AGI - A una settimana di distanza dalla cerimonia di insediamento di Joe Biden, cresce negli Usa il timore che le prossime giornate possano essere teatro di nuovi violenti attacchi da parte di gruppi di estrema destra, suprematisti bianchi e quanti non vogliono accettare l'uscita di scena di Donald Trump. L'allarme è stato lanciato dalla stessa Fbi che ha appreso di "proteste armate" pianificate in tutti e 50 gli Stati Usa "dal 16 fino almeno al 20 gennaio e nella capitale dal 17 al 20".
"Un gruppo armato identificato" ha minacciato "una grande rivolta" nel caso in cui "il Congresso cerchi di rimuovere Potus (acronimo che indica il presidente) attraverso il 25esimo emendamento"; tra le azioni progettate - hanno avvertito i federali - anche "prendere d'assalto" gli uffici governativi nel Distretto di Columbia e in ogni Stato il 20 gennaio. E così, complice la pandemia ma adesso anche i timori di violenze, quello che è sempre stato un evento pubblico, a volte con folle oceaniche, sarà invece molto ridimensionato: il sindaco di Washington ha esortato a seguire la cerimonia on line e ci saranno forti limitazioni alle presenze. Biden ha comunque confermato che farà il giuramento in pubblico e che non ha paura.
L'azione della Capitol Police
Secondo HuffPost, in una telefonata a tarda sera, la Capitol Police ha comunicato ai Democratici alla Camera che sta monitorando i piani di tre diverse manifestazioni violente organizzate per i prossimi giorni: la più preoccupante punta a circondare Casa Bianca, Corte Suprema e Campidoglio e bloccare l'ingresso ai Democratici, arrivando perfino all'omicidio, per permettere a una parte dei Repubblicani di prendere il controllo. Un'altra manifestazione è stata etichettata come "la più grande protesta armata mai avvenuta sul suolo americano", mentre la terza è stata indetta in onore di Ashli Babbitt, la veterana 35enne uccisa durante l'irruzione a Capitol Hill.
Dalla Capitol Police hanno anche esortato i deputati a non condividere troppe informazioni con i media perché "considerato che alcune delle loro principali linee di comunicazione sono state 'tagliate', (questi gruppi) stanno cercando di ottenere copertura giornalistica per disseminare informazioni e attrarre ulteriore sostegno ai loro attacchi".
L'Fbi monitora i rapporti di "varie minacce" nei confronti di Biden, della vice presidente eletta Kamala Harris e della speaker della Camera, Nancy Pelosi, prima dell'insediamento. Intanto, i federali sono al lavoro per identificare i rivoltosi che hanno fatto irruzione a Capitol Hill il 6 gennaio: sotto esame ci sono le quasi 45 mila 'indicazioni' arrivate finora; 29 persone sono già state individuate.
La Guardia Nazionale è pronta
Il generale Daniel Hokanson, a capo della Guardia Nazionale, ha assicurato che i suoi militari stanno "tenendo d'occhio l'intero Paese", monitorando "in stretto coordinamento con le loro forze dell'ordine locali per fornire qualsiasi supporto richiesto". Le misure di sicurezza sono state rafforzate ovunque e si sono moltiplicati gli appelli agli agenti a stare all'erta; a Washington le forze di sicurezza si stanno preparando per il possibile arrivo di decine di migliaia di manifestanti armati e stanno approntando le regole di ingaggio: in generale, non si apre il fuoco finché un dimostrante non spara ma ci potrebbero essere delle eccezioni.
L'Fbi ha garantito che si sta concentrando non sulle proteste pacifiche ma "su coloro che minacciano la loro sicurezza e quella di altri cittadini con violenze e distruzioni della proprietà". La difficoltà, hanno sottolineato gli esperti, è proprio identificare la linea di confine tra persone che esercitano la libertà di parola, insieme al diritto costituzionale di portare armi, e coloro che pongono una "vera minaccia operativa". "L'Fbi non può passivamente stare sui siti web, nei forum e sulle piattaforme social, aspettando di vedere chi diventerà una minaccia diretta al contrario di coloro che sono altamente radicalizzati", ha sostenuto Javed Ali, ex agente federale ed esperto di antiterrorismo citato da Associated Press.