AGI - Il processo più atteso d’America è partito ufficialmente oggi con le prime testimonianze. A Minneapolis, Minnesota, è cominciata la ricostruzione dei fatti che hanno portato alla morte, il 25 maggio 2020, di George Floyd, 46 anni, afroamericano arrestato per una banconota da venti dollari risultata contraffatta.
Sul banco degli imputati l’ex poliziotto Derek Chauvin, 44 anni, l’uomo che tenne il suo ginocchio premuto sul collo di Floyd, immobilizzato a terra, per 9’ e 29’’, indifferente alla richieste di aiuto della vittima, che aveva detto più volte “non respiro”. Dopo la formazione della giuria popolare, dodici membri più due ‘riserve’, nove donne e cinque uomini, di cui quattro afroamericani e due di razza mista, il primo atto del processo è stata la proiezione integrale del video shock della morte di Floyd, sotto gli occhi di testimoni che, fermi davanti al negozio di alimentari, tra Chicago Avenue e la 38th Street di Minneapolis, diventato ora un memoriale, ripresero tutta la scena con i cellulari. Le immagini, finite sulla rete, diventarono virali, infiammando gli Stati Uniti. Milioni di americani marciarono in segno di protesta verso la brutalità della polizia, usando lo slogan "Black Lives matter" ma facendo propria anche l'ultima invocazione di Floyd, "I can't breathe".
La difesa ha sostenuto, in apertura, che Floyd è morto per problemi cardiaci pregressi. L’accusa ha rilanciato dimostrando che la famosa ‘presa’ del poliziotto non durò 8’ e 46’’, come era sempre stato detto, ma 9’ e 29’’. Questo è stato il primo colpo di scena, e la vera notizia.
Poi, spazio ai testimoni. La prima è stata la dipendente del numero delle emergenze, il 911, che ha assistito all’arresto. “Dopo alcuni minuti ho capito che qualcosa non andava - ha raccontato - e ho fatto quello che non avevo mai fatto in vita mia: chiamare la polizia perché intervenisse su altri poliziotti”. La donna, Jena Scurry, aveva chiamato un supervisor della polizia per segnalare la situazione. “Se volete definirmi spia, fatelo pure”, ha aggiunto. La sua testimonianza, secondo l’accusa, dimostra come a un osservatore esterno fosse già chiaro che Floyd fosse in pericolo di vita. Non per Chauvin e i suoi tre colleghi. Ma ora a processo c'è solo l’ex agente. Assistito dai legali, ha assistito in silenzio alla prima giornata. E’ accusato di tre capi di reato, che vanno dall’omicidio involontario all’omicidio con “disprezzo” del valore della vita, un tipo di accusa che esiste nello Stato del Minnesota. I tre reati verranno valutati separatamente, per cui Chauvin può essere assolto così come condannato per tutti e tre, o parte di essi. Nel caso venisse dichiarato colpevole, il massimo della pena, sommando i tre reati, arriva a 75 anni. Che per un uomo di 44 equivarrebbe all’ergastolo.