AGI - Il Parlamento europeo apre a "una tassa sul carbonio alle frontiere" per rendere più green le importazioni dell'Ue e ridurre l'impronta di carbonio del Continente. In particolare, il balzello dovrebbe colpire i prodotti provenienti da Paesi con standard climatici meno rigorosi, secondo un meccanismo che dovrebbe entrare in vigore entro il 2023.
In cambio, secondo la risoluzione che verrà votata in plenaria mercoledì, dovrebbero essere rimossi gli importanti "diritti all'inquinamento" distribuiti gratuitamente alle imprese europee per consentire loro di affrontare la concorrenza internazionale.
La proposta di un "aggiustamento delle emissioni di carbonio" alle frontiere punta a evitare il trasferimento delle attività industriali dell'Ue in Paesi terzi meno vigili mentre i 27 Paesi inaspriscono le loro richieste ambientali. "Fughe" che minano gli sforzi degli europei per ridurre la loro impronta globale di emissioni di gas serra, anche se Bruxelles ha alzato il suo obiettivo di riduzione delle emissioni per il 2030 (a -55% rispetto al livello del 1990).
Sulla modalità di tassazione deciderà la Commissione europea entro giugno, prima di presentare la sua proposta agli Stati membri e ai parlamentari. Non è esclusa l'introduzione di dazi doganali green. Anche se la cosa più probabile rimane l'istituzione di un mercato di scambio di emissioni, cioè diritti di inquinamento: l'azienda esportatrice dovrà dimostrare "l'intensità di carbonio" della sua produzione e, se è superiore allo standard europeo, dovrà comprare una quota.
I prezzi praticati sarebbero equivalenti a quelli del mercato del carbonio già esistente all'interno dell'Ue, per rispettare le regole di non discriminazione del Wto. L'Ue, inoltre, potrebbe fissare un livello massimo di emissioni di carbonio legate alle sue importazioni, il che si tradurrebbe in un numero limitato di quote messe in vendita. Nuova fonte di entrate per il bilancio Ue, il meccanismo potrebbe generare tra i 5 e i 14 miliardi di euro all'anno.