AGI – La riduzione, entro il 2030, del 55% rispetto al 1990 delle emissioni inquinanti è l’”obiettivo ambizioso” fissato dai 27 capi di Stato e di governo Ue al termine di un vertice a Bruxelles in cui si sono affrontate anche altre drammatiche questioni, dal Covid ai fondi per sostenere la ripresa.
Anche se il Parlamento aveva chiesto una riduzione del 60%, si tratta comunque di un deciso aumento rispetto al precedente obiettivo che era del 40%: la presidente della Commissione europea, Ursula von der Leyen, l’ha definita una “proposta ambiziosa per un nuovo obiettivo sul clima”.
Il 2030, fra dieci anni, e rappresenta una data intermedia per la neutralità delle emissioni, a cui l'Ue punta entro il 2050. "Non esiste un piano B", ha commentato il presidente francese Emmanuel Macron che si appresta a celebrare, domani, l'anniversario dell'accordo sul clima di Parigi.
Nelle discussioni notturne che hanno portato all'accordo, è emersa con forza l'esigenza di non fallire sulle questioni climatiche dopo essere stata leader in materia nei confronti di Usa e Cina.
Il risultato è stato ottenuto simbolicamente 5 anni esatti dopo l’accordo di Parigi; il nuovo obiettivo sarà presentato alle Nazioni Unite entro la fine dell’anno, e poi dovrà essere integrato nel diritto europeo previo accordo di Europarlamento e Consiglio.
L’accordo è stato sofferto, per l’iniziale opposizione dei Paesi più dipendenti dalle fonti di energia a base di carbonio, come Polonia e Repubblica Ceca: per concedere il consenso, hanno ottenuto garanzie di sostegno anche finanziario per la transizione a fonti energetiche meno inquinanti.
Nelle conclusioni si legge che "l'obiettivo sarà raggiunto collettivamente dall'Unione Europea” e che “gli Stati partecipano allo sforzo tenendo conto dell'equità e della solidarietà, senza lasciare indietro nessuno”.
L’accordo non ha però suscitato l’entusiasmo degli ambientalisti, che non ritengono l’obiettivo del 55% sufficiente. Ieri, Greta Thunberg aveva criticato le “parole vuote” e gli obiettivi a lungo termine, invitando i leader mondiali a prendere decisioni concrete e immediate.
Secondo il WWF e Greenpeace, sarebbe necessaria una riduzione di almeno il 65% per rispettare l'accordo di Parigi. Chiosa l’ex europarlamentare verde ed ex presidente del partito in Europa, Monica Frassoni: “la valutazione di questo Consiglio dal punto di vista della lotta ai cambiamenti climatici è moderatamente positiva, ma ci impone di rimboccarci le maniche, tutti, attivisti, imprese che operano nel green, parlamentari e governanti. Siamo ancora nel pieno della battaglia e la possibilità di centrare gli obiettivi stabiliti a Parigi esiste, ma non è per nulla acquisita”.