(AGI) - Con barricate nelle strade di Minsk, oltre 6 mila arresti, 72 ore di blocco di Internet, decine di feriti e almeno tre morti (secondo stime indipendenti) proseguono da domenica le proteste in Bielorussia contro le elezioni del 9 agosto.
Dalle urne è uscito vincitore il presidente Aleksandr Lukashenko, intenzionato a proseguire con l'uso della forza per mettere a tacere l'opposizione, che denuncia brogli e chiede il riconteggio delle schede. Le autorità hanno ammesso di aver fatto ricorso ad armi da fuoco contro i manifestanti "armati di spranghe" a Brest, nel Sud-Est del Paese, mentre secondo il Comitato Helsinki per i diritti umani, quella di martedì è stata "la notte più spaventosa della storia della Bielorussia moderna".
Manganelli e confessioni forzate in tv
Le forze di sicurezza avrebbero agito con maggiore durezza rispetto alle sere precedenti: sui social media, ripesi a funzionare solo oggi dopo giorni di blocco, circolano molti video nei quali si vedono poliziotti picchiare i manifestanti con manganelli. Gli agenti hanno fermato anche persone alla guida di auto che circolavano suonando i clacson: uno dei metodi usati dalla piazza per esprimere il proprio malcontento. Nel tentativo di scoraggiare i giovani, che costituiscono lo zoccolo duro del movimento di contestazione, la tv ha mostrato un video con le confessioni forzate di un gruppo di ragazzi e ragazze arrestati e picchiati che, con sguardi attoniti, esprimono rimorso per aver partecipato a proteste non autorizzate.
Su Telegram hanno iniziato a circolare i video di lunghe code di persone davanti alla carceri, in cerca di notizie sui propri cari arrestati e di cui non hanno più notizie. La violenza non risparmia la stampa: secondo l'Associazione dei giornalisti bielorussi, sono almeno 55 i reporter arrestati solo nell'ultima settimana. È successo anche a un italiano, il freelance Claudio Locatelli, che si trova a Minsk per una gara sportiva e non per lavoro: fermato domenica sera è stato liberato grazie all'intervento dell'ambasciata italiana, dopo 60 ore di detenzione "senza cibo e con poca acqua", come ha raccontato lui stesso.
Forse proprio dopo tanta violenza, dalle barricate il movimento di protesta - rimasto senza leader dopo l'esilio forzato a cui è stata costretta l'oppositrice Svetlana Tikhanovskaya - è passato alle catene umane: a Minsk come anche a Gomel, Barysau, centinaia di donne sono scese in piazza con in mano dei fiori e vestite di bianco, il colore della protesta. "Smettetela di picchiarci, vogliamo solo un riconteggio dei voti", ha detto una di loro. E sempre con catene umane, manifestanti hanno cercato di bloccare alcune delle vie principali della capitale.
Per il presidente i manifestanti sono criminali, ma la Ue minaccia sanzioni
Per Lukashenko a scendere in piazza sono "per lo più persone con un passato criminale e disoccupati". Non la pensa così la comunità internazionale. Venerdì, la Bielorussia sarà tra i temi in agenda al consiglio Esteri straordinario Ue, dove probabilmente si valuterà la reintroduzione di sanzioni contro Minsk. Da Praga, dove è in visita ufficiale, il segretario di Stato Usa Mike Pompeo ha chiesto la fine delle violenze sui manifestanti, mentre mantiene il basso profilo il Cremlino, che da tempo mira a più stretti legami politici e militari con Minsk, nell'ottica di una vera e propria unificazione, finora rifiutata da Lukashenko. Indebolito, però, dalle più massicce proteste dei 26 anni del suo 'regno', l'uomo forte di Minsk potrebbe essere costretto a scendere a compromessi in cambio di appoggio.