Due città, due candidati, un racconto. Non sono Londra e Parigi come nelle pagine di Charles Dickens, siamo a Scranton in Pennsylvania e a Mosinee nel Wisconsin, due Stati in bilico nella corsa alla Casa Bianca. Un confronto a distanza tra i due sfidanti, ciascuno nel suo ambiente naturale. Town hall per Joe Biden nella sua città natale con un network ‘amico’, la Cnn. Grande comizio per Donald Trump, nel format brevettato per l’era Covid: all’aperto in un hangar con l’Air Force One a fargli da sfondo, bandiere a stelle e strisce, folla adorante rigorosamente senza mascherine, cappellini rossi e ‘Make America Great Again’.
Quello di Cnn è stato il primo town hall nella versione drive in, con le auto degli elettori indecisi schierate davanti al palco in un campo da baseball trasformato in parcheggio che Trump ha stigmatizzato via Twitter prima ancora del suo trionfale atterraggio nel Badger State: “È così divertente guardare i Fake News ossequiare la ridicola conferenza con le auto di Sleepy Joe. Patetico". “Cosa c’è di bello in un parcheggio?”, ha poi rincarato durante il comizio.
In quella che è sembrata una prova generale in vista del primo faccia a faccia in tv in calendario il prossimo 29 settembre a Cleveland, nell’Ohio, Biden ha rivendicato la sua appartenenza alla classe media, contrapponendola ai ricchi di Park Avenue e di Wall Street rappresentati dal tycoon. Ha detto che Trump dovrebbe dimettersi per come ha gestito la crisi del coronavirus ed ha definito “quasi criminale” il fatto che abbia sminuito i rischi della pandemia: “Non avrei mai immaginato di vedere un’amministrazione così irresponsabile”.
Ha spiegato che il ‘fracking’ va bene (anche perché impiega tanti addetti nell’Ohio e in Pennsylvania) ma che bisogna avviare una transizione verso energie più pulite. Si è però smarcato (ma non troppo) dal ‘Green New Deal’ della liberal Alexandria Ocasio-Cortez: “Io ho il mio deal”, che non distrugge posti di lavoro ma li crea. Si è impegnato a ridurre le truppe Usa all’estero e ha promesso di punire Mosca se non la smette di interferire nelle elezioni presidenziali americane: “Ci sarà un prezzo da pagare e Putin lo sa, per questo non mi vuole come presidente. Non intendo la guerra ma pagherà un prezzo, un prezzo economico”.
Trump, in attesa di arrivare in Wisconsin, ha anticipato la contro programmazione con una raffica di tweet, sparando a zero anche contro il suo direttore dell’Fbi, Chris Wray, reo di aver denunciato le interferenze di Mosca nelle elezioni Usa: “Peccato che non abbia rilevato quelle molto più pericolose della Cina”.
Biden, che giocava in casa, si è mostrato energico. È rimasto in piedi tutto il tempo (come avviene nei dibattiti presidenziali) a differenza di quanto non abbia fatto Trump che sulla Abc era seduto. Ha optato per una mise “blu dem”, compresa la cravatta mentre ‘The Donald’ sulla Abc aveva sfoggiato una cravatta regimental rossa e blu (lasciando per una volta nel cassetto quella tutta rossa).
Parlando della questione razziale, l’ex vice presidente ha dichiarato di aver beneficiato del privilegio di essere bianco, nel senso che non ha dovuto affrontare quello che “passano i fratelli e le sorelle di colore”. In mattinata aveva inviato in Pennsylvania la sua candidata vice, Kamala Harris, per fare campagna tra gli afroamericani. Durante la colazione via Zoom con i senatori democratici ha promesso loro di aiutarli negli Stati in bilico, investirvi tempo e denaro, con “una campagna vigorosa”. Ha avvertito, ripetendolo ben tre volte secondo i bene informati, di non dare la vittoria per scontata pur essendo in testa nei sondaggi.
I repubblicani controllano il Senato con 53 seggi su 100 ma in ballo il 3 novembre c'è solo un terzo della Camera Alta di cui 23 poltrone Gop e 12 dem. Per riprendersi il Senato, il partito dell’Asinello ha bisogno di conquistare almeno 5 dei seggi e la vice presidenza. Gli ultimi sondaggi vedono i candidati dem al Senato in testa in Maine e in Arizona, ma nella South Carolina (tradizionalmente repubblicana) il senatore Gop Lindsey Graham e lo sfidante democratico sono praticamente alla pari.
