AGI - Milwaukee, Wisconsin. Qui si apre oggi la convention dei democratici e succede nel giorno in cui Donald Trump in un sondaggio della Cnn riduce il suo distacco a soli 4 punti. Biden guida la corsa, ha tutti i favori del pronostico, ha un vantaggio ancora solido, ma tra i Democratici si diffonde l'inquietudine per un'elezione che potrebbe complicarsi, la campagna del coronavirus è senza mappe e per i dem rivela più di una debolezza, la corsa è ancora lunga.
Ecco dunque emergere le paure sulla regolarità del voto per corrispondenza e le dichiarazioni di Donald Trump sul Postal Service. Il presidente prima ha negato di voler dare i fondi al servizio postale, poi ha corretto il tiro e in ogni caso è contrario a quello che chiama "voto per corrispondenza universale", pensa che favorisca il Partito Democratico, e non rinuncia a parlare di possibili "frodi".
I timori di un deragliamento delle elezioni sono tali che la speaker democratica Nancy Pelosi riaprirà sabato la Camera per lanciare un'offensiva sul tema del voto per corrispondenza e la riorganizzazione del Postal Service. In ballo ci sono 25 miliardi di dollari, di cui 3.6 miliardi dedicati esclusivamente al finanziamento del voto per posta. Dalla Casa Bianca è giunto un segnale di apertura a un finanziamento ad hoc, separato dalla discussione generale sugli aiuti economici per il coronavirus.
C'è posta per Trump
Il 24 agosto saranno chiamati in audizione davanti al Congresso il "Postmaster", Louis DeJoy, e il presidente del Postal Service Board of Governors, Robert Duncan, probabilmente ci sarà un voto per bloccare tutte le decisioni prese da DeJoy. Il tema è quello del ritiro e della spedizione dei ballots, delle schede elettorali, in tempo utile per il conteggio.
Trump intervistato da Fox News stamattina ha difeso DeJoy e ribadito la sua visione : "Il servizio postale deve funzionare con efficienza, non è una questione di Trump" e i cambiamenti non sono stati fatti per "manipolare" il voto.
La battaglia è totale, arrivano le carte bollate, alcuni stati governati dai democratici minacciano di fare causa contro l'amministrazione Trump e il Postal Service, nella lista vi sarebbero Massachusetts, Virginia, Pennsylvania, Minnesota, North Carolina, Washington e Colorado. Ci sarà posta per Trump.
Le regole sono diverse per ogni Stato, gli Stati sono 50, il servizio postale è uno e versa da anni in condizioni finanziarie e organizzative pessime, in luglio ha chiesto al Tesoro un prestito da 10 miliardi per far fronte ai costi. Le primarie dei democratici a New York hanno fatto emergere il problema, i risultati sono arrivati dopo 6 settimane. Il Postal Service dice che in realtà il problema non è rappresentato dalla quantità della posta elettorale - pari al 2% del totale del volume - ma dalle regole degli Stati per la spedizione e il ricevimento delle schede, in molti casi non ci sarebbe il tempo necessario (è una questione fisica e non virtuale) per il ritiro e il recapito nelle date che sono state fissate dai singoli Stati e dalle contee. Logistica e lotta politica s'intrecciano.
Battaglia sull'economia
Il tema che decollerà a razzo è quello dell'economia. Nella piattaforma dei Democratici c'è un piano "Buy American" che si contrappone a "America First" di Trump. L'agenda dei dem prevede in quattro anni 400 miliardi di dollari in acquisti governativi di beni e servizi prodotti negli Stati Uniti e 300 miliardi di dollari da investire in ricerca e sviluppo per nuove tecnologie e iniziative per l'energia pulita. Come si finanzia il programma dei Democratici? Secondo il Tax Policy Center il piano prevede un aumento delle tasse per 4 mila miliardi di dollari tra il 2021 e il 2030. Prelievi che saranno a carico delle società e delle famiglie ad alto reddito.
