accordi di Parigi del 2015.
"Queste mosse metteranno l'America sulla strada di un'economia a emissioni zero non più tardi del 2050", assicura Biden aprendo i lavori della due giorni di vertice, dopo aver raddoppiato gli obiettivi climatici di Barack Obama, "gli scienziati ci dicono che questo è il decennio decisivo, il decennio in cui si devono prendere le decisioni per evitare le conseguenze più catastrofiche della crisi climatica".
Il taglio delle emissioni prodotto dai carburanti fossili è il cuore del mega piano per le infrastrutture da 2.200 miliardi di Biden, determinato a perseguire gli obiettivi sul clima con o senza l'aiuto del Congresso.
I dubbi sull'impegno Usa
Alcuni esperti dubitano che il capo della Casa Bianca possa attuare i suoi piani senza passare per il Congresso. Durante una conference call ieri con i giornalisti, funzionari dell'amministrazione assicurano che vi sono diverse strade per far decollare l'industria verde a stelle e strisce.
Ali Zaidi, vice advisor della Casa Bianca per il clima, sottolinea come il sostegno alle energie rinnovabili e le politiche messe in piedi dalle singole città abbiano già sortito alcuni effetti, parlando di "trend netto e secolare".
Gli Stati Uniti sono il secondo paese più inquinante del mondo con 5,41 miliardi di tonnellate di Co2 emesse nel 2018, dietro la Cina che inquina il doppio. Biden ha promesso di decarbonizzare il settore elettrico entro il 2035. Ha messo al bando le nuove licenze federali per le trivellazioni e ha fermato la costruzione dell'oleodotto Keystone XL.
"L'amministrazione Biden-Harris farà più di tutti nella storia per affrontare crisi climatica", proclama il segretario di Stato Antony Blinken, che partecipa al vertice sul clima dove Biden ha schierato mezzo governo mentre la giovane attivista Greta Thunberg gli fa sponda al Congresso: "I sussidi per i carburanti fossili sono una disgrazia e sono la dimostrazione che non abbiamo affatto capito l'emergenza clima".
Per Biden, accendere i motori dell'industria verde "è un imperativo morale, un imperativo economico. Questo è un momento di pericolo - conclude - ma anche di straordinarie possibilità".