AGI - Durante gli anni della guerra di Bosnia, l'hotel Vilina vlas, nella città di Visegrad, fu il luogo degli orrori destinato alla tortura e allo stupro delle donne musulmane. Ora è una struttura ricettiva, con tanto di spa, promossa dalla regione serba con voucher e incentivi per risollevare il turismo dalla pandemia di Covid-19. Una scelta che ha indignato le vittime e fatto infuriare chi teme sia in atto una "rimozione della memoria".
Nel tentativo di salvare la stagione turistica nel mezzo della pandemia, la regione serba della Bosnia ha lanciato un programma di aiuti per il settore alberghiero, compresi i voucher per i pernottamenti. Tra gli stabilimenti beneficiari dell'iniziativa vi è anche il Vilina vlas, situato vicino al ponte Mehmed Pasha Sokolovic, un'opera del XVI secolo che ha ispirato il famoso romanzo "Il ponte sulla Drina" del Nobel jugoslavo per la letteratura Ivo Andric. Mentre Visegrad presenta lo storico ponte ottomano come attrazione principale, nulla nell'hotel o nei suoi dintorni ricorda le atrocità avvenute nelle sue stanze un quarto di secolo fa, negli anni del conflitto tra il 1992 e il 1995.
Ehlimana Memisevic, professore associato di diritto all'Università di Sarajevo, ritiene che promuovere l'hotel "equivalga a cancellare la storia". In un articolo, il giurista assicura che si tratti di "un nuovo tentativo di sradicare le atrocità dalla memoria pubblica" e ricorda che le violazioni "facevano parte di un sistema di crimini commessi con l'obiettivo di sterminare la popolazione musulmana bosniaca".
L'hotel fu trasformato nel 1992 in un centro di detenzione femminile dal "signore della guerra" locale Milan Lukic, un leader paramilitare serbo-bosniaco arrestato nel 2005 in Argentina. Bakira Hasecic, fondatrice dell'associazione "Donne vittime di guerra", è una delle duecento vittime che si stima abbiano subito stupri sistematici a Visegrad. Raccontando la sua storia a Efe, ha ricordato "l'orrore" vissuto lì nella primavera del 1992 e quell'hotel "letteralmente intriso di sangue". Impossibile nascondere il disagio: "Se almeno mettessero una targa commemorativa, un monumento, qualche segno che lì furono uccise delle persone e che le donne vennero violentate". "Non so come si possa alloggiarvi. Ma ci sono persone che lo fanno. Non ho altri commenti".
Hasecic venne violentata nel seminterrato di una stazione di polizia, ma la maggior parte delle donne che subirono abusi sessuali a Visegrad furono trattenute e violentate a Vilina vlas. Altre donne vittime decisero di porre fine alla loro vita, come Jasmina Ahmetspahic, che a 24 anni si gettò dal secondo piano dell'hotel dopo essere stata violentata per quattro giorni. Alla fine della guerra, Hasecic ha fondato la sua associazione per aiutare i sopravvissuti allo stupro, documentare i crimini e fornire testimonianze nei processi per crimini di guerra.
In seguito alla sua estradizione alla Corte internazionale dell'Aia, Milan Lukic venne condannato nel 2009 all'ergastolo e suo cugino Sredoje a trent'anni di carcere per crimini contro l'umanità e la guerra. I loro crimini furono considerati "brutalità straordinaria": entrambi ebbero ruolo diretto nell'omicidio di circa 70 donne musulmane, bambini e anziani, ma non furono condannati per gli stupri a Visegard.
Un rapporto delle Nazioni unite del 1994 menziona Vilina vlas come centro di detenzione per donne, tra loro anche minori di 14 anni. Include anche la testimonianza di una donna che venne violentata da nove soldati in un solo giorno. Nel 2009, Amnesty international chiese alla procura della Repubblica bosniaca di aprire un'indagine sugli abusi avvenuti nella città. Nonostante tutto, il luogo di questi crimini brutali è stato ricostruito come un hotel termale nel 2005 ed è tornato ad accogliere ospiti.
"Cosa possiamo fare con l'edificio? Non è colpa sua per quello che è successo", dice Bilal Memisevic, sindaco di Visegrad. "Quante persone sono state uccise sul ponte locale nella seconda guerra mondiale e nel 1992? E dovrebbe essere distrutto per questo?", ha chiesto il primo cittadino. "Sì, è necessario segnalare i luoghi che sono stati teatro di sofferenza, ma è molto più importante condannare gli autori dei crimini", sostiene Memisevic, che ricorda il numero di criminali ancora latitanti.