AGI - Con un record giornaliero di 2.286 morti di Covid, nel momento peggiore della pandemia, il Brasile sull’orlo del collasso sanitario ha assistito a un duro braccio di ferro politico tra il presidente di estrema destra Jair Bolsonaro e il suo predecessore, il popolare Luis Inacio Lula da Silva, prosciolto da tutte le condanne.
Il continuo aumento dei contagi e delle vittime sta mettendo a dura prova gli ospedali, ormai vicini al crollo: secondo l’ultimo bilancio della Fondazione Fiocruz, che dipende dal ministero della Sanità, nelle capitali di 15 Stati le unità di terapia intensiva hanno già raggiunto il 90% delle proprie capacità, tra cui Rio de Janeiro e San Paolo. Se la passano ancora peggio le città di Porto Alegre e Campo Grande, che hanno già superato la soglia massima di accoglienza, mentre la capitale Brasilia ha appena raggiunto la sua capienza in posti letto. L’ultimo rapporto di Fiocruz evidenzia il “sovraccarico e persino il collasso dei sistemi sanitari” brasiliani. “E’ il peggior momento della pandemia e 2021 continuerà ad essere davvero difficile” ha avvertito Margareth Dalcolmo, medico e ricercatrice a Fiocruz.
Uno scenario chiaramente evidenziato dai numeri, con una media di oltre 1.600 morti negli ultimi sette giorni, il picco di ieri a 2.286, per un totale di 268.370 morti dall'inizio della pandemia. Un bilancio che fa del Brasile, 212 milioni di abitanti, il secondo Paese più colpito al mondo, dietro agli Stati Uniti.
Sul versante dei contagi, ieri sono stati registrati 79.876 nuovi casi, il terzo dato giornaliero più alto. L’impennata nei contagi nelle ultime due settimane è stata attribuita alla diffusione della variante altamente contagiosa – denominata P1 – che avrebbe come epicentro la città amazzonica di Manaus.
Per la Johns Hopkins University con un tasso di 128 morti ogni 100 mila abitanti, il Brasile è l’undicesimo Paese al mondo nella classifica dei 20 maggiormente affetti, dietro tra l’altro a Repubblica Ceca (288) e Gran Bretagna (188).
Gli esperti di Fiocruz confidano nel “miracolo della vaccinazione di massa o in un cambiamento radicale nella gestione dell’epidemia”, ma riconoscono che oggi il Brasile è “una minaccia per l’umanità”, a cominciare dai Paesi limitrofi.
Difficilmente la vaccinazione sembra essere la soluzione a breve termine in quanto la campagna sta procedendo a ritmo lento: finora 8,6 milioni di persone – il 4,1% della popolazione – ha ricevuto la prima dose del vaccino e 2,9 milioni anche la seconda. I vaccini utilizzati sono il CoronaVac, del laboratorio cinese Sinovac, e quello britannico-svedese Astrazeneca/Oxford. Il ministero della Sanità di Brasilia ha detto che negoziati sono in corso con altri laboratori e ha riconosciuto che “la campagna nazionale rischia di essere sospesa per mancanza di dosi”, come scritto in una lettera indirizzata all’ambasciatore cinese, pubblicata dal sito G1.
In pieno caos Covid, il presidente nazionalista Bolsonaro, che ha sempre minimizzato la gravità del coronavirus, è alle prese con le critiche del suo predecessore, il 75enne popolare leader socialista Lula, in quello che sembra già un anticipo di campagna elettorale per le presidenziali del 2022.
La svolta per Lula è arrivata lunedì da un giudice della Corte Suprema che ha annullato la condanna a suo carico per l'appartamento che avrebbe ricevuto come tangente nello scandalo Petrobras, restituendogli la possibilità di un ritorno sulla scena politica. Bolsonaro ha già accusato il giudice che ha emesso la sentenza di essere “di parte in quanto legato al Partito dei Lavoratori”, fondato dallo stesso Lula nel 1980. La Procura generale sta lavorando a un ricorso contro la sentenza, che sarebbe analizzato dalla Corte suprema.
Nel suo primo discorso alla nazione da ‘uomo libero’, Lula ha attaccato frontalmente l'attuale presidente per come ha affrontato la pandemia da coronavirus, invitando i brasiliani a “non seguire le sue decisioni imbecilli e quelle del ministro della Salute", difendendo i vaccini come strumento per fermare la circolazione del virus. Dopo l'iniezione, prevista per la prossima settimana, Lula riprenderà il suo tour tra i brasiliani perché vuole tornare "a combattere instancabilmente" per il suo Paese. Intanto nel suo duro ‘J’accuse’ a Bolsonaro ha deplorato l’assenza di governo, il vuoto di politiche in materia di economia, occupazione, stipendi, giovani delle periferie, salute e ambiente. In riferimento alla sua travagliata vicenda personale, dopo 580 giorni trascorsi in cella, Lula si è detto “vittima della più grande ingiustizia giudiziaria in 500 anni di storia del Brasile”. Dopo questo discorso dai toni così forti, il Brasile è appeso alla decisione di Lula, ex operaio metallurgico e leader sindacale, di candidarsi o meno alle presidenziali del 2022 per tornare al servizio del Brasile “nato per essere grande” ha insistito l’ex leader di sinistra.