AGI - Il 25 gennaio del 2016 spariva al Cairo Giulio Regeni, 28enne dottorando italiano all'Università di Cambridge ma in Egitto per scrivere una tesi sui sindacati della capitale egiziana. Il corpo martoriato del giovane venne ritrovato il successivo 3 febbraio lungo il margine di una strada periferica della città. Cinque anni dopo è ancora in corso una battaglia tra la famiglia, il governo di Roma e quello guidato da Al Sisi per processare quelli che sono stati identificati come possibili colpevoli. Di seguito le principali tappe di una vicenda ancora in fase di 'stallo'.
25 GENNAIO 2016 - Viene diffusa la notizia della scomparsa di Giulio Regeni. Gli amici su Twitter lanciano l'hashtag #whereisgiulio. Si scoprirà poi che Giulio è stato prelevato da sconosciuti alla metropolitana della stazione Dokki.
1 FEBBRAIO 2016 - Un corpo con evidenti segni di tortura viene ritrovato sul ciglio di una strada non lontana dal Cairo. Nella stessa giornata arriverà la conferma che si tratti del giovane ricercatore italiano.
4-7 FEBBRAIO 2016 - Sono giorni convulsi in cui vengono fornite diverse ricostruzioni sulla morte di Regeni, dall'incidente stradale alla rapina. Mentre la salma fa ritorno in Italia, Roma apre un'inchiesta inviando una squadra in Egitto per far luce sulla vicenda.
12 FEBBRAIO 2016: Si celebrano a Fiumicello, il paese friulano dove era nato, i funerali di Giulio a cui partecipano familiari e amici, molti provenienti dall'Inghilterra.
24 MARZO 2016: L'Egitto sostiene di avere ucciso gli assassini di Regeni che sarebbero i membri di una banda criminale, morti in una sparatoria con la polizia. Il ministero dell'Interno annuncia inoltre che, nell'abitazione della sorella del capobanda, è stata recuperata una borsa con all'interno i documenti di identità del ricercatore italiano.
8 APRILE 2016: L'Italia, delusa per il primo incontro con le autorità egiziane, ferma la collaborazione con il Paese africano richiamando l'ambasciatore al Cairo, Maurizio Massari. L'11 maggio verrà sostituito con Giampaolo Cantini che non si insedia subito.
1 NOVEMBRE 2016: Una delegazione della Procura di Roma viene ricevuta al Cairo. Vengono chiesti e ottenuti alcuni oggetti personali di Giulio: passaporto, tesserini universitari e bancomat ritrovati nel mese di marzo.
23 GENNAIO 2017: Pubblicato da una televisione egiziana un video in cui si vede Giulio Regeni parlare con Mohamed Abdallah, capo del sindacato degli ambulanti egiziani, colui che ha affermato di aver denunciato il ricercatore italiano credendolo una spia.
14 AGOSTO 2017: L'Egitto invia ai magistrati romani nuovi documenti relativi a un interrogatorio eseguito nei confronti dei poliziotti che si sono occupati del caso Regeni. La procura del Cairo e di Roma, in una nota congiunta, comunicano che si tratta di "un passo avanti nella collaborazione".
4 SETTEMBRE 2017: L'allora ministro degli Esteri italiano, Angelino Alfano, davanti alla Commissione esteri di Camera e Senato spiega la decisione di inviare l'ambasciatore Cantini in Egitto dove il 14 settembre prenderà incarico. "L'Egitto è un partner ineludibile per l'Italia, esattamente quanto l'Italia è un partner imprescindibile per l'Egitto", dichiara Alfano.
11 GENNAIO 2018: Ascoltata dalla procura di Roma Maha Abdelrahman, tutor di Giulio Regeni a Cambridge. La polizia ha perquisito la sua casa e il suo ufficio affermando di aver lavorato in un clima di perfetta collaborazione da parte della docente. Una tesi diversa è invece quella del pm Colaiocco che il 6 febbraio 2020 ribadirà come "rimane per noi un mistero l'atteggiamento della professoressa che non ha mai collaborato con le indagini e non ha più risposto dopo il primo contatto formale".
25 GENNAIO 2018: A due anni dalla scomparsa viene pubblicata una lettera di Giuseppe Pignatone, procuratore capo della Procura di Roma, in cui si specifica lo stato delle indagini. Si racconta degli ostacoli e delle complicazioni nel lavoro con la procura egiziana. Pignatone ricorda come il movente dell'omicidio vada ricondotto esclusivamente alle attività di ricerca dello studente.
29 NOVEMBRE 2018: Il presidente della Camera Roberto Fico dichiara che "la Camera dei deputati sospenderà ogni tipo di relazione diplomatica con il Parlamento egiziano fino a quando non ci sarà una svolta vera nelle indagini e un processo che sia risolutivo". Il 3 dicembre viene insediata la Commissione parlamentare di inchiesta sulla morte di Giulio Regeni il cui presidente è Erasmo Palazzotto di Leu.
4 DICEMBRE 2018: La Procura di Roma iscrive cinque persone nel registro degli indagati. Sono ufficiali della National Security egiziana. Nei loro confronti il procuratore capo Giuseppe Pignatone e il sostituto Sergio Colaiocco contestano il reato di concorso in sequestro di persona.
10 DICEMBRE 2019: La Procura di Roma annuncia di aver chiuso l'inchiesta sul sequestro e sull'uccisione del ricercatore italiano. I pubblici ministeri emettono quattro avvisi di chiusura delle indagini nei confronti di alcuni membri dei servizi segreti egiziani, ad oggi irreperibili, che sono accusati, tra le varie accuse, di sequestro di persona pluriaggravato, concorso in omicidio aggravato e concorso in lesioni personali aggravate.
1 DICEMBRE 2020: Viene reso noto che, fino a questa data, le varie proroghe di indagine ai diretti interessati, in assenza dell'elezione di domicilio che il Cairo si è sempre rifiutato di fornire, sono state notificate agli avvocati d'ufficio iscritti all'ordine di Roma.
Per la notifica degli atti a chi è indagato all'estero, può essere sufficiente un decreto di irreperibilità, ma il problema si pone quando tutte le carte arriveranno all'attenzione di un gup che, in autonomia, dovrà valutare se i (probabili) imputati hanno avuto o no notizie del procedimento o se tutto quanto svolto dalla procura sino ad oggi è stato fatto a loro insaputa. Senza l'elezione di domicilio, infatti, occorre provare con altri elementi che gli indagati siano stati adeguatamente informati dell'esistenza del procedimento penale.
31 DICEMBRE 2020: I genitori di Giulio Regeni hanno annunciato la sera di Capodanno di aver intenzione di procedere con un esposto-denuncia contro lo Stato italiano per violazione della legge 185/90 che vieta esportazione di armi "verso Paesi responsabili di violazione dei diritti umani accertati dai competenti organi e il governo egiziano è tra questi". Questo è l'ultimo atto deciso dalla famiglia per continuare a tenere alta l'attenzione su un caso che, cinque anni dopo, aspetta ancora giustizia.