Una buona notizia per Biden è arrivata proprio dalla Pennsylvania con il candidato del partito dei Verdi, Howie Hawkins, messo fuori gara dalla Corte Suprema dello Stato per violazioni procedurali. Nel 2016 la candidata dei Verdi Jill Stein venne accusata di aver rubato voti a Hillary Clinton. Quattro anni fa, Donald Trump vinse in Pennsylvania per 46.765 voti e Stein ne ottenne 49.678. Secondo la media dei sondaggi di Real Clear Politics, il candidato democratico Joe Biden oggi è avanti di 4,3 punti su Trump in Pennsylvania. A livello nazionale, nella media dei sondaggi del Washington Post, l’ex numero due di Barack Obama risulta in testa a con il 51% contro il 42% di Trump. Il margine però si assottiglia se si guarda agli Stati in bilico (quelli che decideranno la presidenza): guida di 8 punti nel Michigan, di 7 nel Wisconsin e Pennsylvania ed è in vantaggio di un solo punto in Florida.
“Tra 47 giorni vinceremo il Wisconsin e altri 4 anni alla Casa Bianca” assicura il presidente a Mosinee, l’agenda di Biden “è Made in China, la mia è Made in America”. Poi si è lamentato delle domande “soft” rivolte a Biden durante il 'town hall' di Cnn, dove il contraddittorio in effetti è mancato, sia con il conduttore e sia con gli elettori, spesso suoi sostenitori. Quello della Cnn “è una sorta di contributo alla campagna di Biden”, ha attaccato l’advisor di Trump, Jason Miller.
Il presidente si è scagliato di nuovo contro la speaker Nancy Pelosi dandole della “pazza” e vantandosi della parrucchiera che ha passato a Fox il video della parlamentare italo americana senza mascherina nel suo salone. “La proprietaria del negozio è una trumpiana. Mi potrà fare i capelli tutte le volte che vuole – ha scherzato – forse la chiamo”.
Da Pelosi è passato all’altro suo bersaglio prediletto, Obama, che avrebbe vinto il Nobel “senza aver capito perché” e sostenendo che lui invece ne avrebbe già meritati almeno 7. L’atmosfera sembrava quella del 2016, tra l’entusiasmo dei sostenitori e le parole a ruota libera (è andato avanti per un’ora e 35 minuti), irriverenti contro i nemici, anche ignorando l’’undicesimo comandamento’ coniato da Ronald Reagan: “Non parlare mai male dei compagni di partito”.
Del repubblicano Mitt Romney ha sentenziato: “Nello Utah non riuscirebbe a venire eletto neppure accalappiacani”. Di Kamala Harris ha detto che è bella, ma terribile nei dibattiti e che non vede l’ora di vedere “cosa le farà” Mike Pence il prossimo 7 ottobre nel faccia a faccia tra i vice.
Incontenibile nei comizi, durante il town hall di Abc la performance di Trump è stata giudicata debole, anche per la gaffe sulla “mentalità di gregge”. Pure Barack Obama nel 2012 deluse i sostenitori durante il suo primo confronto con lo sfidante repubblicano Mitt Romney, così come fecero gli incumbent George W. Bush e Ronald Reagan, rispettivamente contro John Kerry e Walter Mondale. Tutti furono comunque rieletti. Pew
Research rileva come gli elettori considerino i dibattiti presidenziali “molto” o “in qualche misura” utili nel decidere per chi votare a differenza degli spot elettorali giudicati negativi. Gli exit poll del 2016 segnalarono ad esempio come il 21% degli elettori giudicò molto importanti le potenziali nomine per la Corte Suprema che occuparono ben 15 minuti del terzo confronto in diretta televisiva e il 51% votò per Trump. Secondo alcuni osservatori furono i 15 minuti più importanti della campagna del tycoon. Nel 2016, due dei tre duelli tra Donald e Hillary vennero seguiti da 84 milioni di americani (dati Nielsen), il record assoluto dall’esordio delle sfide in tv con John Kennedy e Richard Nixon nel 1960.
Due città, due candidati, due biografie, un destino e una frase di Dickens che è il poster dello show: "Questi sono tempi disperati in cui si fanno giochi disperati per poste disperate". Quattro anni dopo ci rivediamo tutto nello stesso posto, in televisione.