Il piano aumenterebbe l'aliquota massima dell'imposta sul reddito delle società dal 21% al 28% e imporrebbe un'imposta minima del 15% sul reddito contabile delle società. Il piano raddoppierebbe anche l'attuale imposta minima sui profitti delle filiali estere di imprese statunitensi, aumentandola dal 10,5% al 21%. Scrive il Taxi Policy Center: "Circa la metà dell'aumento delle entrate deriverebbe dall'aumento delle imposte sulle famiglie ad alto reddito, e circa la metà dall'aumento delle imposte sulle imprese, in particolare sulle società". La pressione fiscale sarà sulle società, infatti ",'aumento dell'aliquota dell'imposta sulle società al 28% rappresenterebbe circa un terzo delle entrate supplementari.
L'applicazione delle imposte sulla previdenza sociale ai guadagni superiori a 400 mila dollari rappresenterebbe circa un altro quarto" delle nuove entrate fiscali. L'aumento delle imposte sui guadagni in conto capitale e sui dividendi rappresenterebbe un altro 11 per cento dell'aumento delle entrate". Compensazioni fiscali? "Le entrate aggiuntive sarebbero parzialmente compensate nel periodo da più di 270 miliardi di dollari di crediti d'imposta ed esclusioni di reddito per la cura della famiglia, il risparmio per la pensione, il condono del prestito studentesco, l'efficienza energetica, l'energia rinnovabile e le auto elettriche".
I Democratici presentano un piano con più tasse per le società, nel paese con il più grande mercato azionario del mondo, dove è custodito il risparmio degli americani. È un rischio. E sarà un cavallo di battaglia di Trump.
Si apre la convention dei dem in Wisconsin e... "Sto andando anche io in Wisconsin", dice Trump stamattina a Fox News (sarà a Oshkosh, prima farà tappa a Mankato in Minnesota e martedì sarà a Yuma, in Arizona). Il presidente e il suo vice Mike Pence stanno "coprendo" tutti gli eventi dei democratici, "marcano" l'avversario. Elizabeth Warren dice "siamo uniti e lo dimostreremo questa settimana", Trump intervistato da Fox & Friends stamattina commenta: "I Democratici vogliono unire e non sono in grado di unire il paese". Il sindaco di New York? è un "socialista", un "comunista", "un folle". E Hillary Clinton è naturalmente "pazza". È Trump, non si può dire che Trump faccia dei giri di parole. Passaggio cinese: ""Huawei ci spia, non vogliamo la sua tecnologia". I sondaggi che lo danno in svantaggio? Per il presidente sono "inaccurati", sbagliati.
Sondaggi? Variabili, secondo Nbc News/Wall Street Journal il vantaggio di Biden è di 9 punti (50 a 41), quello di Abc/Washington Post pubblicato oggi dà una vittoria netta di 12 punti per Biden (53 a 41), ma è quello impaginato dalla Cnn ieri sera a mettere i dem in allarme: il distacco di Biden su Donald Trump si sta riducendo, il ticket Biden-Kamala Harris ha il 50% dei consensi, mentre quello di Trump-Mike Pence il 46%.
Dal sondaggio di giugno a quello di agosto Trump fa un balzo di 5 punti (dal 41% al 46%), mentre Biden ne perde altrettanti passando dal 55% al 50% dei consensi. Effetto Kamala? Per ora non c'è (e addirittura c'è un passo indietro), ma è chiaro che l'impatto della candidata alla vicepresidenza sarà misurabile più avanti. Occhio, il margine d'errore in questo sondaggio è del 4%, fate i conti, stiamo parlando di una corsa aperta.
Cosa bisogna leggere per capire come va la corsa presidenziale? Tutto. E guardare bene tra le righe. La bussola migliore è la media nazionale di Real Clear Politcs, qui è sempre favorito Biden:
Al netto delle incognite rappresentate dall'Electoral College, se si vota oggi, Biden vince. Ma non si vota oggi. Dunque Biden non ha già vinto e Trump non ha già perso. La corsa alla Casa Bianca non era (e non è) il racconto dell'opinione scambiata per fatto.
