AGI - Egitto e Sudan informeranno le Nazioni Unite, e il suo Consiglio di sicurezza, degli ultimi sviluppi della controversia in atto con l'Etiopia sulla Grand Ethiopian Renaissance Dam (Gerd). Lo ha annunciato il ministro degli Esteri egiziano, Sameh Shoukry, dopo il fallimento dell'incontro tenuto a Kinshasa, nella Repubblica democratica del Congo, presidente di turno dell'Unione africana (Ua).
Il Cairo e Khartoum temono che la colossale diga in via di completamento sul Nilo Azzurro possa diminuire il flusso d'acqua in transito nei due Paesi. "In questa fase, c'è pieno coordinamento e unità di posizione con il Sudan - ha detto Shoukry all'emittente Extra News - inizieremo a rivolgerci alle organizzazioni internazionali per informarle degli sviluppi e chiedere loro di assumersi le proprie responsabilità".
Il ministro ha quindi precisato che anche l'Assemblea generale dell'Onu e il Consiglio di sicurezza devono essere informati e avere un ruolo attivo nella questione per scongiurare che la situazione "porti a tensioni e destabilizzi ulteriormente l'Africa orientale e il Corno d'Africa".
Shoukry ha spiegato la volontà di coinvolgere le organizzazioni internazionali perchè la questione "non pregiudica solo Egitto e Sudan, ma anche la pace e la sicurezza internazionali". Nel corso dei colloqui a Kinshasa, Il Cairo e Khartoum hanno proposto nuovamente ad Addis Abeba di coinvolgere nel negoziato, oltre all'Ua, le Nazioni Unite, l'Unione europea e gli Stati Uniti, ottenendo un nuovo rifiuto.
Nella sua dichiarazione, Shoukry ha accusato l'Etiopia di intransigenza. Per il ministro, i colloqui di Kinshasa hanno "chiaramente" confermato la mancanza di volontà politica da parte dell'Etiopia e il "continuo" stallo dei colloqui, con cui, a suo giudizio, Addis Abeba punta a imporre il fatto compiuto ai paesi a valle del Nilo.
Già lo scorso anno, ricorda il sito Al Ahram, l'Egitto aveva chiesto l'intervento della comunità internazionale, ottenendo una sessione aperta del Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite sulla diga in costruzione sul Nilo Azzurro. La sessione si tenne il 30 giugno del 2020 al termine della quale il Consiglio invitò i tre paesi africani a raggiungere un accordo e ad evitare azioni unilaterali.
A preoccupare Il Cairo e Kharthoum è il prossimo riempimento della diga, in programma a luglio, che dovrebbe raccogliere circa 15 miliardi di metri cubi di acqua rispetto ai 4,9 miliardi di metri cubi dello scorso anno. L'Egitto, già alle prese con gravi carenze idriche, teme che tale operazione possa mettere ulteriormente a rischio l'approvvigionamento del Paese. Da parte sua, Khartoum ha detto di temere per le proprie dighe.
Il presidente egiziano, Abdel-Fattah al-Sisi ha invitato l'Etiopia a non compromettere la quota egiziana di acqua del Nilo: "Dico ai nostri fratelli etiopi, non dovremmo arrivare a un punto in cui si tocca una goccia d'acqua dell'Egitto perché tutte le opzioni sono possibili - ha detto al Sisi nel corso dell'inaugurazione di un progetto al Cairo - la nostra cooperazione è preferibile. Costruire insieme è meglio che essere in disaccordo e azzuffarsi".
La replica dell'Etiopia
L'Etiopia procederà "come programmato" e reputa "inaccettabile" la richiesta di un accordo prima di tale operazione, "che precluda i suoi legittimi diritti, attuali e futuri, sull'utilizzo del Nilo".
È quanto si legge nella nota diffusa da Addis Abeba dopo i colloqui tenuti a Kinshasa, nella Repubblica democratica del Congo, con Egitto e Sudan, accusati di aver adottato "un approccio volto a minare" il negoziato guidato dall'Unione africana (Ua) e di aver "ostacolato" il processo.
Nel suo intervento di apertura dei colloqui a Kinshasa, il ministro degli Esteri etiope, Demeke Mekonnen, ha espresso la disponibilità del governo a "una conclusione favorevole del negoziato", sottolineando però "il diritto di tutti i paesi rivieraschi ad usare il fiume Nilo" e "l'importanza di cancellare il monopolio dell'uso delle acque del Nilo da parte dei paesi a valle".
Entrando nel pieno dei colloqui, Addis Abeba ha quindi respinto la proposta di Egitto e Sudan di riconoscere agli attuali osservatori del negoziato, Sudafrica, Stati Uniti ed Unione Europea, lo stesso status dell'Ua perché "determinata a mantenere la piena proprietà del processo da parte dei tre paesi e l'integrità del processo guidato" dall'Unione africana.
"I due paesi hanno seguito un approccio che cerca di minare il processo guidato dall'Ua e di portare la questione fuori dalla cornice africana - si legge nella nota diffusa da Addis Abeba - hanno anche bloccato la ripresa dei negoziati respingendo una bozza di comunicato che conteneva le decisioni adottate in due giorni di riunione. Entrambi i paesi hanno tentato di ostacolare il processo".
Riguardo la richiesta di Khartoum e il Cairo di arrivare a un accordo prima del prossimo riempimento del bacino della diga, previsto a luglio, Addis Abeba ha affermato che "non puo' stipulare un accordo che precluda i suoi legittimi diritti, attuali e futuri, sull'utilizzo del Nilo".
"Il riempimento per il secondo anno della Gerd avverrà come programmato ai sensi della Dichiarazione di principio (firmata dai tre paesi nel 2015, ndr) - ha dichiarato Addis Abeba nella nota - a questo riguardo, l'Etiopia ha espresso la propria disponibilità a facilitare lo scambio di dati e informazioni sul riempimento della diga"
"Le posizioni che contestano il riempimento della diga prima della conclusione di un accordo non hanno alcun fondamento giuridico e violano il diritto intrinseco dell'Etiopia di utilizzare la sua risorsa naturale, è inaccettabile". In conclusione del comunicato, il governo etiope ha fatto sapere di attendersi "che il processo venga ripreso la terza settimana di aprile" su richiesta "dell'attuale presidente dell'Ua".