AGI - È scontro nel governo spagnolo per il sostegno della sinistra radicale di Podemos alle proteste tenutesi nelle maggiori città spagnole contro la detenzione del rapper catalano Pablo Hasel, condannato a nove mesi per alcuni tweet nei quali aveva insultato la famiglia reale e le forze dell'ordine.
Le manifestazioni a Barcellona e a Madrid sono sfociate ieri in atti vandalici e scontri con la polizia. Nella capitale catalana ci sono stati 19 fermi e 55 feriti, tra i quali 35 agenti e 20 dimostranti, una delle quali ha perso un occhio, forse a causa di un proiettile di gomma. È invece di 33 fermati e 14 feriti il bilancio dei tumulti a Madrid, dove sono stati dati alle fiamme 135 cassonetti dell'immondizia e 9 automobili.
Podemos, partner di coalizione nel governo di minoranza guidato dal socialista Pedro Sanchez, non solo non ha condannato gli eccessi dei manifestanti ma, attraverso Pablo Echenique, portavoce del gruppo parlamentare, ha espresso "tutto il suo appoggio" ai dimostranti "antifascisti".
Parole che hanno suscitato l'ira dei partiti di opposizione, che hanno chiesto ai socialisti di rompere l'alleanza con Podemos, e delle forze dell'ordine. I sindacati di polizia hanno definito "scandaloso" che un partito di governo appoggi proteste violente.
Le reazioni del Psoe non si sono fatte attendere. "Una cosa è difendere la libertà d'espressione, altra cosa, molto diversa, è incoraggiare contesti dove abbiamo visto feriti e arrestati", ha dichiarato la vicepremier, Carmen Calvo.
Ha preso le distanze da Podemos anche il ministro dell'Interno, Josè Luis Abalos, che ha lodato le forze dell'ordine per aver "garantito la sicurezza di tutti a fronte degli scontri provocati da una minoranza di violenti".
Tensioni che si aggiungono alla frattura nell'esecutivo sorta dal disegno di legge sull'Uguaglianza, nel quale Podemos insiste per inserire una norma che consentirebbe di cambiare sesso a 16 anni senza consulto medico, nonostante le forti resistenze dei socialisti.
La polemica sembra in parte distogliere, per il momento, l'attenzione dal dibattito sulla libertà d'espressione scaturito dalla condanna di Hasel, che è stato condannato per i reati di incitazione al terrorismo e oltraggio alla Corona e alle istituzioni dello Stato.
Arrestato a Lleida all'alba di martedì scorso, il trentatreenne si era visto negare il giorno prima la sospensione della pena in quanto aveva già subito due condanne, nel 2017 per resistenza a pubblico ufficiale e nel 2018 per violazione di domicilio. Il caso ha avuto una forte eco in Spagna.
Duecento artisti, tra i quali il regista Pedro Almodovar e l'attore Javier Bardem, hanno firmato un manifesto a sua difesa. E la scorsa settimana Sanchez ha promesso una riforma del codice penale affinchè i reati legati "agli eccessi nell'esercizio della libertà d'espressione" vengano puniti con "pene dissuasive" e non più con la detenzione.
Si è poi fatto sentire oggi dal Belgio l'ex presidente catalano, Carles Puigdemont, che ha chiesto all'Unione Europea di "intervenire per proteggere la libertà di espressione in Spagna".
A mettere nei guai Hasel sono stati alcuni messaggi pubblicati su Twitter tra il 2014 e il 2016 nei quali insultava le forze di polizia, accusandole di "torturare" migranti e manifestanti e dileggiava il re emerito Juan Carlos con un testo nel quale il cognome della casa reale 'Borbòn' diventava, con un gioco di parole, 'Bobòn', cioè 'scemo'.
E i suoi problemi con la legge non sembrano finire qui. Proprio oggi una corte d'appello di Lleida gli ha confermato un'altra condanna a due anni e mezzo per aver minacciato un testimone di un processo nei confronti di due vigili urbani.