AGI - La notizia è arrivata così, sui social, quando in base a tre fusi orari degli Stati Uniti era il momento della prima colazione per milioni di americani. Messaggio laconico: "Con profonda tristezza, Ora Media annuncia la morte del nostro cofondatore, conduttore, e amico Larry King, scomparso questa mattina a 87 anni al Cedars-Sinai Medical Center di Los Angeles".
Non è stata spiegata la causa, ma da settimane King era ricoverato dopo aver contratto il coronavirus. L'uscita di scena arriva all'improvviso, in maniera asciutta, come lo stile del suo 'Larry King Show', per oltre venticinque anni l'appuntamento giornalistico più famoso della storia televisiva americana.
Le sue interviste sono state la sintesi del perfetto giornalismo. Domande asciutte, precise, dirette, spietate, senza girare attorno alle questioni. King credeva nella forza delle domande concise, perché erano quelle che davano le "risposte migliori". E la sua carriera dimostra che ha avuto ragione.
Davanti alla sua scrivania televisiva sono passati presidenti degli Stati Uniti, leader stranieri, celebrità, personaggi scandalosi, l'uomo comune. Da Gerald Ford a Barack Obama, da Vladimir Putin a Frank Zappa e Prince. Anche Donald Trump è stato un assiduo frequentatore del suo salotto, anni prima di candidarsi, quando era solo un tycoon newyorkese nel settore immobiliare.
Una volta, nell'87, Trump confessò al giornalista di non essere attratto dall'idea di candidarsi alla guida della Casa Bianca, e aveva criticato la politica estera dell'allora presidente Ronald Reagan. "Quando faccio le domande - raccontò una volta King - devo essere l'uomo della strada. Se qualcuno trovasse il presidente francese Chirac cosa gli chiederebbe? Ecco, io penso a quella persona lì".
L'Associated Press ha calcolato quante interviste abbia fatto 'Larry', come lo chiamavano i telespettatori, nella sua carriera: 50 mila, di cui più di 6 mila sulla Cnn, dove ha lavorato per venticinque anni, prima del ritiro avvenuto nel 2010. King ha trattato i suoi ospiti tutti allo stesso modo, senza sudditanza. Anche perché a suscitare timore reverenziale non erano gli ospiti, ma questo giornalista in maniche di camicia e iconiche bretelle, il viso ossuto e spigoloso di uccello, lo sguardo vispo dietro lenti super spesse da miope.
Nato a Brooklyn il 19 novembre '33 da genitori ebrei, madre lituana e padre ucraino, Lawrence Harvey Zeiger aveva perso il padre all'età di dieci anni. Un'esperienza, raccontò anni dopo, che lo "aveva bloccato" emotivamente.
King aveva scelto subito il giornalismo negli anni '50, unito alla sua passione di dj radiofonico in una radio di Miami, un mix che ha accompagnato tutta la sua carriera, per la capacità di dare ritmo alle sue interviste.
Fu proprio alla radio che il proprietario gli disse: "Non puoi presentarsi come Larry Zeiger, è troppo etnico, nessuno sarà in grado di scriverlo bene né lo ricorderà. Hai bisogno di un nome migliore".
Il punto è che glielo disse cinque minuti prima di andare in onda in diretta. Larry ci pensò un attimo, poi rispose di getto: "E se mi chiamassi Larry King?".
L'anno chiave è il 1978, quando il giornalista lanciò il suo 'Larry King Show' poi trasmesso sulla Cnn dall'85.
Duro con gli intervistatori e instancabile fuori. King è "sopravvissuto" a otto matrimoni, un cancro alla prostata, due tipi di diabete, due attacchi di cuore, un tumore ai polmoni e un intervento chirurgico in cui gli impiantarono cinque by-pass.
All'inizio dell'anno King aveva perso due figli, Andy, 62 anni, per infarto, e Chaia, 52, per un cancro ai polmoni, ma nonostante le tragedie, aveva continuato a mandare in onda sul suo canale YouTube la serie 'Larry King Now'. L'ultimo episodio era stato trasmesso due settimane fa.