AGI - I governi di Armenia e Azerbaigian hanno concordato di avviare "trattative sostanziali" per arrivare "quanto prima" a una risoluzione pacifica del conflitto in Nagorno-Karabakh. Lo riferisce il ministro degli Esteri russo, Serghei Lavrov, dopo aver annunciato l'intesa per il cessate il fuoco tra le due nazioni, i cui eserciti si stanno scontrando dal 27 settembre nel territorio conteso, oggetto di una disputa che dura da trent'anni.
Lavrov ieri ha accolto a Mosca i suoi omologhi azero e armeno, Jeihun Bayramov e Zohrab Mnatsakanian, convocati venerdì scorso dal presidente russo, Vladimir Putin, nel tentativo di porre fine a un conflitto che ha causato decine di vittime militari e civili. Il capo della diplomazia russa, dopo dieci ore di colloquio, ha annunciato che dalle 12 di oggi entrerà in vigore un cessate il fuoco per "ragioni umanitarie", che consentirà lo scambio dei prigionieri e dei corpi dei morti, sotto la mediazione del Comitato Internazionale della Croce Rossa.
Erevan e Baku hanno inoltre ratificato una formula di mediazione che prevede la supervisione del Gruppo di Minsk, la struttura messa in piedi nel 1992 dall'Osce per prevenire il riaccendersi delle ostilità nel Nagorno-Karabakh. Il Gruppo è formato da Stati Uniti, Russia e Francia. Ciò significa che non sarà possibile per altri Paesi aggiungersi alla troika di mediatori.
Pur avendo entrambi affermato appena il giorno prima che non fosse ancora il momento di un faccia a faccia tra i capi delle due diplomazie, sia il primo ministro armeno, Nikol Pashinian, che il leader azero, Ilham Aliyev, hanno risposto ieri in modo positivo all'iniziativa di Putin. Poche ore dopo la chiamata del Cremlino, Mnatsakanian e Bayramov erano già atterrati a Mosca per incontrare Lavrov. Il giorno prima Bayramov si era inoltre recato a Ginevra per colloqui con il gruppo di Minsk al quale la sua controparte armena aveva ritenuto di non partecipare.
Prima dell'avvio del vertice di Mosca, Pashinian si era detto "pronto a riprendere il processo di pace". Mentre i colloqui erano ancora in corso nella capitale russa, il presidente azero aveva però gelato le aspettative affermando che "al momento il conflitto si decide per la via militare e in seguito lo si deciderà per via politica". "Durante 30 anni di negoziati non ci hanno concesso un centimetro del territorio occupato", ha ribadito Aliyev, "non sono riusciti a obbligare l'aggressore ad abbandonare la nostra terra e a far rispettare le risoluzioni Onu". "Diamo all'Armenia la possibilità di abbandonare i nostri territori in modo pacifico", ha aggiunto, "sia come sia, recupereremo quei territori e ristabiliremo la nostra integrità territoriale".
Il Nagorno-Karabakh è formalmente parte dell'Azerbaigian ma ospita una popolazione a maggioranza armena le cui spinte separatiste sono iniziate con la dissoluzione dell'Unione Sovietica. Nelle due settimane di combattimenti iniziate il 27 settembre l'autoproclamata repubblica ha denunciato una ventina di vittime civili, mentre Baku ne ha segnalate trentuno. Non è chiaro il numero dei morti tra i militari. Erevan ha parlato di centinaia di caduti tra le proprie file e di migliaia tra quelle del nemico. L'Azerbaigian non ha fornito cifre.