AGi - Azerbaigian e Armenia si sono scambiate accuse reciproche di violazioni della fragile tregua umanitaria raggiunta con la mediazione di Mosca e che sembra già morta all'indomani della sua entrata in vigore, dopo una notte di bombardamenti, anche sui civili.
La tregua tra i due Paesi - alle prese con una violenta escalation militare del conflitto trentennale per il controllo dell'enclave armena in Azerbaigian del Nagorno-Karabakh - è stata accolta con favore anche dal Papa, ma le speranze che regga ancora a lungo sono flebili, nonostante le autorità parlino di una situazione di relativa calma lungo la linea del fronte.
Il presidente dell'autoproclamata repubblica del Nagorno-Karabakh, Araik Haroutiounian, ha definito "più tranquilla" la situazione rispetto a ieri, ma ha rilevato "alcuni scambi di colpi di mortaio sulla prima linea". Da parte sua l'Azerbaigian, sostenuto dalla Turchia di Erdogan, ha annunciato che nove civili sono stati uccisi nei bombardamenti notturni da parte dei separatisti appoggiati dall'Armenia su Ganja, seconda città del Paese a una sessantina di chilometri dal fronte.
Le accuse sono state respinte dalle autorità del Karabakh, le quali hanno assicurato di rispettare la tregua umanitaria, che comprende anche lo scambio di prigionieri e caduti. Anche Stapanakert, capitale del Nagorno-Karabakh, è stata obiettivo di almeno tre bombardamenti questa notte. Mosca ha preso l'iniziativa negoziale, venerdì scorso, ospitando negoziati tra i ministri degli Esteri armeno e azero, alla presenza del capo della diplomazia russa Serghei Lavrov, che ha parlato oggi col suo omologo turco, Mevlut Cavusoglu.
Iniziato lo scorso 27 settembre, i combattimenti tra le truppe separatiste e l'Azerbaigian sono i più gravi dal cessate il fuoco del 1994, che non è mai scaturito in una pace. Finora, sono stati registrati quasi 500 morti, tra cui una sessantina di civili, un bilancio che in realtà potrebbe essere molto più pesante. L'Azerbaigian non ha pubblicato il bilancio dei suoi militari caduti e ogni schieramento ha affermato di aver ucciso migliaia di soldati avversari. La realtà sul campo rimane poco chiara, ogni campo nega sistematicamente i successi annunciati dall'altro.