AGI - Nuova domenica di proteste in decine di città russe, che hanno accolto l'appello dell'oppositore Aleksei Navalny, incarcerato due settimane fa al suo rientro in Russia dalla Germania, dove aveva passato 5 mesi per curarsi dopo l'avvelenamento dell'estate scorsa.
Alla fine delle proteste, in un'ottantina di città in tutta la Russia, il bilancio è di circa 4.500 arresti, secondo quanto riportano i media indipendenti: fra di loro, anche diverse decine di giornalisti e la moglie di Navalny, la 44enne Yulia, che è stata rilasciata dopo alcune ore trascorse in una stazione di polizia.
Molte le immagini diffuse su media e social network, che mostrano sfilate pacifiche sotto la neve ma anche scene di violenza della polizia per immobilizzare e arrestare i manifestanti, per bloccare gli accessi alla metropolitana e contenere i cortei.
Solo a Mosca, dove si è tenuta la manifestazione pià partecipata, gli arresti sono stati 1.349. Una quindicina dei fermati e' accusata di avere attaccato i rappresentanti della polizia nella capitale, secondo quanto riferisce l'agenzia statale Tass. Scontri e arresti anche a San Pietroburgo, dove la Polizia ha smentito di avere usato gas lacrimogeni.
Quanto a Yulia Navalnaya, è stata bloccata mentre usciva da una fermata della metropolitana, trasferita al dipartimento di polizia di Shcherbinka, a nord est di Mosca, e rilasciata con un verbale amministrativo poche ore dopo.
Sul fronte internazionale, il segretario di Stato americano Antony Blinken, ha condannato duramente gli arresti. Il capo della diplomazia dell'Amministrazione Biden ha parlato di "tattiche brutali" da parte della polizia.
Mosca ha replicato accusando gli Usa di essere i promotori delle proteste. "Chiediamo la fine delle interferenze negli affari interni degli stati sovrani e vi ricordiamo la vostra responsabilità", ha scritto il ministero degli Esteri su Facebook, "il sostegno alla violazione della legge da parte del Segretario di Stato Antony Blinken è un'altra conferma del ruolo di Washington" nel promuovere le proteste "da dietro le quinte".
Anche il capo della diplomazia europea ha espresso il suo disappunto per la repressione delle manifestazioni. Josep Borrell, che nei prossimi giorni ha in programma una missione nella capitale russa per discutere proprio di questi temi oltre che delle relazioni bilaterali Ue/Russia, ha contestato "anche oggi le detenzioni diffuse e l'uso sproporzionato della forza contro manifestanti e giornalisti in Russia".
"Le persone - ha aggiunto - devono poter esercitare il loro diritto di manifestare senza timore di repressione. La Russia deve rispettare i suoi impegni internazionali".
L'Italia ha denunciato "le brutali repressioni e le migliaia di arresti di manifestanti pacifici" che "non possono che continuare a suscitare emozioni e sentimenti di ferma condanna", come hanno riferito fonti della Farnesina."Chiediamo il rilascio di coloro che sono stati arrestati soltanto per avere fatto sentire pacificamente la propria voce e manifestato le proprie idee senza violenza", hanno aggiunto le stesse fonti.
"La maggioranza è dalla nostra parte, svegliamoli", è stato il messaggio con cui Navalny ha fatto appello ai suoi sostenitori dal carcere di Matrosskaya Tishina, per convincerli a manifestare.
Già una settimana fa, sabato 23 gennaio, nel primo giorno di proteste, decine di migliaia di russi erano scesi in strada in oltre cento città contro il lungo governo di Putin, accusato di stagnazione e corruzione.
Anche in quella occasione erano stati arrestati oltre 4 mila dimostranti mentre nei giorni seguenti diverse personalità vicine a Navalny, dal fratello Oleg all'avvocato Lyubov Sobol, sono state poste agli arresti domiciliari con l'accusa di aver violato le restrizioni anti Covid invitando a manifestare.
Con la stessa accusa è stata prolungata la detenzione della portavoce di Navalny, Kira Yarmysh, che aveva terminato i nove giorni di carcere a lei inflitti per manifestazione non autorizzata.
Nei giorni scorsi, il Cremlino ha anche cercato di arginare la mobilitazione sui social network. Il Roskomnadzor, l'autorita' per le telecomunicazioni russa, venerdi' scorso ha convocato i responsabili delle principali piattaforme, da Facebook a TikTok, per chiedere loro di non diffondere gli appelli a partecipare alle manifestazioni.
Nel mirino anche Telegram per un canale dove gli attivisti stanno diffondendo i dati personali dei poliziotti coinvolti nella repressione delle proteste. Tutti rischiano sanzioni economiche.