AGI - Ted Cruz e altri nove senatori repubblicani hanno diffuso una nota congiunta nella quale affermano che, nella sessione del 6 gennaio, non riconosceranno il voto del collegio elettorale che ha conferito a Joe Biden la presidenza degli Stati Uniti.
I dieci senatori si uniscono così all'iniziativa del collega Josh Hawley e all'appello del presidente uscente, Donald Trump, che ha chiesto al suo partito di contestare apertamente il risultato del voto del 3 novembre scorso.
I senatori repubblicani "ribelli", undici in tutto con Hawley, vanno invece contro le indicazioni del leader della maggioranza 'Gop' al Senato, Mitch McConnell, il quale ha chiesto ai suoi di non appoggiare una mossa che, non avendo i numeri per passare, avrebbe come unico risultato una spaccatura all'interno del partito.
Ad aver firmato la nota, oltre a Cruz, sono i senatori James Lankford, Steve Daines, John Kennedy, Marsha Blackburn e Mike Braun e i senatori eletti Cynthia M. Lummis, Roger Marshall, Bill Hagerty e Tommy Tuberville.
I dieci membri del Congresso chiedono la nomina immediata di una commissione elettorale che conduca una verifica di emergenza di 10 giorni sui risultati del voto negli Stati contestati.
"Una volta completata la verifica", si legge nella nota, "i singoli Stati dovranno valutare le conclusioni della commissione e convocare una sessione legislativa speciale per certificare, se necessario, un mutamento dell'esito del voto".
Alla Camera dei Rappresentanti sarebbero invece 140 i Repubblicani intenzionati a contestare la vittoria di Biden.
La legge prevede che se un membro del Congresso solleva obiezioni sul verdetto del collegio elettorale, entrambe le Camere debbano discutere e poi votare l'obiezione. La seduta del 6 gennaio, che dovrebbe certificare l'elezione di Biden, rischia cosi' di prolungarsi almeno fino al giorno dopo.
I dieci senatori hanno citato un sondaggio secondo il quale il 40% degli statunitensi ritiene che l'elezione sia stata truccata. "Che i nostri eletti e i giornalisti ci credano o no, questa profonda sfiducia nel nostro processo democratico non sparirà per magia", si legge ancora nella nota, "ciò dovrebbe preoccupare noi tutti e pone una minaccia costante alla legittimità di ogni successiva amministrazione".
Il team elettorale di Trump ha presentato decine di ricorsi per denunciare presunte frodi elettorali in sei Stati ma le autorità giudiziarie che li hanno esaminati, inclusa la Corte Suprema, non hanno riscontrato prove di irregolarità tali da influenzare il risultato elettorale