AGI - È cresciuto a Parigi, parla fluentemente francese, "vive a cavallo dell'Atlantico", come ripete chi lo conosce bene, è uno sfegatato multilateralista e, 'last but non least', è assolutamente favorevole all'accordo sul nucleare iraniano: se c'è una cosa su cui sono tutti d'accordo a Washington è che Antony Blinken - l'uomo scelto da Joe Biden come segretario di Stato americano - rappresenta una svolta netta nei confronti dell'amministrazione Trump non solo dal punto di vista politico, ma finanche da quello antropologico, culturale, psicologico.
Anche fisicamente l'opposto del suo predecessore, il sanguigno Mike Pompeo, l'uomo che guiderà dal prossimo 20 gennaio la diplomazia Usa "ha la capacità di dire alle persone in modo soffice cose durissime", come non manca di riferire Sandy Berger, ex consigliere per la sicurezza nazionale di Barack Obama.
L'infanzia con la madre a Parigi
Cosmopolita, progressista, presenza fissa della cerchia più stretta del nuovo inquilino della Casa Bianca, è nato a New York nel 1962 in una famiglia ebraica. Figlio di un banchiere amante delle arti (vantava Mark Rothko tra i suoi migliori amici) e di una manager della celeberrima compagnia di danza di Merce Cummingham, dopo il divorzio dei suoi crebbe con la madre a Parigi, dove tra i suoi vicini di casa gli capitava d'incontrare il grande pianista Arthur Rubinstein e la principessa Grace di Monaco.
Teenager precoce, oltre a suonare in un gruppo di jazz, si divertiva a disquisire di politica con varie celebrità che capitavano a casa sua: tra questi, per dirne due Catherine Deneuve e Jane Fonda.
Studi di legge a Harvard e alla Columbia, la sua carriera Antony Blinken l'ha vissuta in prevalenza all'ombra delle ultime due presidenze democratiche: è stato vice segretario di Stato negli ultimi due anni dell'amministrazione Obama, preceduti da quattro anni passati come consigliere per la sicurezza nazionale dello stesso Biden quando era vicepresidente.
Ma è stato anche il principale "suggeritore" in fatto di politica estera dell'ex senatore del Delaware durante tutta la sua campagna presidenziale, così com'era stato al fianco del futuro presidente quando era il potente presidente della Commissione estera del Senato, e prima aveva servito nella squadra per la sicurezza nazionale di Bill Clinton.
"La sua funzione sarà quella di ristabilire i legami con gli alleati al di là dello stagno", giurano gli amici. Così, spiegano a Washington, se Pompeo non perdeva occasione per lamentarsi di quello che definiva il "Deep State Department", quasi certamente Blinken sarà accolto a Foggy Bottom a braccia aperte.
I dossier dei quali si è occupato sono stati quasi sempre i più scottanti: Afghanistan, Iran, Pakistan durante la prima amministrazione Obama, Siria e conflitto ucraino quando si era trasferito nella West Wing come vice consigliere per la sicurezza nazionale. Che non sia un passante e men che mai un 'parvenu' alla Casa Bianca lo testimonia la celeberrima foto della "Situation room" scattata durante l'operazione che portò alla cattura di Osama Bin Laden, nel 2011: dietro Obama, Biden, Hillary Clinton e i sommi vertici militari c'è lui, Antony Blinken.
"Il mondo non si ordina da solo"
"Il mondo non si ordina da solo" è una delle frasi che il cinquantottenne ama ripetere più spesso: evidentemente l'opposto della logica dell'"America first", come ci si affretta ad annotare a Berlino, Parigi, ma anche a Pechino. Il suo volto non è sconosciuto, però, ai telespettatori americani: in nome della società di consulenza fondata insieme a Michele Flournoy - che molti indicano come la prossima segretaria alla Difesa - sovente è apparso sui media come esperto di politica estera, non mancando di criticare aspramente l'approccio sferzante con il quale Donald Trump ha preferito trattare i suoi alleati occidentali.
E qui Blinken ha ripetuto quella che sarà la strategia della presidenza Biden: l'America riprenderà il suo ruolo come potenza globale. "Perché, se non è Washington ad esprimere la sua leadership, o lo faranno altri, oppure si creano dei vuoti pericolosi. Tutte opzioni che certo non aiutano gli interessi americani".
Per il resto, data la sua statura di fedelissimo di Biden, è plausibile che la sua agenda del primo anno di mandato sarà quella già ripetutamente delineata dal presidente eletto: lotta alla pandemia e ai cambiamenti climatici con tanto di ritorno in grande stile degli Usa negli accordi di Parigi, così come un nettissimo dietrofront sul tema del nucleare iraniano.
Anche perché lui stesso è uno dei padri dell'intesa firmata nel 2015, sotto Barack Obama. Non a caso sono state innumerevoli le volte che Blinken ha avvertito che la decisione di Trump di ritirarsi da quell'accordo "senza che non vi fosse niente a rimpiazzarlo" rischiava di mettere proprio Israele "nella prima fila di fuoco se l'Iran davvero riuscisse a sviluppare un ordigno nucleare".
L'incontro con Samuel Pisar
Perché se da una parte il futuro segretario di Stato non manca di mostrare attenzione verso il Medio Oriente, è altrettanto vero che viene descritto come "un amico fermo" nei confronti di Israele. E qui si apre un'altra finestra biografica: quando, a nove anni, andò da vivere nella 'ville lumiere' con la madre e con il suo secondo marito. Un incontro fondamentale per il piccolo Antony: Samuel Pisar, nativo polacco, non solo era un celebre avvocato (aveva negoziato il primo divorzio dell'attore hollywoodiano Richard Burton) e confidente di vari presidenti francesi, ma era anche un sopravvissuto dell'Olocausto.
Un rapporto che lo segnò profondamente: Pisar spesso mostrava il numero da detenuto tatuato sull'avambraccio di quando era stato deportato ad Auschwitz e raccontava di essere riuscito a cavarsela scampando ad una "marcia della morte" fuori dal lager, nascondendosi per giorni in una foresta. Un giorno, cosi' Pisar, sentì un "suono profondo e rombante": era un carrarmato statunitense. A quel punto disse le uniche tre parole che conosceva in inglese: "God bless America".
Come Blinken ancora oggi ama ripetere: "Questa è la storia con la quale sono cresciuto, e parla di quel che rappresenta il nostro Paese, e cosa significa quando gli Stati Uniti si impegnano in prima linea ed esprimono la loro funzione di guida". Tutto perfettamente in linea con la grande foto in bianco e nero che campeggia sul suo account Twitter: è scattata allo Studio Ovale, alla scrivania grande è seduto Barack Obama, al suo fianco c'è lui, il diplomatico cresciuto a Parigi.