AGI - Provvedimenti a raffica, come fuochi d’artificio degni di un gran finale. In 48 ore, alla vigilia di Natale, Donald Trump concede la grazia agli storici amici e advisor Paul Manafort e Roger Stone, al consuocero Charles Kushner (padre di Jared) e ad altri 43, ‘sistema’ in istituzioni pubbliche i collaboratori più stretti e fidati, chiede al Congresso di rivedere il piano sugli aiuti anti-crisi portando da 600 a 2 mila dollari l’assegno per gli americani e pone il veto sulla legge di Difesa, quella sul bilancio del Pentagono per il 2021.
Il tutto mentre manca meno di un mese alla sua uscita di scena (dalla Casa Bianca) e pochi giorni ai ballottaggi del 5 gennaio in Georgia, decisivi per il controllo del Senato. La partita che il presidente sta giocando è quella per il controllo del Grand Old Party (Gop), quello che negli ultimi 4 anni è stato il partito di Trump. Il braccio di ferro è con il leader del Senato, il repubblicano Mitch McConnell che ha ‘osato’ congratularsi con Joe Biden dopo la ratifica della vittoria alle elezioni da parte del collegio elettorale.
Trump si rifiuta di riconoscere la sconfitta e non perdona lo sgarbo. Scombina le carte e fa sponda con un improbabile alleato, l’inossidabile madrina del suo impeachment, la dem Nancy Pelosi, “pronta” a rimpolpare gli aiuti per gli americani: “facciamolo!”.
Il braccio di ferro con McConnell
Con McConnell è solo il primo match. Il veto sulla legge di Difesa è il nono di Trump in 4 anni. Ha bocciato - tra gli altri - il blocco della vendita di armi al Medio Oriente e il diniego ad usare i fondi del Pentagono per costruire il muro al confine con il Messico. Per bypassare il veto presidenziale occorre una maggioranza di due terzi sia alla Camera (controllata dai democratici) e sia al Senato (dove i repubblicani detengono la maggioranza). Fino ad ora i parlamentari Gop non hanno mai tradito Trump. Questo sarà il primo test da quando ha perso le elezioni.
Nel comunicato con il quale annuncia il veto sul National Defense Authorization Act (Ndaa) da 740 miliardi, il capo della Casa Bianca denuncia il mancato stralcio della ‘Sezione 230’ (che garantisce lo scudo legale al Big Tech rispetto ai contenuti postati da terzi) e della misura che impone di cambiare il nome alle basi intitolate ai confederati: “Non approverò questa legge che mette gli interessi dell’establishment di Washington Dc prima di quelli del popolo americano”. E’ il grido di battaglia con cui vinse l’elezione nel 2016, “Drain the swamp”, prosciugare la palude di Washington: “Sfortunatamente la legge non include misure cruciali di sicurezza nazionale e comprende clausole che non rispettano i militari e la storia dei nostri militari, contraddicendo gli sforzi della mia amministrazione per mettere l'America al primo posto nelle nostra azioni di sicurezza nazionale e di politica estera: è un regalo alla Cina e alla Russia".
Il Congresso ha tempo fino al 3 gennaio
Trump aveva 10 giorni di tempo da quando la misura è arrivata sul suo tavolo. Ha aspettato fino all’ultimo momento per porre il veto. Il Congresso ha fino alle 12 del 3 gennaio per approvare la legge di Difesa con una maggioranza qualificata, prima dell’avvio della nuova legislatura. Cosa accadrà? I parlamentari potrebbero rifilare al presidente una pesante sconfitta nelle ultime settimane del suo mandato. La probabilità per Trump di raggiungere il suo scopo è data al 50%. Di mezzo c’è la Georgia. McConnell non può permettersi la sconfitta in tutte e due le gare del 5 gennaio. Perderebbe il ruolo di leader di maggioranza, la faccia e la presa sul partito.
I dem accusano il comandante in capo di fare politica sulla pelle dei militari. “Il veto viola i nostri valori nazionali”, attacca Pelosi, “il presidente sta usando “le sue ore finali in carica per creare il caos”. “Il veto del presidente sbarra la strada agli aumenti salariali per le truppe, alla prevenzione dei suicidi dei veterani, ai necessari investimenti nella nostra sicurezza nazionale”, protesta il senatore Tim Kaine, ex candidato alla vice presidenza nel ticket con Hillary Clinton. Il presidente della commissione servizi armati del Senato, il repubblicano Jim Inhofe esorta (Trump) a considerare un altro veicolo legislativo per cancellare la “Sezione 230”.
La legge di difesa è stata sempre approvata “negli ultimi 59 anni di fila perché è assolutamente vitale per la nostra sicurezza nazionale e le nostre truppe e quest’anno non può essere un’eccezione – avverte Inhofe – ai nostri uomini e alle nostre donne in uniforme non deve mai essere negato quello di cui hanno bisogno”.
Perché Trump si oppone
Della legge di Difesa la Casa Bianca contesta le limitazioni al potere del presidente di richiamare le truppe dall’Afghanistan e dalla Germania e la creazione di un responsabile della sicurezza informatica la cui nomina dovrebbe venire approvata dal Senato. Trump vuole ridurre i militari americani in Afghanistan a 2.500 entro il 15 gennaio e ritirare dalla Germania 12.000 uomini.
I repubblicani speravano che il via alla misura con una schiacciante maggioranza avrebbe scoraggiato il veto presidenziale. A quanto pare avevano fatto male i conti. La legge è passata con 335 sì e 78 no alla Camera e con 84 sì e 12 no al Senato. Il leader di minoranza alla Camera, il Gop Kevin McCarthy, che ha votato a favore della legge di Difesa, mette in chiaro che non voterà contro Trump. Liz Cheney, tra le voci repubblicane più critiche su The Donald, esorta a ignorare le obiezioni del comandante in capo uscente.
Il veto di Trump è il sesto sulla legge di Difesa da 40 anni. I predecessori Barack Obama, George W. Bush e Bill Clinton hanno tutti e tre posto un veto nei loro 8 anni in carica sulla misura che stanzia le risorse per il Pentagono . Il Congresso è chiuso per ferie. Trump è a Mar-a-Lago, in Florida. I parlamentari saranno costretti a interrompere le vacanze e tornare a Washington. La Camera ha fissato il voto per lunedì 28 dicembre. Il Senato dovrebbe esprimersi il giorno seguente. Vedremo chi andrà al tappeto.