AGI - Lo scorso 16 dicembre l’arte della miniatura è stata inserita nella lista dei patrimoni dell’Unesco. Il giusto riconoscimento per una tradizione antichissima, la prima forma di rappresentazione bidimensionale, arte radicata in Iran, Uzbekistan, Azerbaigian e Turchia.
Ne ha parlato con AGI il maestro Taner Alakus, uno dei più famosi miniaturisti di Istanbul, che incontrato nel suo atelier dove per prima cosa gli ho chiesto quali sono gli elementi di una miniatura perfetta.
“Realizzare miniature richiede un impegno costante, ma soprattutto passione e amore per questa forma d’arte. Servono mesi di lavoro. Si tratta di uno stile antico 1700 anni, è mio dovere fare di tutto per dare continuità a uno stile altrimenti destinato ad essere confinato nel passato, in musei e collezioni private”, sèiega Alakus mostrando il suo atelier, a due passi dal museo di San Salvatore in Chora.
Uno scrigno di splendidi mosaici e affreschi bizantini sul Corno d’Oro, in parte tornato moschea lo scorso agosto con una decisione che ha scatenato non poche polemiche, arrivata subito dopo la riapertura al culto islamico della più famosa Santa Sofia.
Ai colori estratti da fiori e piante del passato si sono sostituiti acquerelli, al posto di filigrana rivestita di tuorlo d’uovo sono comparsi fogli di produzione industriale e invece degli aculei di animali per riempire minuscoli intersizi da colorare ad uno ad uno, si usano ora pennini sottilissimi. Ma la tradizione continua, anche senza le presse d’avorio usate nel passato per dare lucentezza ai fogli su cui effettuare il disegno, che andrà poi miniaturizzato e reso bidimensionale.
Il maestro Alakus impartisce lezioni nel proprio studio e presso la facoltà di Belle Arti: “Nei miei studenti – mi dice – riscontro sempre la voglia di riscoprire le radici della nostra cultura, imparare dal passato per produrre qualcosa di bello nel presente, destinato a rimanere in futuro”.
Le antiche miniature forniscono una testimonianza di come si svolgeva la vita ai tempi dell’impero ottomano e nel mondo islamico.
“Ma sarebbe sbagliato dare a questa forma d’arte una connotazione islamica”, rivela il maestro mostrandomi una miniatura che rappresenta il Cristo con Santa Sofia sullo sfondo: “Istanbul è da sempre un crocevia di culture e religioni e tutte sono state rappresentate. La miniatura rispecchia il mondo in cui è prodotta, racconta storie, miti, mostra aspetti antropologici, religiosi e rivela i paesaggi di un tempo”.
Durante l’impero ottomano il mestiere del miniaturista era uno dei più importanti e rispettati, perché rappresentavano ciò che, rimanendo scritto, risultava inaccessibile a molti. Dall’Impero a una città che si apriva al mondo all’inizio del 900, dalle miniature dell’epoca emergono particolari della vita quotidiana, la varietà di culture, il quadro variegato di una una geografia da sempre cosmopolita.
La stretta connessione tra miniatura e cultura permette a questa arte di rinnovarsi.
“Cambiano i soggetti è vero, perché l’impero e’ finito da un bel po’ - sorride Alakus- ma cambiano anche i panorami del Bosforo, soggetti tradizionali. Rappresentati centinaia di anni fa vengono ripresi oggi, per mostrare i nuovi skyline e i cambiamenti di una città in continuo movimento, come appunto Istanbul”.