Quanto è forte la figura politica di Joe Biden? Un indizio interessante arriva da un sondaggio di Cbs News/YouGov, dove leggiamo alcune domande e risposte che dovrebbero preoccupare gli strateghi democratici:
C'è grande entusiasmo in generale tra gli elettori (65%) e questo è un dato che fa supporre un alto numero di partecipanti al voto (e poi vedremo il come che in questa elezione presidenziale farà la differenza), poi arrivano le risposte a domande che invece di chiarire la direzione della corsa dei dem aprono una serie di incognite.
Ha mai considerato di votare Biden a novembre? Solo il 4% dice sì e l'87% dice no. Questo è un primo segnale di debolezza del candidato dem. Altra domanda: ha mai considerato di votare Trump a novembre? Qui la risposta è ancora più forte: il 91% dice no, The Donald polarizza i sentimenti, odio e amore, non ci sono vie di mezzo.
Prima considerazione: i due candidati non sono visti come l'ideale per gli elettori. Ma sono questi, dunque è con queste carte sul tavolo che l'elettore fa le sue valutazioni. Andiamo avanti, altra domanda: qual è la principale ragione per il suo voto a Biden in novembre? Il 29% dice perché è Joe Biden, il 22% risponde perché Biden è il candidato democratico, il 49% perché è il candidato che si oppone a Trump. Questo è il punto chiave: la scelta non è guidata dalle qualità di Biden, ma dal deficit (agli occhi di un elettore dem) del suo avversario, questo è un altro indice di debolezza nella proposta, nella figura del candidato dem.
Ora arriva il passaggio che rivela la distanza tra gli elettori dei due partiti, le ragioni profonde (o superficiali) che separano i dem dai democratici. Domanda: qual è la principale ragione per il suo voto a Trump in novembre? Il 68% risponde perché è Donald Trump, il 12% perché è il candidato dei repubblicani, il 20% perché si oppone a Biden.
Questo è un sottosopra elettorale, una fotografia dell'America: i democratici non votano il loro candidato per le sue qualità, ma per opposizione al candidato che invece riscuote il consenso degli elettori repubblicani. Quanto inciderà sul voto questo immaginario americano? A vedere i sondaggi, sta cominciando a muovere verso una riduzione del gap di Trump rispetto a Biden, ma qui consideriamo che sia ancora troppo presto e resta sospesa la valutazione dell'apporto o meno di Kamala Harris alla campagna di Biden. Se lei non cambia il quadro - o se addirittura lo dovesse peggiorare - allora la corsa di Trump accelera. Con una formula italiana la sintesi per ora è questa: gli elettori democratici e repubblicani andranno a votare turandosi il naso, ma i repubblicani lo faranno un po' meno.
Altro sondaggio che rafforza questo scenario, quello di Nbc News/Wall Street Journal. Prima di tutto vediamo il gradimento dei due candidati:
Trump non ha mai svettato nella classifica, ma qui il confronto con Biden rafforza il quadro di generale insoddisfazione e i numeri sono sorprendenti perché Trump ha un "molto positivo" al 30% che Biden non ha (totalizza solo il 18%) e se sommiamo il "molto positivo" al "un po' positivo" il totale di Trump fa 40% e quello di Biden 39%, il peggio Trump lo realizza sul "molto negativo" (44%), mentre Biden qui mette a segno un comunque pessimo 33%. Anche in questo caso i due candidati non sono l'ideale per gli elettori americani. Come va il gradimento dei candidati alla vicepresidenza, Mike Pence e Kamala Harris?
