AGI - Il Parlamento europeo ha deciso: i tre eurodeputati indipendentisti catalani non hanno più l'immunità. Il futuro dell'ex presidente della Catalogna, Carles Puigdemont, e dei suoi compagni di partito, Toni Comín e Clara Ponsatí, dipende ora dai tribunali del Belgio (per i primi due) e della Scozia per l'ultima.
I tre sono richiesti dai giudici spagnoli per rispondere dei reati di sedizione e malversazione in merito alla fallita secessione dell'ottobre 2017. Reati gravi che già sono valsi condanne molto pesanti (tra 9 e 13 anni) ad altri esponenti della fronda indipendentista rimasti in patria invece di cercare asilo all'estero. Nel frattempo Madrid festeggia la vittoria giudiziaria e il "riconoscimento dello Stato di diritto della Spagna" mentre la Catalogna lamenta lo sgambetto sulla strada del dialogo.
L'immunità di Puigdemont è stata revocata con 400 voti favorevoli, 248 contrari e 45 astensioni, mentre le mozioni contro Comín e Ponsatí sono state approvate con 404 voti favorevoli, 247 contrari e 42 astensioni. Tra gli italiani, Pd, FI e FdI hanno deciso per la revoca, Lega e M5s hanno optato per la libertà di voto.
"È un giorno triste per il Parlamento europeo. Abbiamo perso la nostra immunità, ma il Parlamento ha perso molto di più, e di conseguenza anche la democrazia europea. È un chiaro caso di persecuzione politica", ha denunciato Puigdemont in una conferenza stampa dopo il voto in plenaria. I tre deputati hanno poi annunciato il ricorso alla Corte di giustizia dell'Ue.
La decisione dell'emiciclo non incide tuttavia - per il momento - sulla situazione dei tre leader catalani, che potranno continuare a svolgere le loro funzioni di eurodeputati.
Pablo Llarena, il giudice istruttore dell'inchiesta, dovrà per prima cosa inviare la richiesta di estradizione (i mandati erano stati congelati dall'immunità) alle autorità belghe, competenti per Puigdemont e Comin, e scozzesi, competenti per Ponsatì. A favore degli indipendentisti gioca il precedente di Lluis Puig, ex ministro della Cultura catalano, anch'egli fuggito in Belgio con gli altri tre imputati dopo il fallito tentativo di secessione.
Lo scorso agosto la magistratura belga aveva respinto la richiesta di estradizione nei suoi confronti sostenendo che la Corte Suprema spagnola non avesse la competenza per sollecitarla.La Corte spagnola, da parte sua, ha nel frattempo annunciato di aver chiesto il parere della Corte di giustizia dell'Unione europea sulla "possibilità di emettere un mandato d'arresto europeo" nei confronti dei tre ricercati. In altre parole, prima di emettere un nuovo mandato d'arresto, la giustizia spagnola vuole avere la garanzia che verrà eseguito.
Intanto il voto ha esacerbato la contrapposizione politica: la socialista spagnola Iratxe García, presidente del gruppo Socialisti e democratici in Europarlamento, si è detta "molto soddisfatta del risultato del voto", definendolo "una vittoria per la democrazia e lo Stato di diritto".
A Madrid, la ministra degli Esteri, Arancha González Laya, ha rimarcato che "i problemi della Catalogna si risolvono in Spagna, non in Europa". E ha assicurato che il governo si rivolge "a tutte le forze politiche catalane per cercare una soluzione ai problemi della Catalogna attraverso il dialogo e la negoziazione".
Ma da Barcellona il sentiment è diverso. Mertxell Budó, portavoce del governo regionale, in mano agli indipendentisti, ha dichiarato che il sostegno del partito socialista di Sanchez per la revoca dell'immunità mette in dubbio la volontà del governo di dialogare. "Deve decidere se è da una parte o dall'altra, se è per il dialogo o per la vendetta, come abbiamo visto oggi", ha detto Budò. Non aiuta la decisione di un giudice di Barcellona di revocare il regime di semi-libertà di sette leader imprigionati sempre per il fallito tentativo di secessione nel 2017.