AGI - Lo snapback è il meccanismo previsto dall'articolo 11 della risoluzione 2231 delle Nazioni unite con cui è stato approvato l'accordo globale del 2015, noto come Piano d'azione globale congiunto (Jcpoa, dall'acronimo in inglese), che limita il programma nucleare iraniano.
L'articolo 11 prevede che "entro trenta giorni dal ricevimento di una notifica da parte di uno Stato partecipante al Jcpoa che segnala un significativo inadempimento degli impegni" si debba "votare su un progetto di risoluzione per mantenere in vigore" la revoca delle sanzioni. Se entro dieci giorni dalla notifica delle violazioni, nessun membro del Consiglio di sicurezza presenta un progetto di risoluzione per una votazione, lo fa il presidente del Consiglio di sicurezza entro trenta giorni e lo mette a votazione".
L'articolo 12 prevede, invece, che "se il Consiglio di Sicurezza non adotta una risoluzione ai sensi dell'articolo 11 per mantenere in vigore la risoluzione, a partire dalla mezzanotte dopo il trentesimo giorno dalla notifica al Consiglio di sicurezza, tutte le disposizioni delle risoluzioni 1696 (2006), 1737 (2006), 1747 (2007), 1803 (2008), 1835 (2008) e 1929 (2010), si applicano come avveniva prima dell'entrata in vigore della risoluzione", a meno che il
Il Consiglio di sicurezza non decida diversamente.
In sintesi, se uno Stato coinvolto nell'accordo nucleare notifica al Consiglio di sicurezza violazioni significative da parte dell'Iran, le sanzioni originali revocate nel 2016 verranno automaticamente ripristinate in 30 giorni a meno che il Consiglio di sicurezza non adotti un'altra risoluzione per evitarlo.
Gli Stati Uniti hanno quindi deciso il ricorso all'articolo 12 ma gli altri Stati membri contestano il fatto che Washington si sia ritirata dall'accordo nel 2018 e di non avere quindi più il diritto di ricorrere allo snapback.
Il dipartimento di Stato americano sostiene che non vi è una norma nella risoluzione che escluda le nazioni che abbandonano l'accordo dall'innesco di sanzioni.