AGI - Un tribunale del Cairo ha esteso di 45 giorni la detenzione preventiva di Patrick Zaky, lo studente egiziano dell'università di Bologna imprigionato in Egitto da nove mesi. Lo riferisce il profilo Twitter di Eipr, l'associazione egiziana per i diritti umani con la quale collaborava Zaky, accusato di propaganda sediziosa. L'udienza si è svolta ieri davanti al tribunale penale alla presenza di Zaky e dei suoi avvocati. La corte ha ascoltato la difesa degli avvocati e ha dato a Patrick la possibilità di parlare, poi i legali hanno presentato un memorandum che illustrava in dettaglio le argomentazioni della difesa e le motivazioni dietro la richiesta di rilascio dell'assistito.
La proroga della detenzione di Zaky arriva al termine di una settimana che ha visto l'arresto di tre dei principali dirigenti di Eipr. A finire in carcere - tra il 15 novembre e venerdì scorso - sono stati nell'ordine: Mohammed Basheer, direttore amministrativo di Eipr arrestato nella sua abitazione al Cairo; Karim Ennarah, direttore per la parte giustizia penale, arrestato mentre era in vacanza a Dahab e Abdel Razek, direttore generale della Ong, portato via dalla sua abitazione al Cairo da agenti delle forze di sicurezza. Al fondatore di Eipr, Hossam Bahgat, era già stato impedito di lasciare l'Egitto e i suoi beni sono stati congelati.
"Si tratta di uno sviluppo molto preoccupante che evidenzia l'estrema vulnerabilità della società civile in Egitto", ha denunciato la portavoce dell'Alto commissario Onu per i diritti umani, Revina Shamdasani. Anche la diplomazia internazionale, tra cui quella italiana, si è mobilitata per chiedere il rilascio degli attivisti, tutti e tre ora in carcere preventivo per 15 giorni e iscritti dalla Procura speciale per la sicurezza di Stato nel caso 855/2020. Si tratta della maxi-inchiesta che coinvolge diversi attivisti, avvocati e giornalisti con accuse di "terrorismo, diffusione di dichiarazioni false per danneggiare la sicurezza nazionale e utilizzo di internet per pubblicare notizie false".
Condanna anche da Amnesty International, che parla di "un accanimento giudiziario che necessita di un'azione diplomatica forte da parte delle autorità italiane".