AGI - L'accordo di pace in Libia, firmato ieri sulla carta, deve ora tradursi sul terreno e concretizzarsi nei fatti. E il primo elemento certo che arriva da Tripoli è che "non c'è posto per chi ha le mani sporche con il sangue dei libici e per chiunque abbia commesso violazioni che equivalgono a crimini di guerra e crimini contro l'umanità".
Haftar nel mirino
Il riferimento è chiaramente rivolto al maresciallo Khalifa Haftar, l'uomo forte della Cirenaica, che nell'aprile 2019 aveva lanciato una violenta offensiva sulla capitale e che non si era ancora espresso sull'accordo annunciato dal presidente del Governo di accordo nazionale libico, Fayez al Serraj, e dal presidente del Parlamento di Tobruk, Aguila Saleh. Al Serraj, incontrando i suoi ministri oggi, ha chiarito che "non rinuncerà a chiedere l'applicazione della legge nei confronti dei responsabili dei crimini".
L'Alto Consiglio di Stato, l'altro organo costituzionale libico, è stato ancora più esplicito. "Rifiutiamo categoricamente qualsiasi forma di dialogo con il criminale di guerra, il terrorista Haftar", ha scritto l'organo che invita a "ricostruire l'istituzione militare, porre fine al caos della proliferazione di armi e dissolvere le formazioni irregolari". Tutti d'accordo, inoltre, sulla necessità di ripristinare il prima possibile l'attività dei giacimenti petroliferi e dei porti per l'esportazione del petrolio.
Gli appelli internazionali
Sul fronte internazionale, le Nazioni unite invitano le autorità libiche a collaborare con la squadra di accertamento dei fatti che deve indagare sulle violazioni e sui crimini commessi nel Paese dilaniato da lotte fratricide dalla caduta del regime di Muammar Gheddafi nel 2011. La Missione dell'Onu in Libia (Unsmil), si legge, "invita le autorità libiche competenti a cooperare pienamente con la Missione di accertamento dei fatti in Libia, un passo cruciale per porre fine all'impunità e prevenire un'ulteriore impunità delle violazioni dei diritti umani e degli abusi in Libia".