Il gradimento è positivo per Pence per il 49% degli intervistati, il 13% è neutrale e il totale dei negativi fa 44%. Per Harris le cose stanno così: 49% positivo, 13% neutrale, totale dei negativi al 43%. I due se la giocano sul filo della parità. Il problema di Trump è che il totale di quelli "molto negativi" e degli "un po' negativi" fa 52% e nella classifica finale (dove sono considerate altre figure del panorama politico americano, come Barack Obama), facendo la sottrazione dei negativi dai positivi, il presidente in carica arriva ultimo e primo è Obama (+20), seguito da Kamala Harris (+4), Mike Penche (-5), Joe Biden (-6), il Partito democratico (-8), il Partito repubblicano (-11) e The Donald (-12):
Il risultato finale del sondaggio di Nbc News/Wall Street Journale è che se si votasse oggi vincerebbe Biden, 50 a 41:
Ma non si vota oggi e ci sono altri elementi di cui prendere nota sul taccuino. Torna la domanda agli elettori di Biden: perché lo voti? E qui si apre di nuovo lo scenario della sua debolezza come candidato che ha una visione e propone una svolta per l'America:
Solo il 36% degli elettori democratici voterebbe Biden perché è Biden, mentre il 58% vota il candidato democratico pensando a Trump, in opposizione al presidente. É una motivazione sufficiente per condurre i dem alla vittoria? Può darsi, ma è un'incognita, il tuo destino dipende in buona parte da quello che fa l'avversario (e il coronavirus), potrebbe non bastare e Trump è una figura imprevedibile, non è un repubblicano, potrebbe fare mosse che piacciono agli elettori democratici (e ce ne sono parecchie), al netto del non trascurabile fatto che Biden nei dibattiti è un candidato considerato a rischio.
Per dare un'idea chiara di questo deficit di carisma di Biden è significativo guardare le motivazioni di chi nel 2016 votò per Hillary Clinton. La candidata dem riscuoteva il 49% dei consensi sulla sua persona (contro il 36% di Biden) e "solo" il 46% la votava perché doveva spegnere i sogni di gloria di Donald Trump. Ora andiamo a vedere il sentimento degli elettori repubblicani:
Nelle elezioni del 2020 il 74% degli elettori repubblicani vota Trump perché è Trump e solo il 20% è interessato a contribuire alla sconfitta di Biden. Votano Trump, questo è il punto chiave. Ancora una volta emerge l'immaginario dell'America conservatrice, la profonda differenza con quella in progress dei democratici che appare frastagliato e unito (vedremo quanto il 3 novembre) dalla figura negativa del presidente. C'è un'ulteriore evoluzione di cui prender nota, una variante importante: l'elettore repubblicano del 2020 ha una motivazione diversa rispetto al 2016. Quattro anni fa Hillary Clinton era... un Trump rovesciato. Nel 2016 il 53% dei repubbblicani votavano Trump per vedere la sconfitta di Clinton, oggi solo il 20% di quegli elettori si cura dei destini di Biden. Questo punto potrebbe "rilassare" la base elettorale di Trump oggi e diventare un punto debole della sua campagna, l'assenza di un avversario molto forte? La mobilitazione della base repubblicana è forte, Trump ha un consenso interno molto più elevato del suo partito:
Il 49% degli intervistati tra i repubblicani supporta Donald Trump. Il Gop è il partito di Trump e di nessun altro. Altra domanda chiave, il confronto tra Trump e Biden sui temi dell'agenda americana, qui vediamo la forza e i limiti di entrambi i candidati:
Trump batte Biden sull'economia (48 a 38) e sulla criminalità (43 a 39), due temi molto importanti, soprattutto il primo. Il candidato democratico vince sulla leadership (43 a 39), sulla politica estera (49 a 39), sull'immigrazione (49 a 38), sulla sanità (50 a 34), sul coronavirus (49 a 33), sulle questioni razziali (53 a 29), sull'unione del paese (49 a 26), entrambi hanno un tasso basso sulla qualità fisiche e mentali per essere presidente - vince Trump 39 a 37 - perché la carta d'identità è ineludibile, sono due candidati anziani, Trump ha 74 anni e Biden 77 anni. Per entrambi è l'ultimo giro di giostra alla Casa Bianca. Biden batte Trump su 7 temi su 10, questo può far dire con certezza che vincerà le elezioni presidenziali? No. Vediamo cosa conta di più nell'agenda degli americani:
Al primo posto c'è l'economia, con un largo margine (51%) su tutto il resto. È anche il tema in cui Trump stacca Biden di 10 punti. Trump punterà su questo, sulla riapertura e la ripresa della crescita. Attenzione alla Borsa, l'indice S&P 500 è di nuovo vicino al record toccato in febbraio. La partita di America 2020 si gioca con il portafoglio in mano. Come diceva Gordon Gekko in Wall Street: "È tutta una questione di soldi, il resto è conversazione". Sceneggiatura e regia di Oliver Stone, un democratico.