AGI - Due ex banchieri centrali vanno al governo durante la pandemia, con la produzione in picchiata e la disoccupazione in aumento. Non sono più i padroni della politica monetaria, non hanno più la catapulta del denaro, ma nelle loro mani c'è la politica fiscale, l'azione di governo: Janet Yellen, prima donna al Tesoro negli Stati Uniti, e Mario Draghi, un altro talento di via Nazionale a Palazzo Chigi, dopo Carlo Azeglio Ciampi.
I due ex governatori più potenti del mondo, al timone di Federal Reserve e Banca centrale europea durante la grande crisi finanziaria, si conoscono bene e nelle prossime settimane si faranno le congratulazioni per la nuova vita. Le loro strade continuano ad incrociarsi, sono di nuovo sulla stessa barca, tra crisi economica e incertezze politiche.
A Jackson Hole, il tradizionale simposio organizzato dalla Fed di Kansas City, sostennero in tandem la necessità di continuare con gli stimoli espansionistici e avvertirono contro i rischi della deregulation in campo finanziario. Lei ereditò e ampliò il Quantitative Easing del predecessore Ben Bernanke.
Il "Whatever it takes" di Mario Draghi, la storica frase del luglio del 2012, è diventata sinonimo di sostegno delle banche centrali, oltre che una voce della Treccani. I mercati e la stampa americana brindano all'incarico a "Super Mario", "l'uomo che ha salvato l'euro" , chiamato a traghettare l'Italia fuori dalla crisi.
Draghi è molto popolare negli Stati Uniti. Le sue conferenze al Fondo monetario internazionale da presidente dell'Eurotower, erano in assoluto le più affollate, con posti in piedi e giornalisti in fila fuori dalla porta. In fondo, viene considerato il più americano dei banchieri europei. è stato vice presidente di Goldman Sachs dal 2002 al 2005.
La sua educazione ha una casella al Massachusetts Institute of Technology (Mit), con Franco Modigliani (poi Nobel per l'Economia) e Stanley Fisher, futuro capo della Banca centrale d'Israele. Con Washington ha una linea telefonica diretta e presto ci sarà un colloquio con la Casa Bianca.
Negli Stati Uniti Draghi piace a tutti, dalla democratica Yellen al presidente dell'America First, Donald Trump. Pentito di aver nominato Jerome Powell alla guida della Fed, The Donald proverbialmente disse (nel giugno del 2019) che sarebbe stato meglio per gli Usa avere Mario Draghi.
America, Europa. Nel 2011, durante il G-20 di Cannes sulla crisi finanziaria, Draghi affrontò una notte drammatica, al fianco di Barack Obama che consolò la cancelliera Angela Merkel in lacrime. Eravamo ad un passo dalla rottura dell'Eurozona.
"Draghi aiuta la campagna di Obama" titolava il Financial Times il 6 settembre del 2012 alla vigilia delle elezioni americane, spiegando che le chance di conferma del presidente Usa erano salite proprio grazie alle parole del banchiere centrale europeo. A Washington e a Bruxelles la speranza ora è che "Super Mario" salvi l'Italia come ha salvato l'euro, "Whatever it takes".