AGI - Domani 6,8 milioni di bielorussi sono chiamati alle urne per le presidenziali destinate a consegnare il sesto mandato consecutivo da presidente ad Aleksander Lukashenko, ribattezzato tempo fa da Washington “l’ultimo dittatore d’Europa”. Nonostante nessuno dubiti sull’esito del voto, questa volta la campagna elettorale è stata piena di colpi di scena, tanto da essere già definita la più combattuta di sempre. Due aspiranti candidati d’opposizione sono stati incarcerati, un altro è stato costretto a lasciare il Paese; il numero dei prigionieri politici è passato da uno a 24, le forze di sicurezza hanno iniziato ad arrestare non solo gli oppositori locali, ma anche mercenari russi accusati di un complotto per destabilizzare la situazione interna e per le strade di Minsk si è assistito alla più vasta manifestazione dell’opposizione della storia della Bielorussia moderna.
Tikhanovskaya, la candidata del cambiamento
L’elemento inatteso è stata la discesa in politica e il grande seguito raccolto da Svetlana Tikhanovskaya, ex insegnante d’inglese e ora casalinga 37 enne, candidatasi al posto del marito, Serghei Tikhanovsky, il blogger che girava il Paese dando voce su Youtbe ai problemi della gente comune, arrestato con accuse pretestuose di “disturbo dell'ordine pubblico". In poche settimane, Tikhanovskaya ha raccolto un numero record di firme (435 mila), si è registrata per la corsa elettorale e ha mandato i due figli all’estero per precauzione. Senza alcuna esperienza politica, ha un programma semplice: vincere le elezioni, concedere l’amnistia per i prigionieri politici, organizzare entro sei mesi parlamentari e presidenziali libere e trasparenti e poi passare il potere a chi verrà eletto in modo democratico.
“Non voglio il potere, rivoglio indietro i miei bambini e mio marito e voglio continuare a friggere le mie cotolette”, ha detto i uno dei suoi affollati comizi. Alcuni l’hanno definita populista come il Lukashenko della prima ora, di certo Tikhanovskaya ha conquistato una sorprendente fetta dell’elettorato - nel primo giorno di campagna ha raccolto il massimo consentito di donazioni, 100 mila dollari - tanto che si è parlato di risveglio della società civile, con migliaia di persone in piazza a suo sostegno non solo a Minsk, ma anche nelle province zoccolo duro dei sostenitori dell'eterno presidente, che ha subito accusato l’opposizione di essere foraggiata a “miliardi di dollari” dall’estero per organizzare “un massacro”.
Gli altri candidati non sono una minaccia
Non ci sono altri candidati in grado di dare filo da torcere a ‘batka’ (piccolo padre), il soprannome dal sapore sovietico con cui viene chiamato Lukashenko: Andrey Dmitriev, co-presidente dell'associazione 'Govori Pravda' ('Dì la verità'), si è occupato delle campagne elettorali di candidati d’opposizione nelle precedenti due elezioni presidenziali e ha posizioni moderate che lo vedono criticare le autorità, ma allo stesso tempo non aderire alle proteste di piazza; l’imprenditore Serghei Cherechen, presidente del Partito socialdemocratico bielorusso 'Hramada', per lo più sconosciuto al grande pubblico fino a poco fa e Anna Konopatskaya, parlamentare d’opposizione dal 2016 al 2019, ritenuta la “candidata di disturbo” per il governo e fortemente critica di Tikhanovskaya.
I seggi rimarranno aperti dalle 8 alle 20 (7-19 in Italia). Se nessuno dei candidati otterrà più del 50% dei voti si andrà a ballottaggio, scenario altamente improbabile.
A differenza degli anni passati, a causa della pandemia, la Commissione elettorale centrale non organizzerà una sala stampa, ufficialmente per non creare assembramenti in luoghi chiusi. Il primo appuntamento con la stampa è la mattina successiva al voto, quando dovrebbero essere annunciati i risultati parziali, mentre quelli definitivi saranno essere approvati entro il 19 agosto.
I timori di brogli e manipolazioni
Molti giornalisti stranieri non hanno ottenuto il visto per recarsi in Bielorussia. Secondo l’Ong per i diritti umani Viasna, diversi osservatori indipendenti sono stati arrestati un po’ in tutto il Paese questa settimana, mentre si teneva il voto anticipato per i cittadini ammalati o all’estero. Non va meglio agli osservatori internazionali: l’Organizzazione per la sicurezza e la cooperazione in Europa (Osce) non ha ricevuto nessun invito fino a quando non è stato troppo tardi. Un portavoce dell’Ue ha espresso “preoccupazione per la trasparenza e l’integrità del processo elettorale”. L’Osce non ha mai riconosciuto come libere ed eque nessuna delle precedenti presidenziali, tenute nel Paese sotto il lungo regno di Lukashenko.
Non esistono sondaggi indipendenti nel Paese, dove è stata smantellata la ricerca sociologica. Secondo uno studio commissionato dalla tv statale Ont, il 72,3% dei bielorussi è pronto a votare per Lukashenko, mentre il 7,5% per Tikhanovskaya. L’Accademia delle Scienze ad aprile ha condotto un sondaggio secondo cui a Minsk il livello di fiducia nel presidente era al 24%. L’opposizione ritiene la popolarità di Lukashenko a livelli così bassi che ha coniato il meme “Sasha 3%” (Sasha è il diminutivo per Aleksandr). Non si può percorrere 100 metri a Minsk senza vederlo scritto o attaccato da qualche parte.