AGI - Il recente ricambio ai vertici del Pentagono attuato dal presidente degli Stati Uniti uscente, Donald Trump, avrebbe come obiettivo l'accelerazione dell'annunciato ritiro delle truppe dall'Afghanistan. È in tale ottica che andrebbe letta la nomina, avvenuta mercoledì scorso, dell'ex colonnello Douglas Macgregor, sostenitore del ritiro totale, come consigliere del segretario alla Difesa. Questa chiave di lettura appare rafforzata da un tweet del senatore Rand Paul, di orientamento "libertarian" e da sempre critico nei confronti dell'impiego delle forze armate statunitensi in scenari bellici all'estero. "Sono molto felice che Donald Trump abbia chiesto al mio amico Col. Doug Macgregor di aiutare a porre fine rapidamente alla guerra in Afghanistan", ha twittato Paul, "l'idea di questa e di altre scelte è di avere le persone giuste per aiutarlo finalmente a fermare le nostre infinite guerre".
A 69 giorni dalla fine del suo mandato, Trump ha sostituito il segretario alla Difesa Mark Esper con un ex luogotenente delle forze speciali, Christopher Miller, che aveva appena assunto la guida dell'antiterrorismo. Con Esper, da tempo in rotta con Trump, sono stati allontanati i massimi vertici della Difesa Usa: il sottosegretario responsabile della politica James Anderson, il sottosegretario con delega all'intelligence Joseph Kernan e il capo dello staff Jen Stewart. A prendere il loro posto, rispettivamente, il generale in pensione Anthony Tata, spesso ospite su Fox News; Ezra Cohen-Watnick, in passato vicino al'ex consigliere per la sicurezza nazionale Michael Flynn, e Kash Patel, ex funzionario del Consiglio di Sicurezza Nazionale.
I dubbi dei militari sul disimpegno
Donald Trump ha annunciato di voler ridurre il numero dei militari statunitensi in Afghanistan a 2.500 all'inizio del 2021 e ha persino menzionato un ritiro totale per Natale, ma i militari non vedono con favore un disimpegno in assenza di un calo delle violenze nel Paese. Due settimane prima delle elezioni presidenziali, il capo di stato maggiore degli Stati Uniti, il generale Mark Milley, aveva definito una "speculazione" l'obiettivo quantificato dalla Casa Bianca. Il consigliere per la sicurezza nazionale Robert O'Brien lo aveva però smentito, garantendo che tale è "l'agenda del presidente degli Stati Uniti. Non è una speculazione".
Anche se non criticano in pubblico la posizione della Casa Bianca, i soldati dicono in privato di essere formalmente contrari a scendere sotto i 4.500 effettivi, a meno che i talebani, con i quali è in corso un difficile negoziato di pace, non ripudino i legami con il movimento jihadista Al-Qaeda. "La verità è che la data della nostra partenza non cambierà nulla. Tutto crollerà", aveva dichiarato Macgregor all'inizio dell'anno, "ma la buona notizia è che quando ce ne andremo, almeno, non sovvenzioneremo più la corruzione, né il principale produttore mondiale di eroina". "Voglio che le nostre truppe se ne vadano. Ecco perché abbiamo votato per lui (Trump) e lui deve farlo", aveva aggiunto.